«Oggi piccolini voglio raccontarvi una storia particolare. Anch’essa fa parte dell’insegnamento, perché imparare a conoscere il mondo non è meno importante di tutte le altre materie…»
A queste parole nell’uditorio si diffuse un velato interesse: ci furono movimenti, rumori, assestamenti.
L’insegnante sorrise tra sé, soddisfatta di aver attirato tanta attenzione.
«Prima i fatti, come sempre: c’era un tempo a Leitwandine una piccola signora che aveva degli alveari, come tanti. Per lei però quella attività non era, o non era solo, una forma di investimento o un lavoro: lei amava davvero le api e ogni giorno gli parlava come se fossero le sue amiche, o le sue figlie. Sì, ogni mattina usciva dalla sua casetta nella brughiera e diceva: “Buongiorno mie care, che bel sole c’è oggi!” o più frequentemente: “Oggi è una giornata nebbiosa, ma sopra le nubi c’è il cielo sereno!” e concludeva sempre con un “buon lavoro e buona giornata! “. Così alla sera augura loro il buon riposo, tutti i giorni della sua vita. Quando poi doveva prendere il miele o la cera, lo faceva sempre con grande attenzione, scusandosi e stando attenta a prelevare solo l’indispensabile: era convinta che così facendo l’alveare fosse contento e la aiutasse persino, ed aveva ragione.»
Adesso l’uditorio era attentissimo. Nella vasta sala non si avvertiva un solo ronzio.
«Purtroppo», continuò l’insegnante, «come voi sapete la vita umana, anche se soggettivamente può apparire lunga, oggettivamente ha un termine e nessuno sa cosa succede agli uomini dopo la morte, ma in loro l’individualità prevale sempre sul collettivo.
Un giorno Margaret, questo era il nome della signora, morì.
Il mattino dopo nessuno diede il buongiorno all’alveare, nessuno gli sorrise. Ci fu un grande vuoto, che tutti avvertirono. Un senso strano si era diffuso tra le api, a partire dalla loro mente collettiva: angoscia, consapevolezza dell’amore perduto… un sentimento quasi umano.
Così l’alveare fece una cosa che non era mai successa a memoria d’uomo: uscì dalla sua casa per andare a rendere omaggio a quella signora, secondo l’usanza degli uomini. Le api restarono un’ora al cimitero, come a vegliare la loro amica.»
Gli studenti adesso si guardavano interdetti: quando mai si era sentita una cosa del genere? Intuendo il loro smarrimento l’insegnante intervenne:
«Tutto quello che vi ho raccontato è vero, piccoline, io c’ero. La nostra storia è antica quanto il mondo, ma il ricordo appartiene a tutti noi, e a tutte voi quando sarete cresciute. La morale è che tutte le creature sotto il cielo sono diverse, ma tutte vanno rispettate e capite così come fece Margaret con noi.»
Detto questo, la mente collettiva lasciò libere le giovani api, che sciamarono felici fuori dall’alveare, commentando quella strana storia con fantastici disegni tracciati nella dolce aria profumata della primavera.