“Ciao caro, buon anniversario, oggi sarebbe il cinquantesimo anno di matrimonio se tu fossi ancora qui. Manchi ormai da vent’anni, ma io non ti dimentico, come potrei…

Sai, ricordo come fosse ieri. Trent’anni vissuti insieme, sembra ieri. Ricordo il giorno in cui ti sei sentito male, avevi mal di stomaco e nausea, mi dicesti di prepararti un the leggero, poi ti addormentasti. Al risveglio ti sentivi un po’ meglio ma il giorno dopo i dolori tornarono più lancinanti. Il dottore disse che avevi una gastrite, raccomandò cibi leggeri e tanto riposo. Io non ti lasciavo mai da solo, ti assistevo come una premurosa infermiera, ti preparavo il the, minestre delicate, ma tu non miglioravi, anzi, non ti alzavi più dal letto, ti lamentavi e mi pregavi di restarti vicino. Un giorno il tuo cuore si mise a battere all’impazzata, gridavi :”Muoio, muoio!” Chiamai subito il dottore che ordinò un cardiogramma. Dissero che avevi un’aritmia, di non affaticarti e di riposare il più possibile. A quei tempi la medicina non era molto avanzata, se fosse successo pochi anni fa ti avrebbero salvato.

Sono qui, seduta al tavolo della nostra cucina, bevo un po’ di vino rosso, lo stesso vino che bevevamo insieme…
dopo che mi avevi picchiata selvaggiamente perché la cena non era pronta.

Come potevi sapere che nel tuo bicchiere c’erano piccole dosi di arsenico? Già! Ho iniziato così la mia vendetta, piano piano, le botte che mi davi erano più sopportabili vedendo che cominciavi a stare male. Non ti ho mai lasciato solo, è vero, come una moglie devota ti preparavo the e minestre regolarmente avvelenate. Ho assistito alla tua agonia e alla tua morte con intima soddisfazione.

Bene, ora sai tutto, buon cinquantesimo caro, bevo a te, bevo alla tua assenza.