QUESTO E’ L’INCIPIT

La scena che si presenta agli occhi dell’Ispettore Fabbri è sconcertante: un letto matrimoniale imbrattato di sangue, di fronte, una toeletta con sopra una lampada, un bicchiere pieno a metà, una piccola chiave con attaccato il cartellino col numero 139. Al centro, un carillon con sopra una deliziosa ballerina piroettante, macchiata anch’essa da gocce di sangue che scendono fino a terra. Il tutto completato da una specchiera che duplica l’orrore della scena.
Mancava solo una cosa: un corpo, già, perché per forza di cose qualcuno era stato ucciso, presumibilmente una donna mentre si struccava.
L’Ispettore Fabbri ha già capito; questo sarà un caso difficile, molto difficile.
Ordina agli agenti di interrogare i vicini, ma sa perfettamente che l’unico testimone oculare è nella stanza: la piccola ballerina ha visto tutto ma, non può parlare. Ora però i giri del carillon rallentano, sempre più, sempre più fino a fermarsi del tutto. Fabbri l’osserva come ipnotizzato. La ballerina è immobile, il suo braccio sollevato indica un punto preciso della stanza, e l’Ispettore scopre così un importante indizio…

 

SEQUEL E FINALE

IL CARILLON

Il Commissario Fabbri fissò l’oggetto che il braccio della ballerina indicava, era fermo sulla chiave appoggiata sulla toeletta. La prese e la osservò; non c’era niente di particolare, era una semplice chiave; si avvicinò alla porta e la inserì nella serratura, non entrava. Provò più volte, inutilmente. Non era la chiave giusta, com’era possibile? Uscì dalla stanza e guardò le altre porte.

-Ecco perché – mormorò. Con un dito mosse il numero 9 verso il basso che diventò un 6.

– Ora ci siamo – pensò guardando le due porte laterali: 135 e 137. Quindi l’appartamento era il 136.

Proseguì nel corridoio ed ecco la 139… Inserì la chiave e la porta si aprì.  Le tapparelle erano abbassate, nella penombra vide vicino al letto quelle che sembravano coperte ammassate a terra, si avvicinò e ne spostò un lembo; un braccio nudo ricadde a terra inerme. Le sollevò completamente e ciò che vide lo fece sobbalzare: un corpo seminudo ricoperto di sangue giaceva sotto quell’ammasso, ma la cosa che più lo colpì fu che era il corpo di un uomo. Tutto gli aveva fatto pensare che la vittima fosse una donna invece…
Gli agenti gli riferirono di aver interrogato alcuni vicini e il portiere, il quale confermò di aver visto salire una bella signora alcune ore prima e la rivide uscire dopo un’ora non di più. Aggiunse però un particolare importante: la donna gli era sembrata leggermente claudicante.

Subito scattarono le indagini, scoprirono che l’uomo assassinato era Vladimir Kalov, affascinante impresario teatrale, i suoi spettacoli avevano molto successo, ingaggiava le migliori ballerine sulla piazza, ad ogni rappresentazione registrava il tutto esaurito.

Interrogando le giovani danzatrici il Commissario venne a sapere che una di loro, Svetlana Ivanova aveva avuto un forte diverbio con Vladimir, ma non sapevano il motivo. Li avevano sentiti gridare in ufficio durante una pausa delle prove. Confermarono che Svetlana era claudicante a causa di una caduta. Nessuna di loro sapeva però dove trovarla, poiché non l’avevano più vista.

 

SVETLANA

Rinchiusa in un piccolo albergo dove aveva dato false generalità, ripensava con angoscia a ciò che era successo e ai motivi che l’avevano indotta a diventare un’assassina.

Era una ragazza timida un po’ di anni prima, studiava danza, era la migliore della classe, quando si librava nell’aria con la leggerezza di una libellula tutti restavano incantati a guardarla. Fu così che Vladimir Kalov, trovandosi in visita alla scuola sempre a caccia di talenti, la vide e se ne invaghì.

Le propose un ingaggio nel balletto che stava organizzando: “Il lago dei cigni”.

Lei sgranò gli occhi azzurri come il mare, non riusciva a credere a tanta fortuna, accettò subito e in breve tempo si innamorò del suo pigmalione. Per alcuni anni tutto filò alla perfezione finché un giorno Svetlana si ruppe una gamba cadendo e non poté più danzare. Alla disperazione per la carriera rovinata si aggiunse l’abbandono da parte di Vladimir, che ormai rivolgeva le sue attenzioni a fanciulle più giovani e fisicamente integre. Decise di vendicarsi. L’occasione le venne da una sua amica che abitava nello stesso stabile di Kalov, anzi, sullo stesso piano. Le chiese se voleva stare a casa sua per qualche giorno, durante la sua assenza, per innaffiare le piante e rispondere al telefono. Svetlana accettò di buon grado, l’occasione era troppo ghiotta. Si recò a casa di Kalov, aprì la porta, la 136, con le chiavi che lui le aveva dato in precedenza, quando diceva di amarla, e si nascose in attesa. Quando lui arrivò, si tolse la giacca, si versò da bere e si sedette al tavolino, forse per scrivere qualcosa, ma lei gli giunse alle spalle e lo colpì con uno stiletto, gocce di sangue caddero sulla toeletta. Con un grido lui balzò dalla sedia e arretrò fino al letto, nei suoi occhi c’era spavento e  incredulità. Svetlana si avventò su di lui colpendolo più e più volte finché non lo vide esanime in una pozza di sangue. Con lucida follia, aprì la porta della sua amica, la 139, tolse le coperte dal letto, tornò indietro, avvolse il corpo di Kalov , lo trascinò fino all’altro appartamento e chiuse a chiave. Rientrò alla 136 e si guardò intorno; era stata tanto felice con lui, lo sguardo cadde sul magnifico carillon, glielo aveva regalato a Natale, era un carillon modernissimo, computerizzato, si poteva programmare e farlo suonare automaticamente durante il giorno. Come le somigliava quella ballerina, che nostalgia, aveva le lacrime agli occhi. Lo prese e lo programmò per l’ultima volta; avrebbe diffuso le sue dolci note per molte ore. Ebbe un ultimo colpo di genio: lasciò le chiavi del 139 sulla toeletta e sollevò il numero sei della porta. Sperava così di confondere le acqua per un po’.

 

Ora però, al chiuso della stanza d’albergo, la furia è passata, l’enormità di ciò che ha fatto la fa tremare di paura e rimorso. Sa perfettamente che non potrà vivere con quel peso sulla coscienza.
Ha preso la sua decisione: esce dall’albergo e si reca alla polizia.

“Sono Svetlana Ivanova, ho ucciso  Vladimir Kalov”.