Breve premessa: io amo i romanzi gotici, quelli con la trama complicata e non mi spaventano neppure le storie lunghe, che anzi moltiplicano il piacere della lettura per giorni e giorni passati sulle loro pagine. Sto parlando di Anna Karenina, per esempio, ma anche la Recherche, presa per il verso giusto, è un vero godimento per la lettura. Inoltre ho un gusto perverso per le opere con accenti pulp, che ogni tanto inserisco nelle mie letture per puro divertimento. Mi direte: “Certo, hai un’eternità di tempo da dedicarci!”. E’ vero, ma fino ad un certo punto, diciamo qualche secolo 🙂

Anne Rice e i Vampiri

Ho avuto modo di leggere diversi libri di Anne Rice, a cominciare da Intervista col vampiro e più o meno tutti i libri della saga Cronache dei vampiri.
A parte il mio ovvio interesse per l’argomento, devo dire che rimango sempre stupito di quanta poca informazione ci sia su di loro. I vampiri, dal classico Dracula, a Nosferatu, a Lestat, vengono sempre dipinti come individui problematici, sempre in lotta con sé stessi, in alcuni casi in preda ad un irrefrenabile desiderio di morte. In realtà non è affatto così, credetemi, ne conosco molti di prima mano e sono esseri che si godono la loro lunghissima vita come e più degli altri. Certo, è scocciante stare dietro alle tumultuose trasformazioni del mondo moderno, ma è anche questione di attitudine e gusto per le novità: ci sono vampiri che si chiudono fuori dal mondo e altri che usano il tablet e il GPS, anzi, ci sono certe app che… ma non voglio dire di più, cercatevele da soli. Non è neanche vera la favola che vanno in giro a dissanguare la gente: in un corpo umano ci sono mediamente circa cinque litri di sangue, scartato quello venoso che fa abbastanza schifo ad ogni vampiro di buon gusto, ne rimangono quasi tre litri… Dove se lo dovrebbe mettere un povero vampiro? In realtà i nostri amici ne prelevano piccolissime quantità da ognuno, senza dare alcun fastidio. Vi siete mai chiesti come mai ci sono tante zanzare in giro nonostante le tendine e i vari zampironi che mettete? Ecco, pensateci.

Ho divagato. Beh, come sosteneva il Poeta Minore, “succede a chi ha tanto tempo e pure il lusso di sprecarlo”. Dicevo che ho preso in mano L’ora delle streghe di Anne Rice con la giusta aspettativa di una lettura intrigante che mi trasportasse nel magico mondo delle streghe Mayfair.

Non c’erano tutte le premesse per un bel romanzo ai confini dell’horror, magari con qualche sconfinamento nelle storia della caccia alle streghe e del voodoo caraibico, visto che parte della storia si svolge proprio lì?
Non avevo un qualche diritto sull’Autrice, vista la mia fedeltà e il fatto che mi sono sorbito la sua Trilogia dei sensi scoprendomi una vena di puro masochismo (e ci voleva, per continuare la lettura dopo il primo, anzi, le prime pagine del primo)?

Ma andiamo al libro: il romanzo racconta la saga, l’epopea, la storia di una famiglia e del suo demone personale, Lasher, che le accompagna per un suo oscuro progetto, interagendo via via con i vari membri della famiglia, la cui principale caratteristica è di ricorrere spesso e volentieri all’incesto, secondo il pensiero dell’Autrice per selezionare geneticamente i membri più dotati di poteri psichici (e per dire il vero in un punto vi accenna anche, sia pure di sfuggita).
Con una trama del genere probabilmente un Dumas avrebbe scritto un capolavoro avventuroso a forti tinte, e magari un London avrebbe narrato le avventure e le lotte dei suoi protagonisti.

Anne Rice no.

La nostra autrice pensa bene di imbastire una storia lunghissima basandosi sulla cronologia di una serie di personaggi con caratteristiche simili, perdendosi in particolari spesso ripetuti più e più volte e in descrizioni d’ambiente che dicono pochissimo a chi quell’ambiente non conosce già.

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La storia inizia con l’evocazione del demone, Lasher, che è il personaggio più interessante dell’intero libro, da parte di una oscura levatrice dotata di poteri psichici che ovviamente fa una brutta fine e si sviluppa attraverso i suoi discendenti prima in Europa, poi nel Caraibi e infine in Louisiana, e vorrebbe essere l’oscura trama con cui Lasher riuscirà a conquistare un corpo umano. Da notare che Lasher non è il demonio, ma un demone nel senso greco del termine, cioè “uno Spirito interposto fra il mondo del divino e quello dell’esperienza sensibile, partecipe e dispensatore di facoltà soprannaturali o ispiratore di passioni imperiture”.

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La mia impressione è che la Rice si sia seriamente impegnata per raccogliere tutti gli spunti offerti nei loro testi dedicati alla scrittura dai romanzieri moderni, da King a Salter a Massai, per dire qualcosa del tipo: «Ah, sì? Voi suggerite questo e quest’altro? Io farò tutto l’opposto!»

E c’è riuscita benissimo: il romanzo è lentissimo, noioso, con un esito prevedibile e un finale che sembra fatto apposta per il suo seguito. L’infodump, la pratica di inserire informazioni inutili, è spinta all’estremo, al punto che in certi momenti c’era da chiedersi se non stessi leggendo una cronologia invece che un romanzo, i dialoghi sono convenzionali, senza forza né verve, aulici, (e questo è un difetto che ricorre un po’ in tutti i suoi scritti), le descrizioni puramente… descrittive, mai evocative.
Ciononostante sono arrivato faticosamente alla fine, un po’ per la curiosità di vedere se sarebbe stato tutto così lento (e lo è, fin quasi alla fine), un po’ perché quando leggi su un ebook e sei all’85% non ti puoi fermare e un po’ per quel masochismo intellettuale di cui parlavo all’inizio.
Ma voi, se non l’avete fatto, evitate di farlo, a meno che non soffriate d’insonnia e vogliate smettere di prendere sonniferi.

Detto questo, Anne Rice è una buona scrittrice, ma paragonarla ad una Zimmer Bradley è roba da far rivoltare quest’ultima nella tomba… e a pensarci bene, forse quel rumore che sento da un po’ giù in cantina… 😉