Questo racconto nasce dopo un viaggio in India dove magia e cultura si mischiano e sembrano davvero respirare. In quel periodo ero lì per sostenere il lavoro dell’associazione Faggio Vallombroso onlus che si occupa di fare sostegno didattico a distanza sostenendo le scuole, le famiglie in difficoltà, l’alfabetizzazione soprattutto della parte più disagiata della popolazione. Questo racconto parla di speranza e di un mondo meraviglioso: l’India.

 

Ci sono storie che iniziano in un paese lontano lontano e tanto tanto tempo fa. Iniziano in un bel regno che odora di confetto e brilla di lustrini. Ci sono di solito maghi, draghi e streghe e magari strada facendo qualche folletto dispettoso. Questa storia inizia in un posto lontano rispetto a dove siamo noi, ma non tanto tempo fa. In un luogo fatto di mille colori, mille profumi e mille meravigliose assurdità: l’India.

Ci troviamo nel cuore del Rajastan, a Jaipur. Vicino alla stazione rumorosa e polverosa, dove ogni giorno decine di autobus caricavano e scaricavano turisti, donne colorate, pecore, capre, uomini barbuti e persone cariche di ogni sorta di fagotto, c’era una piccola via, nascosta da una grande insegna di un ristorante. Celata oltre il trambusto della strada principale, questa via senza nome e senza asfalto era sempre in penombra. L’acqua, accumulata nei giorni precedenti a causa dei monsoni, stagnava in pozzanghere fangose. La stradina era piccola, ma pulsante di vita. Tutt’intorno, le donne chiacchieravano tessendo sedute su ceste di vimini e vecchi mattoni; i bambini correvano scalzi tra i resti di un vecchio motorino arrugginito, gli uomini passavano con i loro carretti ricolmi di spezie variopinte , gli anziani rompevano le pietre per farne sabbia da usare per costruire,  i maiali grufolavano tranquilli tra le macerie di un cumulo di rifiuti ed i cani, un po’ malandati, dormivano o si azzuffano. Ad un tratto passò correndo un bimbetto sugli otto anni con i capelli neri come la pece. I cani smisero di azzuffarsi, alcune donne lo ammonirono e gli altri bambini presero ad inseguirlo curiosi. Correva e stringeva in mano un quadernetto tutto sgualcito. Passò sotto un carretto urtando dei contenitori di spezie variopinte che gli imbrattarono la canottiera logora. Anche la terra divenne un arcobaleno ed i bimbi gioirono festosi passando. Un uomo uscì da una piccola porta di lamiera agitando le braccia furiosamente a causa del disastro. Il bimbetto non si curò di nulla e continuò a correre fino all’angolo dove la stradina incrociava due vicoli più piccoli. Prese fiato un attimo e fece per entrare dentro una piccola apertura senza porta. Qualcuno però si parò davanti a lui bloccando la sfrenata corsa.

“Si può sapere Prakash che cosa stai facendo?”

“Mamma guarda ho trovato un oggetto prezioso!” rispose il piccolo trafelato continuando ad agitare festoso il libretto tra le mani.

“Hai anticipato la festa dei colori quest’anno? Dove hai preso quel quaderno? “

“Mamma una ragazza con i capelli strani lo ha perso salendo su un motoriscio’ ed io l’ho raccolto! “

“E perché non gliel’hai restituito? “

“Beh non ho il motore ai piedi! Lei è salita sul motorisciò ed è andata via. Ho gridato, ma non mi ha sentito. “ rispose Prakhash mostrano i piedi nudi infangati.

“Dai entra! Prakhash dovresti smettere con queste avventure assurde. E dovresti restituire quel quaderno. “

“Un giorno racconterò le mie storie a tutto il mondo mamma.“ rispose Prakhash, poi superò la madre ed entrò. Attraversò il corridoio buio e si andò a rannicchiare vicino alla nonna e alle zie che sedute in circolo nella stanza in fondo bevevano del Masala Chai the. Nascosto da uno dei veli dell’abito della zia più giovane, Prakhash aprì il quaderno. La stanza era in penombra e si riusciva a vedere poco. Sulle pagine riuscì comunque a scorgere tantissimi segni in nero e molti disegni intrecciati. Sfiorò la carta e questa gracchiò. Prakhash spaventato chiuse il quadernetto immediatamente. Non poteva credere alle sue orecchie. Possibile che quell’oggetto avesse parlato?

“Prakhash? Dove ti sei nascosto? “

La voce della mamma che entrava nella stanza e la attraversava a grandi passi gli giunse alle orecchie facendolo quasi rimpicciolire. Sgattaiolò sotto al letto e con il suo tesoro ben stretto passò praticamente sotto le gonne della madre e si precipitò di nuovo in strada. Attraverso la piccola via ed entrò in una porticina sbilenca. Oltre il minuscolo uscio la vista era rischiarata solamente da piccole aperture quadrate che lasciavano filtrare una timida luce. Prakhash quasi senza fiato camminò velocemente lungo il corridoio e dopo aver superato un cortiletto, dove un anziano sonnecchiava su una sedia ed un paio di mucche pascolavano in un’aiuola, uscì di nuovo nella strada principale. Come un fantasma si fece largo tra i venditori ambulanti e tra le bancarelle di spezie ed entrò in una casetta tutta storta schiacciata tra due grandi palazzoni.

“Hari? Ci sei? “ chiamò appena varcata la soglia. Non sentendo risposa continuò ad inoltrarsi nell’abitazione. Salì le scale e sul terrazzo trovò il suo amico piegato su dei libri che, con la lingua di fuori, si sforzava di riprodurre dei segni su un foglio. Sillabava e, con grande fatica, tracciava un segno dopo l’altro.

“Hari guarda cosa ho trovato? “

Il bambino alzò lo sguardo dal suo lavoro e lo posò prima sul suo amico e poi sul quadernetto sgualcito.

“Cos’è? “

“Un quaderno magico. “

“Cosa dici? “

“Sì, parla! “

“Sciocchezze! E poi scusa, ma dove lo hai preso? “

Prakhash si mise seduto e, mentre raccontava la storia, aprì il quaderno pieno di segni strani e disegni.

“Lo devi restituire Prakhash! Per qualcuno potrebbe essere prezioso. Cosa c’è scritto? “

“Sei tu che sai leggere! Io non vado a scuola! Sono venuto qui per questo. Puoi aiutarmi per favore? “ chiese con tono implorante Prakhash.

“Dai qua! “ rispose Hari prendendo il quaderno. Fissò lo sguardo su un rigo e iniziò a leggere sillabando alcune parole. Erano poche frasi scritte in indiano fra molte scritte in un’altra lingua sconosciuta.

“Il mio viaggio prosegue tra mille profumi e mille scoperte colme di magia.”

“Prakhash questo sembra un racconto di viaggio! E’ certamente molto prezioso. Dobbiamo restituirlo!! “

Prakhash si alzò in piedi infilandosi le mani nei capelli nero corvino e quasi piangendo disse:

“E come facciamo? Io non so dov’è la ragazza dai capelli strani! “

“Beh il diario può dircelo! “

Esclamò Hari allargando le braccia. Prakhash sfilò il libretto dalle mani dell’amico lo aprì e urlò alle pagine:

“Dimmi dov’è chi ha scritto queste cose quaderno! “

Nessuna risposta. Prakhash perse di nuovo la pazienza e urlò nuovamente al quaderno senza ottenere alcuna risposta. Irritato lo lasciò cadere a terra.

“Devi chiedere per favore! “rispose una voce dolce proveniente da un luogo misterioso.

Prakhash spaventato fece un paio di passi indietro. Anche Hari era spaventato. I due bambini si scambiarono uno sguardo atterrito. Quel quaderno aveva parlato davvero! Passarono diversi minuti, poi i bambini con aria circospetta si avvicinarono e si accucciarono accanto al quaderno osservandolo attentamente. Un oggetto rettangolare con una copertina sgualcita completamente piena di scritte. Le pagine erano gonfie di parole ed il loro volume sembrava lievitato sotto la spinta di tanti racconti. Ogni tanto un foglietto faceva capolino lasciando intravedere un particolare. Non sembrava minaccioso, eppure i due bambini rimanevano immobili. Timorosi, ma al contempo curiosi. Alla fine la curiosità ebbe la meglio e Hari lo aprì di nuovo. La voce si fece sentire ancora:

“Beh che succede? Non mordo!”, disse.

I due bambini si guardarono sgranando gli occhi. Ora erano meravigliati. Il loro mondo era pregno di magia, ma non avevano mai visto veramente qualcosa di fatato prima. Non riuscivano a parlare, ma dopo aver deglutito Prakhash si fece coraggio e chiese:

“Chi sei? “

“Come chi sono? Sono il quaderno. Lucia, la ragazza che mi ha decorato con tanto amore mi ha creato. Per lei sono davvero prezioso, perciò avendo sentito che volete trovarla ho deciso di aiutarvi. “

“Come? La ragazza dai capelli strani è sparita in mezzo alla folla su un motorisciò e sarebbe impossibile ritrovarla. “

“Impossibile è solo una parola fastidiosamente brutta!“

I due bambini a quella affermazioni si guardarono arricciando il naso.

“Io posso aiutarvi. “

Proseguì la voce riempiendo il silenzio.

“Come? Sei solo un quaderno!“

“Vero… però sono un quaderno magico. “

“Dove troviamo la ragazza dai capelli strani? “

“Non è così semplice. Dovete scrivere la domanda qui, su queste pagine! “

Prakhash si prese i capelli tra le mani e digrignando i denti per la rabbia sbiascicò:

“Io non so scrivere! Non vado a scuola! “

“Può farlo il tuo amico! Provate! “

“Io non scrivere in inglese. Non lo sto ancora studiando a scuola! Scrivo un pochino solo in indiano. “disse Hari preoccupato.

Il quaderno rispose teneramente:

“I libri ed i quaderni parlano tutte le lingue del mondo! “

I due bambini si guardarono rimanendo immobili per qualche istante, poi Hari fece spallucce e afferrò una penna. Aprì dove c’era una pagina vuota e faticosamente formulò la domanda.

“Dove si trova la ragazza dai capelli strani?”

Subito delle parole iniziarono a comparire magicamente impresse sulla carta.

“Non ha i capelli strani! Si chiama Lucia e porta i capelli legati in treccine colorate.” rispose il quaderno.

Irritato dalla risposta burlona e beffarda del quaderno Hari riformulò la domanda.

“Puoi dirci per favore dove si trova Lucia?”

Lucia si trova ancora a Jaipur!”

Prakhash guardò l’amico e disperato disse che sarebbe stato impossibile trovarla in una città così grande.