Ognuno di noi ha una lista delle cose meno preferite. Quelle che preferiresti non ascoltare, non vedere, non degustare, non esperire, non pensare.
Io aggiorno la mia lista, finora segreta ed aggiornata al 2017, delle parole che in un discorso mi fanno immediatamente disattivare l’unica Sinapsi (Olga, la chiamo per nome, ci incontriamo quasi tutti i giorni) sopravvissuta alla senescemenza che trasporto con disonore. L’algoritmo è semplice: alla prima occorrenza della parola in questione il mio umore può variare dal sorriso amaro all’amaro livore (non è un digestivo).
Egregio lettore (forma neutra, vale per bipedi maschili e femminili), hai tutto il diritto di pronunziare qualsivoglia parola contenuta nella lista, ma con l’avvertenza di non guardarmi troppo. Potrei tradirmi.
Riporto solo alcune perle, un microassaggio, il resto me lo tengo stretto, sono antipatico di mio e una lista allargata potrebbe procurami altri fan.

Singolarità” (nuovo hit del 2017)
Tipicamente” (originata e propagata a sproposito)
Piuttosto che” (disgiuntivo o meno, io lo evito)
Manàgement” (sempreverde da ormai 30 anni, è tenace anche fuori dall’industria)
Fulfillare“, “Provisionare“, “Deployare” (storpiature informatico-albioniche)
Ritengo che” (ma allora sei un vero manager)
Volevo condividere con te/voi” (padulo in arrivo)
Una soluzione Enterprise” (sei un appassionato di Star Trek?)

La lista è lunga. Credo si allungherà ancora, anche a causa mia, con i miei “come dire“.