SEQUEL DELL’INCIPIT ‘ IL CARILLON’ di Graziella Dimilito e le supposizioni di Manuela Mancini.

Introduzione:
«Se il genere “giallo” fosse la mia specialità, mi sarei buttata in questa impresa con maggiore perizia».
«Invece, credo di aver accettato la sfida senza la dovuta consapevolezza e mi sono avventurata su queste sabbie mobili letterarie, un vicolo cieco senza uscita, in un momento di pura follia e sto viaggiando in mare aperto senza la più pallida idea di dove sono diretta».
«Aiuto!»

Fabbri era immerso in complicate elucubrazioni mentali quando bussarono alla porta:
«Avanti», disse mentre stava valutando se convocare una riunione con tutta la squadra.
Il vice commissario Donato Borghini si affacciò con un’aria compunta:
«Posso?», disse chiudendosi la porta alle spalle.
«Accomodati», rispose Fabbri indicandogli la sedia di fronte a lui.
«Che c’è Donato?», «hai notizie dalla Scientifica?».
«Non ancora, purtroppo, pensavo invece …» e s’interruppe fissandolo.
«Dimmi, Donato, non farmi i rebus, se sai qualcosa, parla, ho già la stampa che mi sta addosso e non parliamo del Questore che mi sta dando il tormento da questa mattina presto!» finì Fabbri senza nascondere il proprio malumore.
«Ecco, pensavo che questo caso assomigli stranamente a quello di cinque anni fa. Ti ricordi la donna uccisa in quell’albergo a …».
Fabbri lo interruppe:
«Vorresti dire quello di Barcellona?»
«Sì, quello …».
«Mi risulta che sia ancora irrisolto …», continuò Borghini.
Fabbri diede un sonoro pugno sulla consumata scrivania ingombra di documenti da evadere e che lui continuava a ignorare.
Il povero Borghini sobbalzò e fece cadere, mandandolo in frantumi, un pesante vaso di fiori che Greta, la segretaria di Fabbri, si ostinava a tenere vicino al telefono sulla scrivania del suo capo con l’intenzione di “rendere più gradevole l’ufficio”, a suo dire, e che era, invece, orribile e così sarebbe sempre stato, con o senza fiori.
Fiori, acqua e vetro si sparsero sul pavimento con un tonfo sonoro: un disastro.
Il rumore fece accorrere Greta che rimase a guardare il pavimento, sconcertata e allibita.
«Scusalo, Greta, il solito imbranato», esclamò Fabbri ammiccando all’indirizzo del suo vice e alzando le spalle in segno di scuse.
«Vieni, Borghini, usciamo da qui», aggiunse tirandolo per un braccio.
Quando furono in strada, Fabbri decise di cercare un po’ di quiete nel solito bar, davanti a un caffè.
«Lo sai che è fissata con queste cose, non prendertela. Donne …», aggiunse entrando e salutando Piero, il barista, con un cenno della mano.
Si sedettero al loro tavolo preferito, in fondo, vicino alla vetrata.
Poco dopo, Piero arrivò con due tazze.
Borghini si era chiuso in un silenzio imbronciato, Fabbri era pensieroso.
La storia dell’omicidio della donna di Barcellona che gli aveva suggerito Borghini gli frullava in testa da quella mattina e iniziò a fare dei collegamenti senza, però, approdare a nulla.
C’erano varie analogie da prendere in considerazione e non bisognava escludere le coincidenze.

Quella volta, la collega che seguiva le indagini a Barcellona e che era una sua cara amica, con la quale aveva collaborato in varie occasioni, si era trovata nella stessa situazione: un cadavere fantasma, un carillon che indicava una finestra aperta, tracce di sangue sparse ovunque, una stanza spoglia, la via di fuga indicata dal dito della ballerina sul carillon, una donna sparita nel nulla e, un caso irrisolto.
Tutte le piste seguite non avevano portato e nulla e il corpo mai ritrovato.
Pensando a quella storia, ricordò che una nota scrittrice spagnola, nota in tutto il mondo per i suoi intrighi polizieschi, aveva scritto addirittura un bestseller ispirandosi proprio a quel misterioso omicidio, classificandosi per mesi ai primi posti delle classifiche e si guadagnò l’appellativo di “Signora del Giallo”.
Anzi, era diventata famosa grazie a quel libro dal titolo risonante “Il carillon insanguinato” di Milita Garcia, inventando una storia pazzesca con un finale a sorpresa, anche plausibile, mettendo in imbarazzo la polizia di Barcellona che brancolava nel buio.
Tutte le piste che avevano seguito e le scarse prove non avevano portato a nulla.
Lucynda Morositas, la collega spagnola di Fabbri, che si occupava del caso ne aveva fatto le spese.
Decise all’improvviso di chiamarla sia per avere notizie, sia per confrontarsi.
«Chissà mai», disse ammiccando a Borghini e strizzandogli l’occhio.

Tornarono in ufficio e mentre Donato organizzava una riunione generale, Fabbri convocò Greta.
«Scusa per l’incidente di prima, noi uomini siamo esseri grezzi!».
«Porta pazienza, Greta»
«Nessun problema capo», rispose lei rabbonita.
«Al suo servizio».
«Ho bisogno che mi trovi il recapito di Lucynda Morositas; è una collega di Barcellona con la quale ho collaborato in passato».
«Vedi di trovarla e di metterla in comunicazione con me; è urgente, lascia perdere quello che stavi facendo», aggiunse quando Greta aprì la bocca per protestare.
«Agli ordini, capo», aggiunse lei avviandosi alla porta.
Greta era bionda con due splendidi occhi azzurri, aveva un visino delicato da bambola di porcellana, in contrasto con il resto del corpo che era tozzo e appesantito.
Era con lui da circa due anni ed era attenta ed efficientissima.
Fabbri non avrebbe potuto fare a meno di lei.
Firmò distrattamente le pratiche che Greta gli aveva lasciato sulla scrivania, mentre il suo cervello volava lontano in cerca di ricordi.
Dopo una mezz’ora squillò il telefono:
«Capo, l’ho trovata», esordì la segretaria.
«Adesso lavora all’U.C.N.R., Unidad de Crímenes no resueltos, di Madrid; che devo fare, contattarla?».
«Se no, cosa?», sbottò Fabbri spazientito mentre rispolverava velocemente il suo spagnolo arrugginito alzando la cornetta.
«Unidad de Crímenes no Resueltos. Soy Morositas, ¿quién habla?», rispose una voce calda e sensuale.
La riconobbe immediatamente:
«Buenos Días, Lucynda, soy Fabbri de Italia, ¿ me recuerdas?».
«Fabricio! Como estas, amigo»
«¡Qué placer escuchar tu voz!»
«¿Che pasa?», esclamò lei con la voce che esprimeva sorpresa ed entusiasmo.
Frabbri la ricordava così: intelligente, allegra, simpatica, sensuale e affascinante.
Il commissario pensò che se dalla Sezione Investigativa era passata all’Unità dei Crimini Irrisolti non aveva cessato d’investigare su quel lontano caso. Era come lui, tenace e caparbia.

Che ci fosse un collegamento? Chissà …