Emanuela tutte le mattine si tirava giù dal letto prestissimo, scalza per non far rumore, silenziosamente raggiungeva il bagno.
Dopo essersi sistemata scendeva in cucina e si preparava un caffè. Alle cinque era già fuori, percorreva quella via con un illuminazione fatiscente per una decina di minuti raggiungendo la fermata del bus.

Emanuela lavorava nella classica impresa di pulizie in un ospedale, con turni massacranti e un misero stipendio, raggiungeva così tutte le mattine il posto di lavoro.
Quella mattina pioveva e una fitta nebbia oscurava anche il suo animo. Ma lei doveva proseguire sulla strada del campare. Ernesto suo marito era in disoccupazione da due anni.

A casa dormivano tranquillamente il marito e sua figlia Anna, una biondina di dieci anni gracile ed emarginata da un leggero deficit mentale acquisito da pochi anni. Era Ernesto che si occupava di Anna. Tutte le mattine l’accompagnava a scuola dove l’attendeva Mirella, la sua insegnante di sostegno che si occupava di lei in quelle ore.

Quella mattina Ernesto era domenica, si svegliò più tardi. Anna silenziosa era raggomitolata nel suo lettino, il babbo le andò vicino e cominciò a giocare con lei come al solito, improvvisamente Anna lo vide con i pantaloni abbassati «Papà cosa fai?»
«Zitta e non dire nulla alla mamma.» Il rituale si ripeteva tutte le mattine. Angosciata e stremata Anna ubbidiva.

Emanuela verso le due tornava a casa, stanca cominciava a trafficare per casa, incurante di ciò che succedeva tra quelle mura durante la sua assenza.

Passarono alcuni giorni, Anna era a scuola, improvvisamente incominciò ad urlare piegata su se stessa, la maestra Mirella corse verso di lei mentre Anna perdeva i sensi.
Arrivò l’ambulanza, quel corpicino esanime rianimato fu sistemato su di una barella. Mirella non avvertì Ernesto, tanto avrebbe trovato Emanuela al lavoro in quell’ospedale.

Anna in barella sparì dietro la porta del pronto soccorso, nel mentre Emanuela fu avvertita.Arrivò tutta sconvolta, solo dopo molto tempo i medici uscirono anche loro scioccati dai primi accertamenti.«Signora la sua bambina ha subito abusi .»
«Ora è sedata e ha bisogno di rimanere in osservazione.»
Nel mentre furono avvertite le forze dell’ordine per denunciare il tutto.

Emanuela quasi svenne, mentre Mirella cercava di tranquillizzarla. Intanto cominciò ad elaborare l’accaduto e capì solo allora la ragione della mente malaticcia di Anna. Il colpevole poteva essere solo suo marito Ernesto, l’unico oltre Mirella che gli era sempre vicino.

Mirella accompagnò Emanuela a casa dicendogli «Non dire nulla ad Ernesto, digli solo che Anna dopo la scuola la porto a casa io.» «Fra poco verranno a prenderlo i carabinieri.» Si salutarono ed Emanuela rientrò in casa.

In preda ad una fredda ira diabolica, quella di chi è stato tradito nel peggiore dei modi, silenziosamente sul mobile dell’ingresso prese la statuina di ottone, camminò con passi ovattati. Da dietro colpì ripetutamente la testa di Ernesto che era comodamente seduto in poltrona davanti la tv.

La testa reclinata in avanti, il sangue colava copioso sul viso, fin sulle ginocchia di Ernesto. Emanuela seduta sul pavimento con le mani tremanti e scarlatte si tappava le orecchie mentre un suono di sirene si faceva sempre più vicino.