No, se te lo stai chiedendo, non smetterò di tormentarti. Ho poco altro da fare, ormai, e avevo così tante cose invece ancora da vivere. Vedere paesi nuovi, andare più spesso al cinema, al teatro, all’opera. Sciocca, sognatrice, stupida ignorante che crede di poter capire qualcosa di arte e musica, così mi apostrofavi mentre ti appropriavi dei miei risparmi e dei miei sogni. Tanta fatica per pochi spicci, mica come te, che avevi un lavoro vero, importante. Tu eri l’impiegato bancario, udite udite! Io tiravo i peli e pulivo i cessi.
Quanto amavi umiliarmi davanti agli altri. Ti sembrava che, rendendo piccola me, rendessi più grande te. Eppure i miei spicci da peli tirati e cessi puliti erano buoni per il bar, per le sigarette, per le tue serate debosciate che di nobile avevano davvero poco. Ti vedo, sai, pisciare nello sporco. Ti piacerebbe averlo ora un bel bagno pulito? Quanto può far schifo quell’alone giallo di pipì secca? Pensa quanto poteva farne a me, che non era manco la mia.
Ti manco, vero? Così poi tanto male non dovevo essere, se ti danni tanto per la mia assenza. Non provare a mentirmi: non puoi più. Puoi anche urlare, puoi alzare le mani in segno di minaccia, puoi anche colpire forte: il colpo cadrebbe nel vuoto. E ti farebbe rovesciare a terra come l’altra sera in camera da letto, mentre cercavi di scacciare i fantasmi di me. Ti sembrava di vedermi ovunque, vero? Quanto ho riso a comparire e scomparire dalla tua vista. E che paura ti sei preso quando ti ho sorriso dallo specchio! Eri troppo ubriaco per distinguere la fantasia dalla realtà.
E poi ora sono ancora più reale di prima. Sono la tua ossessione. Lontani sono i tempi in cui sono stata la tua passione. Erano già lontani dopo poco l’inizio della nostra relazione, tanto facilmente li hai sepolti con le cattiverie.
Quel che esce dalla tua bocca non può farmi più male. Perché io ora sono altrove. Eppur presente. Mi sono scavata il mio piccolo nido nei tuoi pensieri, perché non voglio perdermi niente dei tuoi rimorsi. Si sta comodi, nel rancore. Non era certo questo il luogo che sognavo, quando ti confidavo che avrei voluto viaggiare. Per questo avevo due lavori umili ma onesti, che io la coscienza volevo averla pulita. E ora, ironia della sorte, sono il tarlo della tua, sono l’incubo che tu credi venga a trovarti quando meno te lo aspetti. Oh no, caro mio, non è mai un caso. È tutto studiato. Io ho tempo, adesso, e tanta voglia di vendicarmi. E quindi pianifico sempre il momento giusto per farti più male, per colpirti più forte. Non saranno gli schiaffi che mi davi tu, ma lo vedo come ti accasci al suolo singhiozzando.
Dove mi porti stasera? Un night club, dici: niente male. Ti lascio preparare in pace, così potrai credere per un po’ che io sia davvero scomparsa.
Non dimenticare le chiavi della macchina, o ti toccherà passare due volte davanti alla mia foto sorridente in riva al fiume. Proprio quel fiume. Hai tentato tante volte di metterla via, ma non te l’ho permesso. La chiami la tua punizione. La guardi e mi chiedi perdono. Non posso, questa volta no. Dovresti essere in carcere a scontare la tua pena. Non ti avrei lasciato in pace neanche lì, non preoccuparti. Te l’ho già detto, ho tanto tempo adesso e un unico chiodo fisso: la vendetta.
Hai scordato la fede: la indossi sempre quando esci, in segno di lutto. La facciata, mai abbandonare la facciata. È nel cofanetto dove c’è ancora qualche banconota mia. Niente di che, 50-60 euro. Hai qualche remora a prenderli, che ti ricordano tutte le volte che sottraevi i miei risparmi dal mio portagioie e dai miei sfizi. Niente di eclatante: una borsetta nuova al mercato o un paio di orecchini da una bancarella. Ma i miei erano sempre soldi sprecati. Quelle poche decine di euro servono a ricordartelo.
Ma oggi no, dai, non ci pensare. Oggi deve essere una bella serata per te. È il nostro anniversario. Non quello ufficiale, quello che dimenticavi sempre. Io no, io ero la patetica sdolcinata e infantile e tu l’uomo vero, quello che non ha bisogno di smancerie. Niente carezze ma ceffoni. Quello che ha però bisogno di rifugiarsi in un locale notturno con luci psichedeliche che avviluppano il cervello. Quello che si eccita davanti a provocanti spogliarelliste. Svolgono un lavoro più nobile del mio solo perché te lo fanno rizzare?
Oh oh oh, siamo arrivati. Non sono poi così attraenti, vero? Il mio corpo era più sinuoso, il mio seno più prosperoso. Stai pensando che senza una tirapeli come me non sarebbero così carine e non avrebbero neanche quelle mani così curate.
No no, ti stai sbagliando, non mi hai visto lì sul palco: è solo un gioco di luci unito alla fantasia, che ti fa brutti scherzi. Ce li hai due spicci per berci su? Bevi, caro, è il mio regalo per te oggi. Io i regali te li facevo sempre e non voglio rinunciarci proprio oggi. Il prossimo drink è per quella volta che mi prendesti a schiaffi alla festa di tuo fratello perché stavo ballando col festeggiato. Sgualdrina, mi apostrofasti: bevi, bevi, che lo sai che non stavamo facendo niente di male. Ordinane ancora uno, per quel calcio alla schiena perché secondo te lo avevo fatto apposta a cucinare troppo salato: ero stanca e depressa, non me lo meritavo proprio. Ti senti confuso e un po’ annebbiato? Ma guardati, stai parlando con una sgualdrinella che hai abbordato e ti stai piangendo addosso come un bambino. A lei vuoi davvero chiedere il perché? Che ne sa e che ne vuole sapere? Mio Dio, hai cacciato fuori la nostra foto dal portafoglio: ti stai proprio rendendo ridicolo!
Dai, andiamo, che si è fatto tardi e io ho ancora un ultimo regalo per te: una bella passeggiata per smaltire la sbronza. Conosco un posto davvero carino, un tempo avrei detto romantico e tu mi avresti dato della sentimentale. Ma oggi il sentimentale sei tu e una passeggiatina al fiume ci sta. Non fa caldo ma voglio farti sudare, oggi voglio davvero opprimerti con i miei pensieri. Voglio che stasera ricordi tutto il male che mi hai fatto. Ahahah, quanto mi fai ridere: ti stai spogliando come se fossero i vestiti ad asfissiarti. Neanche se ti aprissi la testa a metà riusciresti a farmi uscire da qui. Ehi, ma dove vai? Stai attento, di notte l’acqua è davvero fredda e non è certo quella che si possa definire una dolce morte. Io lo so bene…
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GIALLO NEL GIALLO: TROVATI MORTI NELLO STESSO FIUME A ESATTAMENTE UN ANNO DI DISTANZA
Forse per lui era troppo pesante, vivere senza di lei e così ha scelto di morire nel medesimo fiume ad un anno esatto della scomparsa della sua amata. Il mistero sulla morte di lei non era ancora stato risolto ma tutto fa pensare che lui abbia preferito la morte a una vita senza lei…
I giornali, che romantici!
(foto di Rita Quaglia)
(rielaborazione con cambio punto di vista dal racconto “Il Ricordo” di Graziella Dimilito)