Fine anno, tempo di bilanci. Non può mancare la lista dei migliori (e peggiori!) film dell’anno!

Per ovvi motivi, la mia lista non può che essere incompleta e non ha nessuna pretesa di oggettività. Mancano sicuramente al mio personale appello “C’era una volta a Hollywood” di Quentin Tarantino (mai, e ripeto MAI aspettare qualcuno che ti chiede di andare a vedere un film che vuoi vedere!) e “Parasite” di Bong Joon-Ho, di cui tutti dicono un gran bene.

E’ stato un anno interessante, con titoli molto validi, e anche Netflix ha iniziato a calare assi del calibro di Scorsese e Baumbach, a tutto vantaggio degli spettatori. Dove porteranno queste nuove dinamiche lo vedremo tra qualche anno… nel frattempo godiamoci i film.

Come ormai da circa vent’anni, le classifiche sono dominate da sequel, saghe che si trascinano all’infinito (e oltre), remake, riutilizzo di proprietà intellettuali o nuovi adattamenti. Con risultati alterni, ma mediamente scarsi, e pochissimo spazio all’originalità, soprattutto nel cinema di intrattenimento.

Persino la Disney ormai preferisce tornare su storie già raccontate (Il ritorno di Mary Poppins, Frozen II, Toy Story 4) che stupirci con qualcosa di davvero nuovo. Lontani i tempi dei blockbuster anni ‘80 – celebrati (da opere come Stranger Things), ma non presi a modello di produzione, coraggio e un po’ di incoscienza. Viviamo nell’era del riciclo, purtroppo anche nel mondo del cinema.

Bando alle ciance!

FLOP 5

Iniziamo dalle note dolenti…

Non sono necessariamente i più brutti (ok, nel caso di X-Men, sì), ma quelli che mi hanno deluso maggiormente rispetto alle aspettative o alle potenzialità. Non posso perdonare questo trattamento scialbo di Pinocchio o de I Tre Moschettieri!

1) The Irishman (Martin Scorsese)

Scorsese lancia il j’accuse contro i film fotocopia targati Marvel e poi si ripresenta con le stesse storie, le stesse facce (persino ringiovanite digitalmente) e le stesse tematiche di vent’anni fa. Fuori tempo e fuori fuoco, anche se segna la definitiva consacrazione di Netflix tra i maggiori player cinematografici. Lo Scorsese di quest’anno, comunque, è il documentario su Bob Dylan (sempre su Netflix).

2) Pinocchio (Matteo Garrone)

Un film privo di anima, che si dimentica immediatamente. La maledizione di Pinocchio continua e Roberto Benigni ora ha il non invidiabile primato di aver preso parte a due pessime trasposizioni del capolavoro di Collodi.

3) X-Men: Dark Phoenix (Simon Kinberg)

L’unico di questa lista sul quale non c’era molta aspettativa. Ritardi nella produzione, pesanti (ed evidenti) reshoot, l’acquisizione della Fox da parte della Disney che ha di fatto sancito la fine della saga. Gli X-Men pre-Disney chiudono male, nell’anonimato totale, una saga che era partita benissimo con First Class. Siamo pronti all’ennesimo rilancio, ma questa incarnazione dei mutanti Marvel è finita troppo presto e male.

4) Creed 2 (Steven Caple Jr.)

Il cambio di regia non ha giovato: dopo un eccezionale primo episodio firmato da Ryan Coogler, Creed 2 è un film senza ritmo e, per la prima volta nella saga di Rocky, nemmeno gli incontri sul ring hanno il benchè minimo pathos. L’effetto nostalgia di Rocky/Stallone stavolta non basta a giustificare questo episodio. Se sia finita qui non si sa, ma certamente può bastare.

5) Moschettieri del Re (Giovanni Veronesi)

L’idea era ottima, ma è evidente che Veronesi non si sia curato minimamente della sceneggiatura, puntando tutto su carisma e improvvisazione dei quattro attori protagonisti. Ci sono trovate ottime, ma il film non regge nemmeno per metà – la trovata finale poi è davvero fuori luogo. Davvero un peccato, poteva essere l’inizio di una serie, se l’avessero presa un po’ più seriamente.

E passiamo con un rullo di tamburi alla…

TOP 5

In una top 10 avrebbero trovato spazio titoli come Joker, Avengers: Endgame e Toy Story 4, ma ho preferito dare risalto a quelli che mi hanno davvero sorpreso ed emozionato.

1) Marriage Story (Noah Baumbach)

Film dell’anno, sicuramente il più intenso. Adam Driver e Scarlett Johansson dimostrano che c’è vita (e tanto talento) oltre i blockbuster. Un film che resta dentro per giorni. Noah Baumbach non è nuovo a questo tipo di film – ma stavolta ha fatto davvero centro.

2) Green Book (Peter Farrelly)

Giustamente premiato agli Oscar, tratto da una storia vera. Due interpretazioni magistrali (Viggo Mortensen e Mahershala Ali) e un’occasione per scoprire un musicista sublime. I contrasti sociali dell’America degli anni ’60 raccontata da una prospettiva insolita, in un film che si diverte con le regole del road movie.

3) Stanlio e Ollio (Jon S.Baird)

Un omaggio a un’epoca passata e a due artisti straordinari. Il film è una versione romanzata dell’ultima fase della carriera di Laurel e Hardy e non è particolarmente originale, ma le interpretazioni di Steve Coogan (Laurel) e John C. Reilly (Hardy) sono commoventi.

4) Booksmart (La Rivincita delle Sfigate) (Olivia Wylde)

Con il solito titolo fuorviante che denota ancora una volta la scarsa considerazione che hanno i distributori italiani per il pubblico medio, il debutto alla regia di Olivia Wylde è un’opera originale e sorprendente, un ritorno alle commedie liceali indipendenti (un po’ come Juno qualche anno fa). Non male anche l’adattamento italiano, per una volta.

5) Il Ritorno di Mary Poppins (Rob Marshall)

Probabilmente sono l’unico che ha messo Il Ritorno di Mary Poppins tra i migliori film dell’anno ma, da grande appassionato dell’originale, ero pronto a scagliarmi con tutte le mie forze contro la blasfemia di questo sequel. E invece. Almeno nella versione originale – ho un po’ paura a controllare cosa ne hanno fatto in italiano – è un gioiello musicale che non ha niente da invidiare al film con Julie Andrews, una perla da far vedere a tutti i bambini, un inno alla fantasia e alla creatività. Davvero emozionante. Emily Blunt non fa rimpiangere Julie Andrews. Ecco, l’ho detto.  

Miglior Documentario

Rolling Thunder Revue: A Bob Dylan Story by Martin Scorsese (Martin Scorsese)

Un Bob Dylan in forma strepitosa e uno Scorsese che ne coglie l’essenza, costruendo intorno ad immagini di repertorio un documentario che sembra vero, ma non lo è – e gli indizi sono nascosti già nel titolo. Una riflessione ironica sullo spettacolo, sull’artista, sul cinema. Imperdibile (come la colonna sonora).

Da non perdere, sempre su Netflix, il documentario su Maradona e The Great Hack, che svela come Cambridge Analytica abbia manipolato – con la connivenza di Facebook – l’opinione pubblica favorendo risultati elettorali come l’elezione di Trump e la Brexit. Agghiacciante.

Migliori serie TV

Sceglierne una sola sarebbe impossibile. In ordine sparso:

Russian Doll (8 episodi, stagione 1 – Netflix)

Gotta get up di Harry Nilsson vi entrerà nel cervello. E’ una versione grottesca di Groundhog Day, una commedia nera divertentissima.

Sex Education (8 episodi, stagione 1 – Netflix)

Gillian Anderson che più sexy non si può (il vero X-File è come abbia fatto a diventare così bella) e Asa Butterfield nei panni di un impacciato adolescente che inizia a dare lezioni di sesso ai compagni di scuola. Diverte e profonda, senza mai essere volgare o superficiale, in perfetto equilibrio tra commedia e dramma.

Stagione 2 annunciata.

Fleabag (stagione 1 e 2 – Amazon Prime)

Una serie scritta, parlata, tanto parlata, con l’intuizione della rottura del quarto schermo che non è originalissima ma è trattata in maniera irresistibile. Phoebe Waller-Bridge è già un’autrice di culto, e con merito. Non ho visto la seconda stagione, ma la prima è eccezionale.

The Boys (8 episodi, stagione 1 – Amazon Prime)

Dopo dieci anni di  film Marvel/Disney, arriva finalmente qualcosa che tratta i supereroi in maniera originale, calandoli in una realtà cruda ma verosimile. Non per stomaci leggeri, non si lascia niente all’immaginazione.

In arrivo la stagione 2.

After Life (6 episodi, autoconclusiva – Netflix)

Ricky Gervais è noto per essere spietato (si vedano i suoi interventi ai Golden Globe), ma con After Life mette tutto il suo cinismo al servizio di una storia di elaborazione del lutto delicata e moderna, senza mai scadere nel patetico e riuscendo con pochissimo ad essere commovente.

… cosa mi sono perso? fatemelo sapere!