Quel giorno Vincenzo era di malumore, eppure era al mare, le giornate erano calde, l’acqua cristallina invitava a tuffarsi e nuotare. Si era svegliato presto, aveva fatto colazione al bar, poi in edicola  a comprare un quotidiano e le parole crociate, una bella sigaretta ed eccolo in spiaggia, bello comodo sulla sedia a sdraio a leggere il giornale. Non c’era ancora nessuno, ne fu ben felice.
Capì subito il perché del suo malumore, le notizie che leggeva le aveva già sentite la sera prima al telegiornale, solo qualche piccolo aggiornamento ma sempre quelle: politica incasinata, violenze d’ogni tipo, guerre ovunque, maltrattamenti di animali e persone, boschi e foreste incendiate… c’era da mettersi le mani nei capelli! – Ma dove andremo a finire – pensò. Turbato, lasciò il giornale sulla sdraio, salì sulla barchetta a remi sotto la postazione del bagnino ed entrò in mare. Remava lentamente, respirando quell’aria pulita e quel silenzio che di lì a poco sarebbe finito con l’arrivo della massa di villeggianti. Ad un tratto si accorse che l’acqua si era intorbidita, preoccupato guardò con più attenzione; erano piccole macchie nere che aumentavano velocemente, si sporse dalla barca e ciò che vide lo lasciò senza fiato. Fogli di giornale coprivano la superficie del mare, milioni di parole che affioravano, volevano essere lette. Si accorse che stava remando su un mare di inchiostro e i fogli aumentavano, le parole si moltiplicavano; provò a leggerne qualcuna: omicidi, guerra, incendi, inquinamento…
– No, non voglio sapere niente, ridatemi il mio mare! – Febbrilmente cercava parole buone, amore, speranza, gioia… niente di tutto ciò. Ormai l’inchiostro malefico aveva annerito anche il sole e l’isola che si vedeva in lontananza, Vincenzo sentì la fine arrivare, sarebbe stato travolto dalla marea nera.
Fece un balzo sulla sedia a sdraio, si era addormentato col giornale sulla faccia. Che sogno orribile – pensò – eppure era tutto così reale. Tornò a leggere il giornale, le parole lo guardavano beffarde, gli avevano fatto prendere un bello spavento.