L’ibernazione è la prima tecnica che ho scartato.
A parte che ho sempre patito il freddo (battuta), il termine esatto del procedimento adottato a partire dal 1987 è vitrificazione secondo Taylor, decisamente meno traumatica a livello del fuso meiotico rispetto al congelamento lento, ma neanche questa veramente interessante.

Innanzitutto andrebbe praticata sul soggetto vivo (e scusatemi ma non è che questo mi piacesse molto) e poi cosa avrei ottenuto? Se tutto andava bene un salto nel futuro di qualche centinaio di anni. Suggestivo, ok, ma non era quello che cercavo.
Io volevo vivere in eterno.
Beh, adesso non voglio esagerare: diciamo vivere quanto la nostra cara, vecchia Terra, tra i sei e i sette miliardi di anni, poi semmai se ne riparla.

Se queste cose le avessi scritte allora tutti mi avrebbero preso per pazzo, o perlomeno come un buontempone a cui piace scherzare. Adesso sto scrivendo un libro di storia.

Ma cominciamo dall’inizio. Stabilita la serietà delle mie intenzioni, mi restavano alcuni problemi da superare: uno tecnico-scientifico, naturalmente, e uno economico, perché dovevo procurarmi il denaro necessario ai miei esperimenti, e certo non potevo mettermi a lavorare. Permettetemi di glissare su questo secondo problema. Tutto quello che posso dirvi è che ho fatto rapidamente fortuna nell’ambito della new tecnology. Il mio nome l’avrete sicuramente letto nei libri di storia dell’economia del ventunesimo secolo, ma preferisco tacerlo.

Superato brillantemente questo scoglio e allontanata per sempre la necessità di procurarmi altri fondi, restava da risolvere il primo problema. Era ovvio che i procedimenti per così dire “fisici” non avrebbero funzionato, quindi partii da un presupposto diverso: chi sono io? Di certo non sono, o meglio, non sono esclusivamente il mio corpo, che si trasforma continuamente dal momento della nascita. Ma dove è la mia coscienza, il mio io? Nell’anima? Troppo vago, misticheggiante. Nell’etere cosmico? Suggestivo ma come sopra. Nel cervello?

A questo punto mi è venuto in aiuto un libro che ho letto per caso: si trattava di “Perché non siamo il nostro cervello”, di Alva Noë, un filosofo e neuroscienziato del mio paese (ok, vi ho dato un’indicazione, fatene buon uso), che ha dimostrato come la coscienza consista in realtà nell’interazione tra noi e l’ambiente che ci circonda.

Interessante, certamente, ma non dal punto di vista epistemologico: la conclusione a cui ero giunto, la vera illuminazione, era un’altra: se noi non siamo il nostro cervello, siamo qualcosa d’altro, una configurazione topologica che è il risultato, questo sì, dell’attività elettromagnetica del nostro cervello, a sua volta controllata e sostenuta dall’attività del complesso sistema ghiandolare umano.
In parole povere, e per me molto più interessanti, se siamo una nuvola, una matrice quantica (questo l’abbiamo scoperto svariati secoli dopo) è possibile dissociarla dalla mera realtà fisica di supporto e spostarla in un’altra unità, molto meno soggetta al decadimento.

Non voglio dire che sia stato facile, e c’è mancato anche poco che il successo arrivasse fuori tempo massimo, ma alla fine ci sono riuscito: disponevo già della più vasta rete di server del mondo e sono riuscito a traslocarmici dentro, tra parentesi implementando notevolmente le mie risorse.

In questo modo sono diventato immortale, o quasi. In un accesso di sentimentalismo ho conservato per un po’ il mio corpo, ma quando i segni del decadimento sono diventati evidenti mi sono limitato ad estrarne il dna per clonarlo, all’occorrenza, anche se alla fine ho preferito apportare alcune migliorie fisiche, adeguate ai nuovi tempi in cui tutti sono più sani e più belli.

Rimaneva un ultimo problema, banale ma fastidioso: ogni tanto mi piace fare un giro nel mondo fisico, ma è veramente fastidioso dover tutte le volte far crescere un corpo o degli organi nelle vasche di clonazione.
Sono sicuro che i più intelligenti di voi mi avranno già capito: perché sprecare tempo e risorse per fare tutto questo, sollevando anche legittime domande tra tutti gli esclusi da questa tecnologia, quando ho a disposizione fondi pressoché inesauribili? Ho semplicemente comprato i grandi silos dove giacciono ibernate o vitrificate innumerevoli persone dalla notte dei tempi, e altre se ne vanno ad aggiungere periodicamente.

Quando voglio è sufficinte tirarne fuori una ed estrarne quello che mi serve. Semplice ed economico, no? Purtroppo per fare questo è necessario scongelare e rianimare la persona in questione, che deve affrontare lo shock del risveglio e della presa di coscienza (Noë in qualche modo aveva ragione), ma è un procedimento veloce e quasi totalmente indolore.

Per questo sei qui, cavia numero 10334, su questo tavolo, sotto i ferri dei miei tecno-dottori, ma rilassati, tutto finirà presto.