“Signore mi può aiutare?”

Wilson si girò ma non vide nessuno, sì d’accordo, aveva mangiato e bevuto fino a strafogarsi,non era esattamente lucido e pronto di riflessi, però la vocina l’aveva sentita.
“Signore mi può aiutare?”
Di nuovo la vocetta infantile. Veniva da dietro gli alberi del bosco.
Aveva accettato di partecipare a quella stupida festa di Halloween per accontentare la moglie che ci teneva tanto, non vedeva l’ora di sfoggiare il nuovissimo costume da “Vampiria”, e aveva costretto anche lui a mascherarsi da Nosferatu. La villa degli amici era stupenda, immersa nel verde del bosco, la festa magnifica ma… che barba! Era uscito a prendere una boccata d’aria, si sentiva soffocare sotto quella maschera schifosa.
“C’è qualcuno qui? Fatti vedere perbacco!”

Un fruscio dietro gli alberi attirò la sua attenzione, avanzò piano, spostò i rami e la vide:
Una bimbetta di una decina d’anni, lo fissava con uno sguardo triste, smarrito.
“Ehi ma… chi sei? Che ci fai qui, sei sola?” Si tolse la maschera per non farla spaventare.

“Sì, mi può aiutare?”
Prima di rispondere la osservò meglio; aveva un abitino rosso con il colletto e i polsi bianchi, in testa una cuffietta anch’essa bianca, lunghi capelli neri le scendevano sul petto.
“Ora capisco, sei qui per dolcetto o scherzetto vero? Grazioso il tuo costume, da cosa sei vestita, da contadinella? Dai vieni dentro che fa freddo, avrai i dolcetti”.

La bimba si ritrasse e si nascose dietro un tronco d’albero.
“Insomma, si può sapere cosa vuoi? Mi hai chiesto di aiutarti, parla dunque!”

“Mi può portare dalla mia mamma?”

“Dalla tua mamma? Ti sei persa? E dov’è tua mamma? Forse è meglio chiamare la polizia”.

“No no, so dov’è, ma ho paura ad andare da sola nel bosco”.

Wilson si girò verso la villa, attraverso le vetrate si vedeva il salone illuminato a giorno, gli invitati mangiavano, bevevano, ballavano, nessuno si era accorto della sua assenza.
“Oh al diavolo tutti! Forza piccola andiamo a cercare la mamma. Come ti chiami cara?”
“Lizabet”.
“ Che bel nome!”

Gettò a terra l’orribile faccia di Nosferatu, la prese per mano e insieme si avviarono nel bosco.

Wilson accese la torcia del cellulare per farsi strada nel buio.

Dopo un breve tratto  chiese: “Allora quanto manca?”
“E’ laggiù” rispose Lizabet.

In realtà camminarono ancora un bel po’, il tempo necessario perché Wilson riflettesse su quella faccenda. Era ben strana quella bambina, e la madre che ci faceva nel bosco senza di lei? Cominciava a pensare di essersi messo in qualche pasticcio di tipo familiare.

“Ecco è là” disse Lizabet

“Dove? Non vedo nessuno”.

La piccola indicò un punto per terra, Wilson lo illuminò con la torcia e rimase allibito… era una lapide!

“Cosa? Ma che scherzo è questo!?”

“Voglio andare dalla mamma”.

“Ma che dici?  Tua madre è sepolta li sotto? Perché? Mi sembri una piccola pazza”.

“Signore, mi può aiutare?”

“Ma cosa vuoi da me! Adesso mi sono scocciato, sono stato un idiota a venirti dietro, torniamo subito indietro e chiamiamo la polizia”.
“Signore, non ti muovere”.

Wilson si irrigidì, la voce della bambina era diversa, più dura, decisa. La guardò negli occhi e un brivido gli corse lungo la schiena; lo guardava fisso senza espressione, senza muovere un muscolo.
La luce della torcia nel buio fitto del bosco dava alla scena un che di spettrale.

Improvvisamente Lizabet digrignò i denti, con un balzo gli fu addosso addentandolo alla gola.

Il telefonino  cadde a terra, la torcia si spense, le urla di Wilson lacerarono l’aria , ma nessuno poteva sentirlo. Le gambe gli cedettero, cercò di fuggire ma stava perdendo troppo sangue, dopo pochi passi inciampò e cadde rovinosamente  dentro un cespuglio.

“Aiutooo! Aiuto!!!”

“WILSON! Cosa c’è stai male?”

La moglie accorse  alle sue grida e lo trovò per terra aggrovigliato alle coperte, non riusciva a districarsi.

“Oh mio Dio, che incubo spaventoso, quella bambina era un vampiro, la lapide, voleva andare dalla mamma… “

“Santo cielo Wilson, ma che razza di sogno hai fatto, sembri un pazzo! Vedi? Hai mangiato e bevuto troppo, queste sono le conseguenze”. Lo aiutò a rialzarsi e tornò in cucina. Wilson andò subito allo specchio e si guardò la gola, niente tutto a posto menomale.  Certo che era proprio reale quel sogno, rabbrividì ripensandoci. Squillò il telefono di casa, Wilson andò a rispondere:
“Pronto”.

“Wilson sono Robert, ma cosa è successo stanotte alla festa? Il mio giardiniere ha trovato un telefonino nel bosco, la batteria era quasi scarica ma ho fatto in tempo a controllare… è il tuo”.