È sempre interessante lo scambio di punti di vista e soprattutto sempre arricchente. Questa capacità di ascolto, questa accoglienza del pensiero altrui, è la cosa che da sempre mi affascina, in questo micromondo che è Writer Monkey.

Editor per caso, mi reputo più un’opinionista. Non voglio dire che non ho pregi, forse dovrei accettare che ho quella “sensibilità” che Angelo e Ilaria mi riconoscono. Fatto sta che sicuramente il leggere di più, l’aver fatto un corso di scrittura orientato al racconto breve, aver inserito nelle mie letture i racconti, ha affinato non solo l’occhio ma soprattutto lo sguardo.

Perché quando leggiamo un libro pubblicato non troviamo (quasi mai) difetti? Perché la storia scorre, perché leggere alcuni passaggi non ci fa aggrottare le ciglia? Non parlo di gusti: un libro (un racconto) può piacere oppure no, può lasciare qualcosa oppure no. Ma scorre. E se scorre è perché dietro c’è un lavorone non solo di editing, ma di una truppa di lettori alfa che hanno sostenuto lo scrittore già prima che il romanzo venisse poi editato professionalmente.

In questi giorni ho avuto il piacere, insieme ad altre persone di questo magnifico gruppo, di non fare editing ma essere una lettrice alfa del primo capitolo di un romanzo di uno dei migliori scrittori che conosca. E dal confronto è nata la discussione sull’età del protagonista.

Ecco, io che ho sempre paura di spiegare troppo, di annoiare il lettore, perché non deve prestare molta attenzione ma “limitarsi” a leggere, che temo di non seminare indizi ma invece di spiattellarglieli (con tanto di freccia luminosa “questo è un indizio!”), mi sono trovata a considerare quando invece alcune volte è necessario indirizzarlo, il lettore.

Eccoci alla questione età del protagonista.

Nel capitolo non (mi) era chiaro. E così, senza accorgermene, sicuramente influenzata dal mio vissuto (ma chi non lo sarebbe?) gliene ho affibbiata una io, invecchiandolo. Non c’era nessun errore cronologico da parte dello scrittore, i tempi tornavano. Solo che il giovanotto parla e si muove come un (per me) quarantenne perché ha le esperienze di vita di una persona più grande della sua età (o della mia alla sua età).

Così, quando lo scrittore lo ha appellato la prima volta, a oltre metà capitolo, “ragazzo”, non sapevo a chi si stesse rivolgendo. Ne abbiamo parlato, con confronto, e ho imparato una cosa nuova: dare troppa libertà al lettore, in certi casi, lo porta a sostituire le informazioni che non ha, con quelle date dalla propria esperienza.

Ora che so che il protagonista ha una ventina d’anni, lo conoscerò, attraverso la lettura, come un ventenne che ha dovuto/voluto fare a meno del sostegno dei genitori molto giovane, ha accettato qualsiasi lavoro per mantenersi e questo lo ha reso più maturo di quanto fossi io alla sua età.

Perché questo post?

Per condividere la mia felicità di aver imparato qualcosa in più, grazie al confronto. Di avere acuito la mia “sensibilità” di un altro tassello. E ringrazio ancora una volta Angelo di questo.

Imparare a scrivere, come ogni cosa che si impara, è un enorme, metaforico, esercizio di matematica. Lo diceva mia madre riferendosi al latino e greco (ironia, visto che molti al classico si iscrivevano perché c’era poca matematica), me lo ha confermato lo studio del tedesco, e lo ritrovo ogni giorno, in ogni nuova cosa che imparo.