Dedicata a te e alle nostre belle passeggiate sulla riva del mare. Sotto il sole di Luglio e Agosto, sugli scogli lungo la strada ci fermavamo e inventavamo fiabe che iniziavano sempre così: -Mamma racconti una storia? – .
-Su cosa la vogliamo inventare oggi?-
– Sul mare!-
-Allora ti racconterò la storia della Signora del mare!-
La signora del mare
L’ondeggiare cantilenante delle onde che placide si stiracchiano sulla riva disegnando montagne evanescenti. Il vento dolce che accarezza e trasporta l’odore della salsedine. I passi sulla sabbia con i pantaloni arrotolati in inverno. I piedi scalzi che affondano e le scarpe in una mano. Sulla sabbia il resto di una tempesta: un grande tronco levigato dal gran navigare. Naufrago solitario che ha trovato riposo su quella riva diviene una panchina con vista sull’infinito.
Seduta lì con lo sguardo perso in quell’altrove senza fine gli occhi si perdono ed i pensieri traghettano trasportati via dal vento: pensieri grandi, piccoli, leggeri, pesanti, belli, brutti. Fluttuando invisibili allo sguardo si librano nell’aria creando lunghi fili bianchi. Alcuni di essi brillano come oro: sono i desideri. Non si perdono nel tempo come molti credono, ma cadono tra i flutti ed il mare piano piano li trasporta leggeri verso quella casa di corallo, al centro di tutti gli oceani della Terra. Un’anziana signora con il viso solcato dalle rughe del tempo e con lo sguardo sereno li raccoglie nella sua lunghissima treccia. Davanti l’uscio di casa la donnapassa le giornate a pettinare questi spiriti fatti di aria e pian piano li lega nella sua capigliatura raccolta di lato. Lunga come una strada che si perde tra le montagne, le foreste e le vallate sottomarine. Una corda spessa e bianca che brilla di tanto in tanto, perché in essa i desideri sfavillano di speranza viva. Nella giornate più tempestose, quando il vento gonfia le onde e le infrange sulle scogliere, la dolce signora li libera. Essi si affidano alle correnti e trovandosi in superficie si affidano alleonde rotte sugli scogli. Frantumandosi sulle pareti bitorzolute delle scogliere, essi si districano e si realizzano irradiando gioia nell’universo. E tutto splende. Va avanti così da che l’uomo ha memoria, senza un inizio e forse senza una fine.
Allora mi fermavo. Tu allora un giorno mi hai domandato con occhi brillanti: – E poi?-
Io allora ti ho chiesto come volevi proseguire e tu mi hai detto:- Ci mettiamo una strega che ruba la treccia?-
E tu con l’impazienza dell’infanzia mi esortavi a proseguire :– Ma dai leggi!-
Per te è come se parlando leggessi da un libro invisibile dal quale prendono vita personaggi, luoghi e magie. E’ la bellezza della fantasia.
E così continuai inventando.
Purtroppo nel tempo l’invidia, la vanità e la superficialità avevano dato vita ad una strega che si aggirava vestita di nero tra i fondali. Il suo grande castello, sperduto nelle profondità inesplorate della fossa delle Marianne non brillava, ma si mescolava al buio più oscuro. Come uno spettro si aggirava per i mari sghignazzando. La sua lunga chioma era piena di pensieri superficiali di beltà. Erano neri, viola e oscuri, ma libravano nelle correnti con una morbidezza ipnotica. Le sue vesti ondeggiavano mentre essa, la strega invidiosa, vagava per raccogliere appena sopra la superficie questi desideri. Era effettivamente bellissima, ma la sua assenza di luce la rendeva nera, scura. Un giorno vide brillare un filo tra le correnti e attirata dal bagliore lo seguì fino ad arrivare alla casa di corallo della signora del mare. Rimase incantata dalla treccia infinita che si perdeva nella vastità degli oceani, ma non ebbe la fortuna di percepirne la profonda forza. Era piuttosto attratta dai lampi di luce intrecciati nei capelli di quell’anziana donna senza età. Si sfregò le mani pensando ai bellissimi fermagli che avrebbe potuto creare per se stessa. Brillanti, luminosi e stupendi come lei.
Si avvicinò e con fare delicato si sedette accanto alla signora che seguitò ad intrecciare serena e davvero felice.
La signora semplicemente scosse il viso incurvando verso l’alto le labbra rugose.
La signora sembrò non sentirla e continuò leggera a intessere.
La signora del mare scosse la testa di nuovo con grande rammarico della strega. Non demorse, ma tentò di nuovo:
Così da sotto il vestito prese una bottiglia e la stappò incurante. Nello stesso modo la versò in due tazze e ne porse una alla donna. Niente, solo un no leggero con il viso. Innervosita prese le tazze e gliele lanciò in pieno volto. Il sonnifero che si trovava nel liquido giunse alle labbra della signora e filtrò. Nulla potè per evitarlo, ma ne bevve una certa quantità. Non molta a dire il vero, ma abbastanza per farla addormentare quasi all’istante. A quel punto la strega sfoderò delle grandi forbici e con un unico movimento recise la lunga treccia alla base. Volò via tra le correnti e svanì nel buio delle profondità dei mari ridendo soddisfatta del suo misfatto.
Mi fermai nuovamente, ma nei tuoi occhi vedevo la curiosità e infatti ad un certo punto mi hai chiesto: – E che ci fa con la treccia quella stregaccia?-
Nel suo castello oscuro, la strega sfilò ogni pensiero raccogliendo tutti i desideri in un grande gomitolo brillante. Contenta prese la macchina da cucire ed iniziò a creare fermagli sfarzosi e luminosi. Uno sfavillio di bellezza in poco riempì i suoi lunghi capelli. Cucì anche dei ghirigori luminosi tra le pieghe dei suoi abiti. Soddisfatta rideva senza tregua inconsapevole, ma soprattutto disinteressata al guaio che aveva creato col suo agire scellerato.
Ci hai pensato un po’ in silenzio. Alla fine mi hai chiesto: – E che successe?-
Sulla Terra vennero tempi oscuri, perché nessuno raccoglieva alcun pensiero o desiderio. Gli spiriti del cuore vagavano perduti nel vento senza pace e gli animi non si rasserenavano. Le persone non sembravano più aver tempo per passeggiare sulla riva del mare né tantomeno di fermarsi a rimirare le onde ed i tramonti. Correvano senza sosta e senza fiato tristi e appesantiti. La signora del mare dormiva e non poteva raccogliere alcun pensiero per legarlo nella sua treccia.
Per lungo tempo nulla cambiò, ma un giorno il pensiero felice di un vecchio cavaliere che era molto affezionato a quella donna solitaria passò nei pressi della sua casa. Lo faceva ogni tanto per ristorare la sua anima dopo il lungo vagare. Quando si trovò davanti quella scena una profonda tristezza lo invase e si affrettò a cercare in qualche maniera di ridestare la sua amica addormentata. Le pettinò i pochi capelli rimasti e le carezzò il volto raccontandole delle sue ultime esplorazioni. Lui, il cavalier Leggero, infatti vagava per i sette mari con il compito di aiutare i ricordi perduti. Li ascoltava e ritrovata la serenità essi riuscivano a proseguire il loro personale cammino. Quando il suo continuo girovagare lo riportava nel profondo del mare, Leggero andava a trovare la sua anziana amica e le raccontava le sue avventure. Lei non parlava, ma rispondeva con gli occhi luminosi, senza mai smettere di intessere. A volte disegnava sulle alghe una mappa per indicare la presenza di un ricordo intrappolato e allora il cavalier Leggero partiva per poterlo liberare. Quel giorno doveva aiutare proprio lei: la signora del mare. Con pazienza continuò a passare il pettine nei capelli e a parlare. Ad un tratto essa riaprì i grandi occhi e respirò. Preoccupata prese un sasso ai suoi piedi e intagliò in un’alga la mappa di un luogo oscuro. Un luogo che si trovava nelle profondità della fossa delle Marianne.
Il Cavalier Leggero, proprio come il suo nome, senza pensarci fluttuò via accompagnato dalle correnti marine in quella direzione.
Non fermò mai il suo incedere e giunse in poco presso il grande pozzo che spaccava a metà le profondità del mare. Un buco senza apparente fondo. Nero e privo di luce.
Ho assentito con la testa evitando di rivelargli che a volte invece, alcuni luoghi spaventosi sono patinati e profumati. Lì i veri cattivi muovono pedine su un tavolo bevendo e conversando.
Il cavalier Leggero rimase sul bordo alcuni istanti e poi iniziò la discesa infinita nell’oscurità. Il suo cuore coraggioso e buono irradiava ovunque una forte luce che lo accompagnò fino al fondo. Appena finita la discesa si trovò davanti un grande palazzo di roccia nera illuminato solamente dalla luce rilasciata dalla lava, che incessante fuoriusciva da alcuni crateri sparsi intorno. Dalle finestre rocciose si intravedevano dei bagliori e l’aria era piena di una risata inquietante. Il cavalier Leggero avanzò verso l’apertura che fungeva da porta e senza fermarsi la varcò seguendo quella risata assordante che echeggiava rimbalzando ovunque.
Nella stanza centrale della sua casa la strega rideva ebbra volteggiando di fronte a tutti gli specchi che riempivano le pareti. Fu attraverso il riflesso che uno di essi le rimandò indietro che incontrò lo sguardo del Cavalier Leggero.
Lei gonfiò gli abiti riempiendo l’aria di turbini e urlando rispose:
Il cavaliere aveva già incontrato ricordi così risoluti e nervosi e non si fece spaventare neanche quando essa assunse un aspetto mostruoso. Rimase calmo in mezzo alla tempesta. Si sedette e basta.
Lui tacque nuovamente e ciò provocò nella strega un nuovo turbinio di rabbia che la trasformò ancora di più in un essere spaventoso. Gli abiti che rilucevano di luce fluttuavano nell’acqua trasportati violentemente dall’enorme mulinello che si stava creando sotto di lei. Per tutta risposta il cavaliere si alzò e iniziò a girare per la stanza osservando il mobilio, i quadri e le suppellettili che arredavano quella stanza. Mentre camminava prese a parlare con calma: – E’ bello il modo in cui hai sistemato il tuo castello! Tutte cose davvero belle. Ecco, per esempio questo da dove arriva? – chiese infine prendendo fra le mani un animaletto intagliato nell’ambra. La strega sgranò gli occhi urlando di lasciare le sue cose, ma il cavaliere proseguì toccando tutto e spostando e facendo continue domande incurante delle proteste. Infine arrivò ad una teca chiusa dove era custodita una piccola scatola. Senza fermarsi aprì lo sportello e prese tra le mani anche quell’oggetto. Carezzando la superficie bombata il cavalier Leggero chiese: – E questa? Davvero originale! Cosa contiene?- e fece scattare il piccolo dente che la serrava. La strega a quel punto si fiondò su di lui riempiendo l’aria di un “NOOOOOOOOOOOOOOOOOO” che rimbalzò ovunque. L’afferrò strappandola dalle mani del cavaliere e la portò al cuore, almeno vicino a dove doveva essere un tempo. Rimase così per diversi istanti stringendo quell’oggetto come se fosse un neonato. Alla fine la strega disse: – Questa è preziosa. Fu il primo ornamento che comprai per far brillare ancora di più la mia incredibile bellezza!-
Lui sorrise lievemente e disse: – Io osservo tanta tristezza oltre. –
La strega stordita da quella risposta prese quasi a balbettare. Era frastornata. Non capiva perché quell’essere non rimanesse abbagliato da tanta luminescenza, da tanta incredibile beltà.
La strega di fronte a ciò sgranò gli occhi e scuotendo la testa se ne andò di nuovo davanti ad uno specchio. Rimirava la sua immagine dopo aver indossato quegli orecchini. Sorrideva contenta. Ad un tratto venne distratta dallo scattare di una serratura. Si voltò nel momento in cui il cavaliere spingeva una porta e l’apriva.
Lui rimase sull’uscio spalancato immobile, lasciando intravedere ciò che c’era dall’altra parte: la via di un villaggio, una casa colorata tra tante altre, gente che camminava e una donna che davvero splendeva di immensa bellezza.
La strega non potè fare a meno di vedere e quella scena attirò alla fine la sua attenzione a tal punto da costringerla ad affacciarsi sull’uscio. Non lo varcò. Rimase li.
Quella donna trattava male tutti e si approfittava di chiunque grazie alla sua avvenenza. Nel tempo era rimasta da sola con il suo specchio e nessun ninnolo aveva potuto restituirle la giovinezza e gli affetti perduti. La solitudine divenne buia e …
La strega, che nel frattempo si era mutata in una vecchia signora piena di rughe volse lo sguardo intorno e non vide nient’altro che il buio, quella porta aperta ed il cavaliere che la osservava.
La strega senza parlare iniziò a sfilare ogni pensiero dalle cuciture e liberò nei flutti ogni desiderio che aveva legato ai suoi capelli ed ai suoi abiti. Essi per magia si librarono e svanirono volando verso il capo di quel pozzo oscuro. Quando i suoi capelli non più luminosi e neanche più neri furono finalmente liberi la strega che ora era una vecchia signora rugosa fissò il cavalier leggero finalmente con occhi sereni e con incertezza prese a parlare:
Il cavaliere semplicemente le poggiò una mano sulla spalla e senza aggiungere parola le fece un cenno di assenso indicandole il villaggio oltre la porta.
Lei non proferì ulteriore verbo e fece un passo. In strada, in quel villaggio si ritrovò giovane e bella, ma anche gentile. Era iniziata per lei una nuova opportunità. Il suo sguardo era mutato e tutto sarebbe andato diversamente.
Improvvisamente hai detto:- Mamma ancora!-
Mio dolce Giovanni ti auguro il tempo per ascoltare le onde del mare, per pensare e inventare nuove avventure. Nuove storie piene di fantasia. Essa può rallegrare gli animi e colorare il mondo di bellezza. Alle nostre meravigliose passeggiate sulla riva del mare e a tutte quelle che ci aspettano. Alle storie che ancora dobbiamo inventare ed ai personaggi che inventeremo insieme. Auguri di buon compleanno.
La tua mamma Cantastorie con tutto l’amore infinito. 31 agosto 2021
Giorgiana Moruzzi
p.s… esistono anche altri finali a questa storia e anche altri percorsi e avventure. In uno di questi la strega compatte con il cavaliere con delle spade luminescenti e lei muore. In un’altra lei scappa perché il cavaliere le fa una smorfia orribile e per correre perde la treccia. Una delle versioni prevede una specie di caccia al tesoro per i sette mari. Io ho solo cucito insieme una delle versioni. Una delle nostre storie. Ci sono anche quelle dei folletti del bosco, ma questa è un’altra storia.