Le grida di Setta avrebbero scosso il paese ma lì non c’era nessuno eccetto le amiche che, corse in casa, la trovarono inginocchiata davanti alla poltrona che scuoteva con violenza il corpo esanime di Clotilde: «Guardami ti prego, sono qui, oddio parlami!»
Com’è crudele la morte quando arriva tra le sofferenze, al punto da farsi desiderare; ma quanto è amara quando non ci avvisa e ci travolge nella sua morsa di dolore, e ci lascia così, increduli e impotenti, davanti al vuoto che crea.
Le parlarono, la accarezzarono, le baciarono le mani, le sistemarono i vestiti e solo alla fine le chiusero gli occhi. Setta, ancora in ginocchio e con le lacrime agli occhi, cercò di fare mente locale su quanto era successo: «Che dramma Signore mio! Che facciamo adesso? Non dobbiamo chiamare un medico per certificare la morte?»
«Sì dobbiamo, e anche un prete» commentò Nena asciugandosi gli occhi con la manica della camicetta.
«Lei non li sopporta» precisò Rina Digos che guardava la scena appoggiata alla credenza, aveva le braccia conserte e, dopo la disperazione, adesso sembrava pensare ad altro.
«Però a don Ciccillo lei lo conosce bene» continuò Nena, «credo che le farebbe piacere, e poi una preghiera non si nega a nessuno.»
Setta adesso si era accomodata di peso su una sedia e aveva preso a dondolarsi con le mani in grembo: «Oddio che tragedia, due funerali in così pochi giorni. Dio mio che tragedia!»
Rina Digos faceva lunghi passi avanti indietro per la stanza con le mani che andavano dai capelli alle guance: «Aspettiamo. Aspettiamo. Pensiamoci bene ragazze.»
Setta tirò su con il naso: «Ma che dici Rina? Pensiamo a cosa?»
«Pensiamo a cosa sia più giusto fare.»
«C’è poco da fare» continuò Nena «un funerale e poi al cimitero e addio amica cara», e posò un bacio sulla fronte alla defunta accarezzandole ancora le mani.
«Dico che forse dovremmo aspettare un po’.»
«Ma che dici Rina? Che ti frulla in testa?» la apostrofò Setta.
«Voglio dire, che lei è venuta qui a casa sua, siamo partire all’alba, che nessuno ci ha visto, nemmeno l’impicciona dell’interno uno.»
«E allora? Che vai farfugliando?» chiese Nena portandosi dietro a Setta, che continuava a piangere, e mettendole le mani sulle spalle.
«Dico che Clò è morta di morte naturale, qui a casa sua appunto, nessuno potrebbe dire che…»
«Oddio Rina!» tuonò Setta, «Ma che diamine dici? Vuoi lasciarla qui vero?»
«Calmati scema, lo faccio anche per te, basterebbero pochi giorni. Io ho le chiavi di casa, e Nena ha il suo Bancomat.»
«Il Bancomat? Che cacchio c’entra che io ho il Bancomat?»
«Ma sì pensateci un po’: lei è partita per andare da…dalla nipote e ci ha lasciato le chiavi di casa e ci ha detto di ritirare la pensione in banca.»
«Ma, non è vero…»
«Ma Nena, questo lo sappiamo solo noi.»
«Tu sei pazza» tagliò corto Setta.
«No, ascoltate, con pochi giorni e pochi movimenti ci sistemiamo le finanze, lei sarebbe contenta…lo so.»
«Oddio, ma se ci scoprono?» chiese Nena prendendo tra le sue le mani di Setta e stringendole.
«Chi?» ma le due amiche continuavano a stringersi le mani senza trovare una risposta… e poi Clò sembrava così serena… e sorrideva.

«Allora, ricapitoliamo» disse Rina. Erano uscite in giardino e si erano sedute sulle panche di marmo. Nena teneva gli occhi socchiusi dietro i suoi occhialetti a lunette, al punto che sembravano due fessure sottili, lo sguardo andava da Rina, che le sedeva di fronte, a Setta che al suo fianco le si era abbarbicata a un braccio. Dal canto suo Setta continuava a piagnucolare e a gettare lunghe occhiate al portone della villetta come se da un momento all’altro l’amica potesse venirne fuori.
«Ricapitoliamo» e prese ad esporre il suo piano, così come le veniva in mente, picchettando con l’indice della mano destra sul marmo freddo, come per fissare i punti fondamentali del suo ragionamento «allora, Nena tu hai il bancomat di Clò, sei andata più di una volta a ritrarle la pensione, anche da sola, e sei tu che ti occupi della riscossione dei suoi affitti, quindi… nessuno potrebbe obiettare. Ma in effetti questo lo sappiamo solo noi. Comunque hai sempre effettuato i ritiri lontano dalla banca giusto?»
«Giusto: al Bancomat fuori del supermercato. Lei si fidava di me e mi dava qualcosina per il disturbo. Io ne avrei fatto a meno però anche con me l’INPS non è così generoso.»
«Quindi, pensavo, potremmo ritirare quanto ci occorre e poi far sparire il tesserino del Bancomat, dopotutto potrebbe averlo smarrito.»
«Magari, dico per dire, se ritiriamo qualcosina potremmo farlo lontano dal paese…»
«Non male come idea Nena, quando ti ci metti ragioni pure tu.»
«Però con lei che facciamo? La lasciamo qui e ci pensiamo su?»
Setta si staccò dal braccio dell’amica per guardarla meglio in viso: «Ma sei scema mica è un pupazzo, quella con questo caldo… oddio mio che sto dicendo!»
Rina si allungò sul tavolo per prenderle una mano: «Setta ragiona: stamattina siamo partite presto, nessuno ci ha visto anche se in paese è quasi impossibile…»
«Dobbiamo onorarla! Dobbiamo darle una sepoltura degna!»
«Ma certo Setta, lo faremo, non subito però…»
«Oddio, non possiamo lasciarla qui…» piagnucolando e facendo di no con il capo «no, davvero non possiamo…»
Nena prese l’altra mano dell’amica e le parlò con un tono dolce e pacato, stringendo il suo sguardo da miope nel tentativo cervellotico di completare il piano che Rina Digos stava esponendo: «Però ragiona Setta mia, amica mia, in effetti parliamo solo di pochi giorni, il tempo di sistemare ognuna di noi qualche conticino, lei non si opporrebbe, è sempre stata generosa con noi. Io potrei mettermi a pari con l’affitto, siamo indietro parecchio, come ho detto ho anche io dei problemi seri con l’INPS, e mio figlio poi disoccupato com’è. Pensare che un paio di mesi me li aveva pagati lei. Tu non dovresti metterti in casa tua nuora…»
Setta, piagnucolando, però sempre con meno convinzione: «Tu sei d’accordo con lei. Non dobbiamo…non dovremmo lasciarla qui, i morti poi puzzano…»
«Lasceremo aperta la finestrella del bagno per far uscire l’aria, quando la troveranno nessuno potrà pensare a noi» la rassicurò Rina.
«E… e come ci sarebbe arrivata qui? Lei non guida … non guidava da anni.»
«Bè, non siamo noi a doverlo dire, il commissario ci penserà lui a trovare una soluzione» rispose ancora Rina.
«Oddio pure il commissario! Ma che peccato stiamo facendo!» e si fece il segno della croce staccando le mani da quelle delle amiche.
Rina la incalzò, sentendola vicina a capitolare: «Deciditi! Voi che tua nuora ti piombi in casa? Dillo!» e poi rivolta a Nena «e tu non vuoi che ti buttino fuori, tu e tuo figlio avete lo sfratto vero?»
A quel punto Nena sgranò gli occhi e li puntò su Rina Digos: «Ma tu piuttosto lo fai solo per noi? Che cacchio di problemi hai tu?»
Rina addrizzò la schiena e rispose fissando la punta di un pioppo ondeggiare: «Io ho una pensione da fame e tre figlie che fanno a gara per non pensare a me!»
«Ma hanno famiglia» obiettò Setta «cosa vorresti da loro?»
«Vorrei farmi una vacanza vera! Vorrei andare al mare senza il centro anziani, da sola in albergo con piscina ad abbrustolirmi al sole. Vi sembra sbagliato? Io non posso permettermelo, non posso permettermi nemmeno una grigliata di pesce! E nessuno di loro tre ha mai pensato a me “Dai mammina ti portiamo un po’ al mare”. Niente! Sono soltanto capaci di mollarmi i figli durante l’estate e amen. Eppure lo sanno quanto mi piace, quanto mi manca. Da quando sono vedova, pace all’anima sua, non ho più messo piede su una spiaggia, saranno quindici anni!»
«Allora cosa facciamo?» chiese quindi Nena.
«Torniamo dentro, ripuliamo tutto, e la lasciamo sulla poltrona, magari con un libro in mano, come se si fosse addormentata, tutto qui.»
«E il gatto?» chiese Setta.
«Oddio Nerone!» esclamò Nena portandosi una mano alla bocca.
Rina si alzò e prese a camminare avanti e indietro con le amiche che la seguivano con lo sguardo: «Nerone! Allora ci vuole una versione comune dei fatti. Lei!» indicando il portone della villetta «Mi ha chiamato dicendo che sarebbe partita per qualche giorno per andare dalla nipote, mi ha lasciato le chiavi per curare il gatto e per annaffiare le piante. Noi! Sistemiamo i nostri conti e poi tra una settimana denunciamo la scomparsa al commissario di polizia» …e guardò le amiche in attesa di un consenso.
«Ma…con una settimana quanto intendi prelevare? Non possiamo prendere troppo» chiese Nena.
«Potremmo prelevare qualcosina, anche oggi stesso, poco al giorno e poi …potremmo anche vendere i suoi gioielli, magari non tutti, io so dove li tiene.»
Setta scattò in piedi malgrado le ginocchia artritiche, sventolando il fazzoletto ormai zuppo di lacrime: «Occultamento di cadavere, furto e riciclaggio di gioielli … sempre che non ci accusino di omicidio!»
«Ma che cazzo dici?» la bloccò Rina «Clò è morta per cause naturali!»
«Ed è pure morta ridendo!» rincarò la dose Nena.
Poi si sa che “l’avido ha sempre dei bisogni” e i sette giorni divennero venti, trenta, quaranta, fino a quarantuno, quando accadde l’inevitabile.