Ci sono luoghi da visitare, ce ne sono alcuni, forse pochi, in cui tornare.

A Martina da troppo tempo mancava l’Egitto. Le era bastato accennare con il suo tratto fine ad un volto dagli occhi allungati per riaprire un varco serrato da po’ di tempo. Ma immaginava fosse soprattutto l’aria della primavera a risvegliare quella nostalgia.

All’improvviso si accorse che le mancava troppo quel sole, nei millenni amato e venerato: facile, persino naturale crederlo un Dio. E il vento caldo e secco sulla pelle, che ti accarezza e pervade ogni poro di singolare benessere. Le mancava il té e il sapore lieve dello zucchero di canna. Il profumo pungente delle spezie, il calore delle persone, scevro della stramba complessità cui era abituata. Le mancava Jamil.

Jamil, che era stato la sua guida quando con gli altri ragazzi del corso di arte antica avevano intrapreso quel viaggio e che un giorno, mentre lei stava ritraendo un’effige di Ramses, l’aveva guardata con i suoi occhi neri, lucidi e pieni di ciglia.

Jamil che parlava correttamente cinque lingue, ma non aveva mai preso un aereo in vita sua.

Jamil che prima di incontrarla sognava di sposare Ava. Gli sarebbe bastato guadagnare il corrispettivo di 250 euro al mese per poterselo permettere, e grazie al turismo c’era quasi.

In qualche modo era stato felice Jamil prima di percorrere con Martina i mercati affollati. Prima di assaporare l’agrodolce di quel narghilè all’aroma di mela.

E aveva guardato il Nilo e le feluche al tramonto con occhi diversi. Con gli occhi da artista della sua compagna di viaggio. Quei tramonti sempre nuovi, sempre capaci di sospendere il tempo in un unico lungo respiro.

Gli occhi intensi dei bambini, spesso ridenti… ma non sempre. Lui li conosceva bene quegli occhi, perché erano stati anche i suoi. Ma non ne aveva colto la poesia fino al giorno in cui si era disperso con lei.

E allora aveva guardato commosso ai templi. Al colore del deserto. Ai templi del colore del deserto. Aveva tratto gioia persino dalle sciarpe di cotone colorato, e giudicato splendidi dei sandali in cuoio da pochi soldi.
I suoni, tanti e diversi, che solleticavano il loro umore. Chiusero gli occhi e furono lì, entrambi, a rigenerarsi.

Soprattutto Aswan: a Jamil e Martina mancava Aswan, più di ogni altro luogo.
La splendida Aswan, città gentile e amica che aveva concesso loro quell’unico bacio. O forse era stata la luna a comandarlo, mentre si specchiava immensa e capricciosa dentro al fiume sacro.

Jamil e Martina che ripercorrono insieme il viale delle Sfingi, e passeggiano per karnak fino a perdersi nella sua maestosità, e si stupiscono ancora una volta davanti ai colossi di Ramses, alle colonne imponenti e alla finezza della scrittura. Ancora e ancora.
Perché è calda e infinita la loro nostalgia.