Una coppia intraprende un viaggio in macchina per andare a trovare i genitori di lui. Sentiamo la voce fuori campo della ragazza (Jessie Buckley): “Sto pensando di finirla qui“. La relazione è appena iniziata, ma lei già sa che non durerà e allora perchè prolungare l’agonia? Il viaggio è teso, il monologo interiore della ragazza (senza nome) è interrotto da brevi, impacciati dialoghi con Jake (Jesse Plemons, sempre disturbante al punto giusto). La casa dei genitori è isolata, è in arrivo una tempesta di neve e la ragazza deve assolutamente tornare a casa prima di sera. Potrebbe essere l’incipit perfetto – banale – di un thriller. O di un polpettone romantico. O di un horror. O dell’ennesimo film da quattro soldi di Netflix. “Sto pensando di finirla qui” , ripete a se stessa la ragazza, quasi ossessivamente. E se il film fosse uno di quelli che ho elencato, dopo cinque minuti staremmo tutti pensando la stessa cosa.

Invece, Sto pensando di finirla qui è il terzo film da regista di Charlie Kaufman, dopo Synecdoche, New York (2008) e Anomalisa (2015). Due film eccezionali, ma a tratti estenuanti, in cui il passaggio di Kaufman da sceneggiatore (Eternal Sunshine of the Spotless Mind, Il Ladro di Orchidee, Essere John Malkovich) a regista si avvertiva per una certa mancanza di ritmo e coesione. Film difficili da guardare, ma certamente di rara intensità, che confermavano Kaufman tra le anime più tormentate e interessanti di Hollywood.

Tratto dall’omonimo romanzo di Iain Reid (dal quale però si distacca, a quel che leggo in rete), Sto Pensando di finirla qui è senza dubbio uno dei migliori film originali di Netflix – solitamente piuttosto anonimi (persino Da 5 Bloods di Spike Lee mi è sembrato al di sotto dei suoi standard).

Rispetto alle sue due opere precedenti, Kaufman sembra avere acquisito maggiore padronanza dei suoi mezzi e crea un’opera angosciante che muta pelle lentamente, utilizzando tutti gli strumenti a sua disposizione, a partire dalle inquadrature e dai movimenti di macchina. Persino gli accostamenti cromatici e i costumi sono utilizzati come strumenti narrativi. E’ un road trip? No, aspetta, è un horror, no aspetta: che cosa diavolo sto vedendo? A tratti, sembra David Lynch, ma senza ironia, un Lynch totalmente disperato. Quando la coppia arriva a casa degli anziani genitori (?) di Jake, il registro cambia di colpo, il film vira verso il thriller paranormale, poi…poi continua a cambiare, a volte in maniera repentina ed evidente, altre volte staccando sulle vicende dell’anziano custode di un liceo che sembra non avere niente a che fare con la vicenda principale, altre volte per dettagli quasi impercettibili, di cui però la vostra mente prende nota senza dirvelo, se non aumentando la sensazione di ansia e impotenza. E’ un meccanismo cinematografico perfetto. Ogni volta che si pensa di aver capito dove va a parare il film, si viene smentiti. Il mio giuramento anti-spoiler mi impedisce di entrare nel dettaglio, ma Sto Pensando di Finirla Qui non è un film che può essere descritto tramite i suoi snodi narrativi.  Ogni incoerenza che notate…o percepite…ha senso, perfettamente, ma bisogna arrivare in fondo per capire cosa sta accadendo e – se siete come me – ricominciare da capo per apprezzare tutto. Non aspettatevi una rivelazione finale o una didascalica spiegazione: non è quello che Kaufman vuole fare con i suoi film. Non è Il Sesto Senso che ti sorprende alla fine, non è Inception che te lo spiega passo passo per due ore salvo poi fare come gli pare. Se vi consola, non è nemmeno come Lynch – sebbene a tratti lo ricordi, soprattutto esteticamente.

Il cinema di Charlie Kaufman è il racconto di soffocanti solitudini e delusioni esistenziali, viste dal di dentro: siamo spettatori inermi – come quando in Essere John Malkovich i protagonisti trovano il modo di entrare nella testa dell’attore o quando in Eternal Sunshine il protagonista rivive i propri ricordi. Non c’è più filtro tra realtà e percezione di essa, il subconscio si riversa nel reale a volte come una pioggia leggera, a volte come una tempesta. Le immagini sullo schermo sono una gabbia senza senso e senza speranza e non basta arrivare alla fine del film per mettersi in salvo. Non penso ci sia cinema migliore di questo, certamente non lo vediamo spesso.

Potrei andare avanti, ma sto pensando di finirla qui.