Sola, pensando a Margaret, negli ultimi anni, la immaginavo sola.
Con il cappello in paglia e i guanti di stoffa, galosce ai piedi e jeans fuori moda. Capelli quasi tutti bianchi, raccolti alla meno peggio sulla piccola nuca, a scoprire il collo che ancora sembrava quello di una bambina. Quel collo che si infuocava al minimo raggio di sole. Diafana, Margaret era sempre stata così. Biondissima, occhi cerulei. Un’antica strega gallese. Di quelle che spaventano e ammaliano allo stesso tempo.
Una volta al mese, fino a due settimane fa, veniva ancora nel mio emporio con il furgone che aveva imparato a guidare poco dopo la morte di Arthur… l’unico uomo che aveva riempito la sua vita, mio malgrado. Veniva a portarmi il suo buon miele Margaret, che vendevo e che proferiva lustro alla mia attività di commerciante. Il frutto della sua fatica e della sua dedizione. Ma io sapevo bene che per lei quel miele era molto di più: un legame con chi se n’era andato, per sempre.
Io in questo emporio ci sono nato e cresciuto. Io in questo emporio mi sono innamorato per la prima volta. Di quelle trecce bionde e di quegli occhi trasparenti. Allora Margaret non profumava di miele, ma ancora di caramello.
Quando veniva a comprare il latte, insieme ai penny di resto le lasciavo sempre un piccolo dono: una figurina, una piccola trottola, un fermaglio… Mia madre e mia sorella facevano finta di niente, ma ridevano sotto i baffi. Lei invece mi sorrideva con quegli occhi pieni di ciglia stranamente scure, e a scuola eravamo diventati amici. Ci scambiavamo porzioni di merenda e anche qualche compito se riuscivamo. Io ero bravo a far di conto, lei invece adorava leggere.
E poi, prima di tornare a casa, c’erano le corse affannate fino sotto al faro, a guardare il mare dalla scogliera, con il vento che le muoveva il vestito e i capelli. Lei guardava il mare e cantava vecchie canzoni di marinai, come una bianca sirena bambina. Per me, invece, lei era il mare.

Quando Margaret divenne una giovane, splendida donna, da quel mare arrivò Arthur a portarmela via per sempre.
Non si poteva resistere ad Arthur. Scese dalla sua barca con quell’aria da pirata, canticchiando antiche canzoni da filibustiere… “Ecco, abbiamo fatto il duetto” pensai tra me e me quando lo udii per la prima volta, mentre il suo sguardo si perdeva nelle lentiggini della donna che amavo, ammirandole come fossero costellazioni, di quelle che salvano la vita ai vecchi lupi di mare. Conobbi così anche la gelosia, e un pizzico di cattiveria.
Lo capii fin dal primo momento che quella era la fine del mio sogno. Mi chiesi perché un uomo che avrebbe potuto avere tutto fosse tanto determinato a restare proprio nel nostro paesino di poche anime.
Ma Arthur, più grande di noi di qualche anno, aveva fatto la sua scelta. Voleva vivere una vita semplice, guadagnare con la pesca, con la coltivazione dei campi e soprattutto avrebbe prodotto il miele più buono del Galles insieme alla sua famiglia… una numerosa famiglia. Il padre di Margaret accettò di dargli sua figlia in sposa quando si scoprì che Arthur in realtà era un rampollo, figlio unico per giunta, anche se con velleità di vita rurale. In contrasto con i suoi che lo avrebbero voluto medico o avvocato, lui non aveva mai potuto sopportare la grande città. Si sentiva a suo agio solo a contatto con la natura.
Ma a dispetto della sua bellezza, per cui tutti l’avremmo decretata fertile, Margaret non ebbe figli. Ed io mi pentii della mia cattiveria. Perché arrivarono momenti duri.
Incontravo spesso Arthur nella locanda di Nancy, aveva iniziato un po’ a bere e Margaret, quelle poche volte che riuscivo ad incontrarla… ecco, lo aveva assunto davvero lo sguardo di una strega. Ma durò poco. Nonostante avessi colto un barlume di speranza per me in quel malessere, quei due si amavano sul serio, perché superarono la faccenda dei figli e iniziarono a dedicarsi anima e corpo al loro miele. Il miele più buono del Galles a detta di tutti.
Finirono sui giornali e vinsero premi per il “Miele di Margaret”. Ne giovò il paese intero. Grazie al miele arrivò pubblicità, turismo e maggior benessere.
Arthur rifiutò la carica di Sindaco più e più volte… A lui interessava solo del suo miele, del mare e di Margaret.
Non sono passati più di dieci anni da quel pomeriggio, me ne andavo al faro, come succede spesso, per leggere un libro e perdermi nei ricordi degli unici attimi di intensa felicità vissuta… e li vidi. Si baciavano con passione davanti al mare in burrasca. Tutto sembravano meno che una anziana coppia. Erano ancora il marinaio e la sirena.
Quel bacio a cui ho assistito non mi ha permesso di farmi avanti neanche dopo diverso tempo dal giorno in cui Arthur è venuto a mancare. Quando ho visto quegli occhi rossi e gonfi di lacrime odorose di miele, ne ho avuto conferma una volta per tutte: io in quest’emporio mi sono innamorato per la prima, ma anche per l’ultima volta… Avrei accettato di essere morto purché fossero per me almeno quelle lacrime.
E invece ho amato Margaret in silenzio per tutta la vita, e il giorno del suo funerale ho pianto io per lei, insieme alle sue api…
Forse non ci crederete, ma ne hanno parlato anche i giornali. Le api hanno accompagnato me e i miei compaesani in corteo fino alla scogliera, per poi spargersi tra le sue ceneri a ridosso del faro, mentre il vento intonava un’antica canzone di filibustieri. E allora l’ho capito che al contrario di me, Margaret non era mai, proprio mai, restata sola.