Acer Pseudoplantanus, forse più noto come Sicomoro ( ma per gli amici semplicemente Siky), era un nobile acero dalla chioma arrotondata che in un piccolo gruppo di simili viveva in collina proprio qui, ai bordi della città, una città come tante. Non amava proprio il  caos cittadino che intravedeva da lontano preferendo di gran lunga passare il tempo a disegnare ed accarezzare il cielo con le sue foglie a cinque lobi che sembravano proprio delle mani.

Con i suoi due fratelli aveva trovato dimora in una radura un po’ appartata che appunto per questo era spesso meta di coppiette più o meno giovani, più o meno legali, più o meno in fregole amorose.

E Siky… se ne stava lì, sempre zitto, discreto e sbirciava appena un po’ e soltanto perché gli sarebbe stato materialmente impossibile non farlo.

Al più, imbarazzato,  si dava un po’ di contegno tossicchiando cioè …stormendo lievemente le foglie.

Ciò avveniva specialmente di sera, sul tardi, quando il sole allungava le ombre quasi a voler celare pudicamente quelle singolari creature nelle loro strane prestazioni ‘atletiche’. La cosa non lo interessava più di tanto, non più di quel nido costruito filo d’erba dopo filo d’erba da mamma passero ed ora così pieno di allegri cinguettii. Anzi, quasi li ignorava trovando molto più interessante un volo di rondini  o il soffiare del vento che almeno gli raccontava incredibili storie di terre lontane e non quel solito «uuu, aaaaa, eeeeeee, iiiiiiiii’» lì sotto.

Si faceva i rami suoi, come si suol dire.

Finché un giorno sentì un dolore lancinante  sulla corteccia nel fusto giù in basso, dove un tale Mirko ed una certa Sonia stavano incidendo con un temperino un cuore con dentro le iniziali M ed S.

Lei masticava ritmicamente a bocca aperta una gomma mentre teneva lo sguardo  languidamente fisso negli occhi di Mirko.

« A Mirkooo! Tu sei il mio più stupendissimo ammore; er mejo omo. E io so’ tutta tua, nun ce lasseremo mai, gggiuro.»

A queste profonde e forbite parole, l’oggetto di cotanto desìo dette  un ultima tirata alla cicca d’erba bum-bum e poi la spense sul tronco, schiacciandola sotto alle iniziali. Quindi ad occhi lievemente socchiusi e persi nel fumo, con la  virile quasi imberbe mascella  protesa in avanti, l’afferrò per la vita e rispose  “ E vedi de fà la donna degna de ‘st’omo sennò te arifaccio i connotati”.

Intanto Siky,  tra tagli ed ustioni, era percorso da dolori ed attacchi di linfa avvelenata ma poi pensò che quello era forse uno strano -vero -amore e toccava sopportare.

Ma circa una decina di giorni dopo ecco ricomparire Sonia però con certo Luca che, tutto borchiato e tatuato,  sembrava un negozio di ferramenta  o piuttosto una tipografia ambulante.

Stesso copione: sguardo languido  ma stavolta con un chupa chups alla fragola in bocca.

«A Luca, lo sai che sto co’ Mirko ma tu me prenni de brutto. So’  tutta ‘n foco…»

E si ripetette il solito canto, con la variazione di una sola vocale: «uuu, aaaaa, eeeeeee, ooooooo!»

Siky si chiese perché mai piacesse loro quella monotona canzone che a lui ormai sembrava noiosa e perché fossero esseri così privi di fantasia. Ma ormai aveva capito, non riuscivano manco a volare…non c’era da aspettarsi molto di più

Un paio di giorni dopo, non si spiegò esattamente il perché, ecco ritornare Mirko con uno scalpello ed una bella mazzetta.

Aveva un’aria maledettamente incazzata quando iniziò a martellare forte e ripetutamente su quel cuore inciso per eliminare le due iniziali,  con conseguente  grandissima sofferenza per Siky che  non riusciva proprio a comprendere il perché di tutto ciò e soprattutto perché toccasse a lui farne le spese.

Esseri umani, siete una razza cattiva e cretina. Fate, disfate, promettete, tradite…bha! pensò.

Ma sarà meglio che continui a farmi i rami miei

Passò un mesetto ed un giorno arrivò un ragazzino che si mise ad osservare quello strano cuore con i due fori a posto delle iniziali.

Incuriosito, pensò che bel un taglio orizzontale da foro a foro ci sarebbe stato proprio bene. Tirò quindi fuori un coltellino da scout  e incise orizzontalmente la corteccia. Poi si soffermò soddisfatto ad osservare la sua opera; quel cuore sembrava ora possedere una bocca.

Un nuovo dolore aveva attraversato Siky ma stavolta, per qualche strana magia, si accorse di poter urlare da quella fessura e convogliare lì tutta la sua rabbia.

E così, un grido spaventoso, accumulo di tutta la sua silenziosa sopportazione, si propagò nello spazio intorno rimbalzando di eco in eco per tutta la vallata.

Il ragazzo scappò a gambe levate e raccontò di spiriti urlanti che si aggiravano a sera sulla radura e la notizia si diffuse fino a diventare leggenda.

Fu così che finalmente Siky trovò la sua pace nella ‘ Radura Dei Fantasmi’ e visse ancora per vari decenni  senza  avere più così tanto vicina quella pessima, imbecillissima razza umana.

 

                                                                                            Foto dal web: ‘Graffiti’ di Brassay