La libellula danzava nell’aria, leggera come il respiro e forte come la tela del ragno, con movimenti aggraziati e precisi, muscoli d’acciaio in un corpo troppo esile per contenerli.
Era eterea e perfetta, sublime nella sua grazia, implacabile.

Io l’ho vista fissare per un istante le parallele, poi avventarsi decisa, staccare sulle pedane ed eseguire i volteggi senza un attimo di respiro, fino a fermarsi un istante in verticale per poi lanciarsi in quell’acrobazia finale in cui non era più una spaurita bambina rumena, non era più la ginnasta che lottava per un titolo ma era un uccello che spiegava le ali per quel volo perfetto che l’avrebbe incoronata per sempre nella storia dei Giochi e nella memoria di tutti.

«Hai sentito, John, la storia di quella ragazza che il regime del suo paese ha premiato per aver vinto le Olimpiadi rovinandole la vita?»
«Chi dici, la Comaneci?»
«Si, quella rumena. L’avevo vista in televisione, mi pare: magnifica».
«Ma non era una ragazzina? Aveva solo quattordici anni».
«Le ginnaste devono essere molto giovani…»
«Per me a quell’età dovrebbero ancora giocare con le loro amiche!»
John alzò le spalle, guardando i resti del suo hamburger nel piatto e la pinta di birra mezza vuota.
«Mi pare che poi abbia fatto una brutta fine, no?»
«Per fortuna no. Ho letto la sua storia in un libro: è scappata una notte dal suo paese ed è venuta a rifugiarsi qui negli States, dove si è costruita una famiglia normale».
«Bene, sono contento per lei».
«Non te ne frega proprio niente, vero?»
John si pulì i baffi con il dorso della mano, fissò per un attimo la striscia di schiuma sul dorso e decise di pulirsi con il tovagliolo.
«Cosa dovrei dire? Che i comunisti erano dei bastardi? Che ha fatto bene a scappare? Queste cose le sappiamo tutti!»

Il suo compagno scrollò la testa e guardò fuori, oltre il vetro sporco dell’autogrill. La campagna era gelata, radi fiocchi di neve scendevano lentamente volteggiando nell’aria immobile. La pianura infinita sembrava estendersi fino all’orizzonte,oltre il nastro scuro della strada che si perdeva nell’Ovest.

D’improvviso un’allodola sorvolò il campo di grano ed andò a posarsi sul filo del telefono, a pochi metri da loro, restando in perfetto equilibrio.
L’uomo si perse a guardarla, e nella sua mente il profilo dell’uccello si trasformò in quello della ragazzina che danzava sulle sbarre, e quando quella aprì le ali per prendere il volo gli sembrò di rivedere quella fantastica scena, quell’incredibile, perfetta chiusura del volteggio.
Il suo amico, preoccupato, lo scosse prendendolo per la spalla.
«Ehi, Bart, che ti succede? Stai bene?»
Bart si voltò verso di lui. Una lacrima sembrava scendergli dall’occhio.
«Si, si, John», disse, asciugandosela con un kleenex, «era solo un ricordo di gioventù».
«A me sembrava un’allodola…»
«No, non era soltanto un’allodola, era la perfezione, la messaggera dell’alba».