LA BELLA LAVANDERINA

“La bella lavanderina
che lava i fazzoletti
per i poveretti della città.
Fai un salto,
fanne un altro,
fai la riverenza,
fai la penitenza,
guarda in su,
guarda in giù,
dai un bacio a chi vuoi tu!”

https://youtu.be/DU3B2P6pc2U

Questa filastrocca la cantavamo da bambine, io e le piccole amichette di quartiere, danzando in girotondo intorno alla prescelta, una di noi, che se ne stava al centro impersonificando “la bella lavanderina”, la quale a sua volta decideva a chi donare il suo bacio e il gioco ricominciava, quasi all’infinito, finché tutte, a turno, non fossimo state ” belle lavanderine” al centro del girotondo.
E si era in tante, allora, di bambine.
I nuovi quartieri popolari di periferia della città erano sorti velocemente in pochi anni tra la fine degli anni ’50 e primi ’60, ospitando famiglie spesso numerose, la cui provenienza quasi sempre riconduceva a regioni quali Veneto o Meridione, dalle quali i capifamiglia si erano trasferiti in cerca di lavoro nel primo dopoguerra, grazie alla costruzione delle varie zone industriali a Bolzano e altre località della provincia, oppure impiegati nelle varie stazioni quali dipendenti delle Ferrovie dello Stato.
Parlò già di 50-60 anni fa ed ho ricordi belli e indelebili della mia infanzia trascorsa a giocare nei cortili dei caseggiati giochi collettivi oggi scomparsi, purtroppo.
Ma non cambierei i miei anni infantili con quelli dei bambini di oggi, sempre meno nei cortili, sempre più sui divani, tutti esperti nello smanettare su una tastiera, di qualunque dispositivo si tratti, e sempre meno a toccare la terra, l’erba, saltare in una pozzanghera o inseguire una farfalla…
Ecco, questa bella foto d’epoca mi ha ricondotta in un baleno a quegli anni lontani ma perfettamente nitidi nella mia memoria.
E quella cosa che mi sta lievemente increspando le labbra ora, in questo momento, quella cosa che si sta allargando spontaneamente sul mio viso…. sì, quella cosa lì, è proprio un sorriso.