Primo libro di una trilogia, questo Il richiamo delle spade è riuscito a farmi ricredere su una mia vecchia e consolidata opinione: che le saghe, a parte qualche raro e fortunato caso, siano soltanto minestre riscaldate, allungate per incrementare il conto in banca di scrittori ed editori.
Questo romanzo di Joe Abercrombie invece mi ha fatto mutare parere: è prezioso perché mi consente di evitare di leggere e conseguentemente comprare gli altri volumi della serie! D’altra parte dubito che sarei riuscito ad arrivare alla fine di un unico libro contenente l’intera saga: anche il mio eroismo (o masochismo, fate un po’ voi) di lettore ha un limite.

Gli ingredienti del fantasy eroico

Dunque, nella trama di questo romanzo ci sono gli elementi caratteristici di ogni fantasy di tipo eroico che si rispetti: il Guerriero sanguinario caduto in disgrazia, il Mago, qualche guerra, una Grande Avventura da portare a termine, qualche indomita fanciulla. A dire il vero c’è anche un tentativo di dipingere personaggi caricaturali, come uno dei protagonisti, il capitano Jezal, e tratteggiare improbabili profili psicologici, tipo quello dell’Inquisitore Glokta. C’è anche, di sottofondo, una critica all’assetto sociale, decisamente classista, della società della capitale del regno, senza che questo assuma comunque mai un ruolo importante nella vicenda. Colore, più che altro.

Visto così, sembra che in questo romanzo non manchi niente del minimo indispensabile per tirarci fuori un fantasy simile ai tanti in circolazione: l’Autore scrive in maniera passabile (parlo di un romanzo letto dopo la traduzione in italiano) e il testo è esente da errori banali (o perlomeno, io non me ne sono accorto), ma…

Andamento lento e situazioni irreali. Sì, anche per un fantasy!

Ma probabilmente anche se ci fossero stati non li avrei visti, perché dopo i primi capitoli ho cominciato a leggere dormicchiando, preso dal ritmo insostenibilmente lento con cui scorre la narrazione.
Andando ad analizzare il testo, si scopre che il romanzo è in buona parte “raccontato, e spesso le considerazioni dei vari personaggi prendono il posto delle descrizioni. Andando a spulciare nella biografia dell’Autore, ho scoperto che ha seguito un corso di laurea in psicologia, e immagino che non avendo mai esercitato abbia voluto mettere in pratica le nozioni apprese in questo romanzo, ma considerato che i personaggi sono usciti dalla sua testa e che stiamo parlando di Abercrombie e non di Proust, poteva tranquillamente risparmiarsi e risparmiarci questa fatica.

Fuori dalle battute, il romanzo è lentissimo, le situazioni sono irreali anche per un fantasy, le ambientazioni sono povere nonostante i lunghi pezzi dove non succede niente e i tentativi di fare del simpatico umorismo sono a mio parere patetici. Consiglio sinceramente agli amanti del genere di evitarsi questa sofferenza: davvero non ne vale la pena.