Se la pazienza fosse una malattia penso di esserne affetta da quando ero piccola.
Ho un ricordo nitido di me all’età di quattro anni.
Primavera. Mia madre ha deciso di fare le grandi pulizie e non mi vuole tra i piedi. Mi prepara la colazione, mi lava, mi veste e intende spedirmi dalla nonna.
Probabilmente sono ancora assonnata, faccio qualche capriccio e allora per convincermi mi dice: «Ho da affidarti un compito importante. Importantissimo. Ho bisogno del tuo aiuto.»
Mi consegna una ciotola di plastica e un messaggio.
Il viaggio è breve, devo giusto andare quattro case più in là, lo sguardo vigile di mia madre e quello delle comari sedute fuori la porta a ricamare mi accompagnano a destinazione.
« Oh chi è venuta a trovarmi stamani?» dice mia nonna, fingendosi sorpresa.
« La mamma ha detto di darmi un po’ di tatte… di tattemento… da mettere nella pasta» le dico di un fiato eccitata per il ruolo di messaggera di cui sono stata investita.
«Di trattenimento? Ma certo, siediti lì che ora ti riempio la scodella.»
Mi siedo paziente su un panchetto non più alto di venti centimetri che il nonno ha costruito per me, e aspetto.
La nonna sta dipanando una matassa di lana, appena avrà trovato il capo filo lo avvolgerà al fuso e lo farà girare. Mi incanto a guardarla. Mentre le sue mani affusolate si muovono, mi racconta. Una storia via l’altra. Ogni tanto si alza, prende una piccola brocca di coccio e con garbo versa qualcosa di invisibile nel contenitore che tengo sulle ginocchia.
«Io non vedo niente», dico, guardando il fondo.
«Come non vedi niente? Guarda bene, lo vedi ora?»
Se la nonna dice che c’è qualcosa dev’essere per forza così. E a guardare bene mi pare di vederlo.
Intanto il tempo passa e io aspetto, fino a quando non sento pronunciare il mio nome.
«Devo andare, la mamma mi chiama», esclamo, ricordandomi all’improvviso perché sono lì.
«Fai attenzione a non perderne neanche una goccia», la sua voce allegra mi raggiunge quando ormai mi sono avviata verso casa, con le braccia tese a reggere come un ostensorio il mio prezioso contenuto.
La pazienza mi ha sempre ripagata in qualche modo e continuo a vedere l’invisibile.
Se mia nonna fosse viva, ma sono certa che lo sa, le direi che è mia premura far si che di quell’intrattenimento niente vada perduto.