CREATURE SUPERIORI
Dopo la conversazione con Blanca riguardo la strana amicizia tra Josette e Celeste, le inquietudini di Ferrer s’erano dilatate a dismisura, e non riuscendo a dare nessuna spiegazione convincente, ecco che s’erano tramutati in cattivi presagi. La cosa più ovvia sarebbe stata andare direttamente alla fonte, parlare con Celeste per capire cosa stava accadendo e metterla in guardia dal cattivo genio di Josette.
Ma non trovava il coraggio di farlo perché la ialina inaccessibilità di lei aveva creato, fin dall’inizio, una distanza: la barriera insormontabile di un carattere superiore.
Avrebbe dunque dovuto rassegnarsi ad un’attesa passiva attendendo che gli eventi maturassero per poi travolgerlo?
Mai, come in quel momento, Francisco Ferrer s’era sentito smarrito. E solo.
Ma pure qualcuno c’era a cui rivolgersi per un aiuto certo, solidale e disinteressato: Santa Martha Dominadora, la potente Loa che lo aveva protetto nei momenti più difficili e nella quale ciecamente confidava. Santa Martha, la dominatrice dei serpenti e delle volontà, l’unica in grado di piegare l’inflessibile Celeste, garantendogli così il controllo della situazione.
In un angolo del pavimento della sua stanza aveva predisposto un piccolo altare apparecchiato di verde su cui troneggiava un candelabro con una candela verde (verde e viola erano i colori della Loa) unta con olio di gelsomino, e sotto l’immagine della Santa. Non disponendo di una foto di Celeste, aveva sopperito scrivendo il nome di lei su un pezzetto di carta marrone. Aveva poi posto un uovo in cima ad un monticello di polvere di caffè mescolato a miele, e caffè nero amaro. Era questa l’offerta più gradita a Santa Martha. In aggiunta di un bicchierino di rum e gin. E di un sigaro.
Poi, dopo aver acceso la candela, aveva recitato la sua orazione.
Mai aveva chiesto l’intervento della Loa per le sue faccende con le donne. Neppure per Fleur, che benissimo avrebbe potuto farla innamorare con una fattura d’amore, se non che aveva sempre ritenuto poco virile ricorrere ad aiuti di tal genere per conquistare una donna. Fosse anche la più inaccessibile. Non era mera questione d’orgoglio, che nessuno mai l’avrebbe saputo se una donna l’aveva conquistata col suo fascino o con un incantesimo, ma perché in questo campo era terribilmente sicuro delle sue capacità, e così più la sfida era ardua e più era la sua determinazione al gioco e alla vittoria.
In questo frangente, però, aveva contravvenuto alla regola perché non si trattava di piegare il cuore di Celeste ma la sua volontà.
E neppure in questo caso avrebbe disturbato Santa Martha, convinto che i miracoli vanno chiesti solo nei casi davvero disperati, se non fosse stato per il poco tempo restante per tentare, alla distanza e in modo riguardoso, una qualche personale strategia per carpire il motivo di quella strana amicizia.
Riflettendo, con una qualche ironia, che s’era dimostrata più accessibile la Santa che la donna terrena.
Ad ogni modo, entrambe, creature superiori.

IL RISVEGLIO DEL VAMPIRO
E mentre Ferrer si predisponeva alla paziente attesa di un segnale divino, Hermelina Hortega inconsapevolmente, ne era latrice, giungendo trafelata, e con notevole ritardo, all’appuntamento per definire gli ultimi dettagli di quella festa di compleanno che sempre più aveva assunto le dimensioni di evento hollywoodiano.

– La nostra festa salta. Philippe stanotte ha avuto una nuova crisi. E’ gravissimo. Coralie è disperata, ha chiesto di voi. Benedetto ragazzo non poteva trovare momento peggiore…la mia Delicia è in lacrime, non si riesce a calmarla, ci teneva ad avere la sua festa di compleanno eppoi tutti i nostri sforzi… –

Ma lui aveva smesso d’ascoltarla e s’era precipitato in strada alla ricerca di un taxi.
Una volta giunto lo aveva accolto Coralie, stravolta dalla veglia e dal pianto, lo aveva preso per mano e senza parlare lo aveva condotto nella stanza di Philippe.

– Resuscitatelo. –
Nella stanza buia la voce sfinita di lei risuonava più come una preghiera che un ordine.

– Coralie, basta, ti stai facendo solo del male –
Armand Petit, invisibile nel buio, implorava la moglie alla rassegnazione, pur consapevole che non avrebbe ottenuto alcun risultato

– Taci! Non hai alcun diritto di parlare, tu che non hai mai fatto niente per lui. Non dovresti neppure essere in questa stanza.Vattene! –
Alla diffida, rabbiosa e cattiva della moglie, Armand aveva risposto con un singhiozzo represso.

– Vi prego, Francisco, non fatelo morire –
Fiduciosa come una bambina gli stringeva la mano,ai piedi del letto del figlio morente.
Il buio completo aveva graziato Ferrer dall’orrendo spettacolo dell’agonia ma non dall’adempimento di quella richiesta irrealizzabile, e per quanto egli fosse avvezzo all’improvvisazione non gli veniva in mente alcun escamotage per far fronte a quella situazione paradossale Avrebbe dovuto almeno sfiorare il moribondo con una carezza pietosa, ma solo l’idea di quel contatto con la pelle fredda e disidratata di Philippe, lo terrorizzava. E così per sfuggire a quell’approccio d’istinto aveva nascosto le mani nelle tasche dove, in quella di destra, aveva trovato il vetro sottile della bottiglina dell’olio di gelsomino usata per il suo rito a Santa Marha. Doveva essersela messa in tasca, senza neppure rendersene conto, dopo aver oliato la candela.
Forse una preveggenza della Santa.
Così aveva  stappato la bottiglina e il profumo stellato del gelsomino, esaltato dal buio notturno della stanza, era propagato intenso e penetrante, a stordire la morte. Poi l’aveva posta sotto il naso di Philippe per fargli inalare quell’aroma acuto e struggente, e rianimarlo.
La messinscena di un miracolo che lo stesso Ferrer, però, aveva iniziato a credere reale poiché il giovane aveva aperto gli occhi e perfino sorriso.
O almeno così era sembrato dalla leggera contrazione della bocca.

Ma forse a resuscitarlo era stata la forsennata speranza di Coralie  più che l’intensità della fede di Ferrer, a dar vita a quel miracolo, solo temporaneo, però, aveva specificato il dottore, che quel risveglio imprevisto doveva essere attribuito unicamente al profumo invasivo del gelsomino che in qualche modo lo aveva rianimato.
In realtà quella era l’unica spiegazione scientifica, per quanto abborracciata, con la quale il medico poteva giustificare l’inaspettato risveglio di Philippe.
Risveglio temporaneo, aveva ribadito con convinzione il dottore ad Armand, a voce bassa, però, per non defraudare Coralie di quel suo momento di gioia.

– Perché lo avete risvegliato? –
C’era delusione e rabbia nella voce di Fleur.
Era la prima volta che lei si mostrava irritata con lui e Ferrer ne era rimasto sconvolto.

– Fleur, non crederete davvero che io sia in grado di esercitar miracoli? Vostro fratello non era in realtà morto ma versava in uno stato agonico, l’essenza di gelsomino lo ha rianimato. Questa la logica spiegazione del dottore. Quello che è effettivamente accaduto. Ma non desiderate dunque che Philippe viva? –
Le aveva chiesto accorato.

– Nessuno di noi lo desidera. Solo la mamma. Finché lui vive noi tutti siamo suoi prigionieri. Prigionieri del vampiro. Oh, Francisco, cosa avete fatto! Vi odio –
Fleur era corsa via piangendo e lui non aveva potuto trattenerla perché s’era accorto della silenziosa presenza di Celeste.

LA CASA DEL VAMPIRO
– Avete la fortuna di poter liberamente andar via da questa casa, eppure decidete di rimanere. Meglio ancora: rimanere, è il vostro unico desiderio. Fate attenzione, però, che una volta in cui vi verrà accordato il permesso di asilo, e credo che la mamma ve lo abbia già concesso fin dal primo istante, anche per voi, dopo, sarà poi difficile, se non impossibile, fuggire. Siete già il suo eletto, l’angelo custode di Philippe il Vampiro. Non importa che sia stato solo un fortuito caso il vostro miracolo della resurrezione, lei vorrà illudersi che sia frutto della vostra volontà. Quale sarà la vostra prossima mossa per non deluderla e continuare ad avere accesso alla casa del vampiro, alla stregua di tutti gli altri imbonitori che la frequentano? Ma voi, però, sedete al nostro tavolo mentre loro stazionano nei corridoi e nelle stanze di servizio; non hanno avuto la vostra stessa fortuna nella riuscita della loro messinscena. Vi confido un segreto, Francisco, papà ha una valigia nascosta sotto il letto, pronta all’evenienza qualora gli si presentasse un’ occasione di fuga. Quella fuga l’ha tentata in passato, ma la nonna lo ha dissuaso, gli ha tolto il coraggio. Lo ha inchiodato ai suoi doveri. Povero papà! La valigia, però, non l’ha mai disfatta, è nascosta sotto il suo letto e immagino che la notte, prima di coricarsi, ci getti un’occhiata. Il fatto che sia lì pronta, lo rassicura e lo illude con la sua improbabile ipotesi di una fuga solo rimandata –
Celeste parlava in tono tranquillo, senza alcuna ostilità, fissandolo negli occhi.
La sua non era una sfida né una provocazione, ma l’onesto racconto di una realtà freddamente sviscerata senza  alcun’enfasi melodrammatica.
E per questo, forse, ancora più tragica.

Ferrer, che pure aveva rilevato nel tono tranquillo di Celeste la drammaticità del racconto, e ne era rimasto sconvolto, non aveva saputo obiettare altro che un neutrale, perché?

– Perché vi sto raccontando delle miserie della mia famiglia? Per darvi un motivo onorevole per uscire da questa casa, senza nessuna implicazione per voi e per noi. Soprattutto nessuna compromissione per Fleur. Statele lontano. Badate che non vi sto implorando, ve lo sto imponendo –
Il tono della sua voce era, ancora una volta, pacato, ma nello sguardo rilucevano aspre scintille.

– Mi state accusando di qualcosa che io non ho commesso. –

– Non ancora. Ma pure è nelle vostre intenzioni. Onestamente, potete smentirmi? –

– Voglio essere onesto quanto voi lo siete con me, e quindi non vi smentirò. Io amo Fleur, di puro e sincero amore, come mai ho amato nessun’altra. L’amo senza pretendere nulla da lei, mi basta vederla e respirare la sua stessa aria. Non desidero altro. Ma immagino che neppure questa confessione basterà a farvi ricredere e far cadere il vostro pregiudizio su di me-

– No, non mi basta e il mio pregiudizio rimane intatto. La vostra storia parla per voi ed io, a differenza della mamma, non credo ai miracoli. Non vi permetterò di mettere le mani su mia sorella e guastarla. Non entrerà prematura nel novero delle vostre amanti. Il mondo è pieno di donne disposte a farsi amare da voi, una specialità in cui a quanto pare eccellete. Fleur ha solo quindici anni. E’ ancora una bambina. Se davvero l’amate, come dite, statele lontano. E, ad ogni modo, non avete altra scelta –

– Vorrei fosse Fleur a dirmi di andar via –

– Vi odia. <non l’avete sentita? Cos’altro c’è d’ aggiungere?-

LA RESA DEI CONTI
Ferrer aveva vagato fino a notte fonda nei sobborghi e fatto tappa in tutti i locali incontrati lungo il cammino, poi ubriaco fradicio (aveva rischiato due volte d’essere investito) s’era diretto a casa di Josette. Era arrivata l’ora di chiudere la loro storia una volta per tutte. Già da sotto le finestre aveva preso ad appellarla con nomi inverecondi e poi, sul pianerottolo, a tempestare la porta con pugni e calci con una furia inaudita. Josette, impaurita da quella veemenza inedita nel suo ex amante, aveva finto l’assenza, ma poi sotto quel diluvio di calci inferti alla porta e di male parole inferte al suo orgoglio, aveva iniziato a rispondergli per le rime, surclassandolo nella scelta degli epiteti e delle metafore.
Aveva però avuto cura di rinforzare dall’interno la porta schermandola con un pesante settimino, e poi aveva chiamato la polizia. Ferrer, dai rumori di spostamenti di mobili  e dalla più tenace resistenza della porta, aveva intuito che lei stava barricandosi e allora anche lui aveva cambiato strategia: avrebbe tentato la scalata dalla finestra del primo piano. Talmente ubriaco, però, da fallire più volte l’approccio con l’esile tronco dell’alberello ibrido sottostante la finestra del salotto di Josette. Pure, in qualche modo, era riuscito ad inerpicarsi sulla cima per poi aggrapparsi al ramo più vicino alla finestra accingendosi, con una gran pedata, a romperne i vetri. Ma, offuscato dalla sbronza e dall’ira, agiva più d’istinto che con cognizione di causa, maldestro e incoerente non aveva saputo valutare la resistenza del ramo che avrebbe dovuto sostenerlo e che invece, sotto il suo peso, aveva ceduto, schiantandolo malamente a terra.


MISTIFICAZIONI E VERITA’ CONVERGENTI IN UN’UNICA STORIA
Quando Ferrer aveva aperto gli occhi, nel suo letto d’ospedale, Arturo Serrano era al suo capezzale.

– Compadre, te lo dico chiaro e tondo, alla tua prossima stronzata ti mollo. Hai rischiato vita e carriera per vendicarti di una puttanella di serie B come Josette. Mi è costato un bel pò di soldi il convincerla a ritirare le denunce di aggressione e tentato omicidio –

– Ma se non l’ho neppure toccata. Non sono riuscito a mettere le mani addosso a quella puttana che altrimenti ora, in questo letto, ci sarebbe lei. L’ha scampata bella, sai? Ma gliela farò pagare in altro modo. Giuro che non lavorerà più.  E in quanto ai soldi te li restituirò appena sarò in grado di firmare un assegno –
Aveva obiettato, rabbioso ed amaro, mostrando all’amico la pesante ingessatura che dipartiva dal braccio destro fasciando, in un unico blocco, anche la  mano.

–  Puoi sempre firmare con la sinistra –
Serrano aveva ribadito ridendo per sdrammatizzare. Poi facendosi serio aveva aggiunto
– Sai che non ne faccio questione di soldi, seppure la cifra è stata davvero molto alta, motivo per cui tu non farai nulla di quanto minacciato. Alla stampa è stata data una versione diversa dei fatti: sei caduto dall’albero nel romantico tentativo di giungere alla sua finestra per tentare una riconciliazione. Una rivisitazione di Giulietta e Romeo. C’è materiale per un tuo nuovo romanzo, e al pubblico piacerà –

– Non puoi avermi fatto, questo. Non tu, Arturo. Quella puttana passerà alla storia come la donna per la quale avrei perso la testa. No, per me è impossibile d’accettare. Parlerò con Blanca e le racconterò la versione originale. Lei saprà come trattare l’argomento –
Ferrer era fuori di sé, sopraffatto da una collera interna che non poteva scaricare se non con le parole.

Parole cattive. Improperi irripetibili, lanciati come sassi contro Serrano che pure non aveva reagito, lasciando che lui esaurisse la sua micidiale valanga di pietre e scaricare la dose di veleno che ancora intossicava le sue vene. D’altronde benissimo capiva quella sua reazione, che anche lui, al suo posto, non l’avrebbe presa bene la mistificazione programmata dei fatti, dove la malefica puttana sarebbe stata incoronata regina. E, nello specifico, regina di cuori. Josette non gli era mai piaciuta, ma non era peggiore di tutte le altre ex amanti di Ferrer. Ci aveva parlato per convincerla a ritrattare la denuncia, offrendole una cifra astronomica, e poi lei, spontaneamente, gli aveva raccontato del suo rapporto con Celeste Petit.
Era stata quest’ultima a contattarla e a chiederle un appuntamento. Quello stesso a cui Ferrer casualmente aveva assistito. Celeste, senza troppo girarci intorno, le aveva chiesto informazioni su Ferrer, non sul loro rapporto ma sull’uomo, e lei, Josette, l’aveva esaudita descrivendolo con un’unica battuta: un egocentrico che non esce mai dal personaggio di se stesso. E aveva mimato il gesto di sventolarsi con un ipotetico ventaglio. E siccome Celeste le era piaciuta per i suoi modi, diretti e franchi, ma soprattutto per essersi rivolta a lei per quella particolarissima consulenza, ritenendola, senza alcun pregiudizio, fonte sincera ed affidabile, l’aveva alla fine amichevolmente redarguita: Francisco s’annoia facilmente, tutto per lui declina in un batter di ciglia. E’ sempre a caccia di novità. Ed ora la novità siete voi. Fate attenzione, non è pericoloso ma nocivo. Sono certa che voi saprete, in questo, rilevare la differenza.
Quindi, non era stata Josette, come tutti avevano immaginato, a contattare Celeste per metterla in guardia dalle mire di Ferrer sulla giovanissima Fleur, ma il contrario. Oltretutto l’attrice era convinta che l’oggetto del desiderio del suo ex amante fosse proprio lei, Celeste, e non Fleur.