Non riesco proprio a dormire stanotte, il caldo è soffocante, ho il ventilatore acceso che mi dà un po’ di refrigerio anche se smuove solo l’aria calda della camera. Niente da fare, scendo dal letto, scosto le tende e spalanco la finestra, non si muove una foglia, l’aria è immota, stagnante. Mi siedo davanti alla finestra, indosso solo  canotta e mutandine meglio stare seduta. La visuale non è un gran che, di fronte a me una palazzina, tante finestre, quasi tutte accese, alcune con luce azzurra soffusa, stanno guardando la tv di sicuro, tutte hanno le tendine chiuse, non si vede anima viva. Penso che non sono la sola a soffrire d’insonnia, un po’ mi consolo. Ma ecco che una porta finestra, prima spenta, s’illumina di una luce bianca, una figura femminile appare, apre la finestra e resta lì a guardare chissà cosa, non c’è niente di particolare da vedere, solo il buio della notte, evidentemente spera in un refolo di vento come me del resto. Non riesco a scorgere i suoi lineamenti  vedo solo una figuretta esile con le mani appoggiate alla piccola ringhiera, così, per distrarmi dal caldo opprimente, cerco di immaginare chi sia quella donna. Potrebbe essere una ragazzina che pensa al suo fidanzatino, un amore sbocciato da poco sui banchi di scuola, oppure una ragazza delusa in amore che guarda nel vuoto sconsolata, o chissà, potrebbe essere una moglie in attesa del marito che torna sempre a casa tardi, magari ubriaco. Mi domando se anche lei mi abbia vista qui seduta alla finestra, allora provo a farle un saluto con la mano ma non mi risponde, allora continuo con le mie fantasie.  Potrebbe anche essere una donna angosciata, addolorata da una grave perdita, magari sta anche piangendo… La curiosità comincia a impossessarsi di me, ora non posso fare niente ma domani proverò a chiedere di lei a qualcuno del caseggiato. L’esile figuretta si allontana dalla porta finestra, la chiude e scompare alla mia vista. Io faccio altrettanto, ormai non c’è più niente che mi interessi. Torno a letto e cerco di dormire.

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Il giorno dopo decido di informarmi su quella donna, faccio in modo di incontrarmi “casualmente” con la pettegola del palazzo e riesco abilmente, dopo qualche convenevolo, a indirizzare il discorso su di lei.
“Ieri sera non riuscivo a dormire, mi sono affacciata alla finestra e ho visto una ragazza magrolina anch’essa affacciata proprio di fronte a me, qui in questo palazzo, non l’ho mai vista prima, almeno mi pare”.
“Ah, ho capito – risponde la pettegola – ma quella non è una ragazza!”
“No?”
“No no, è la madre del padrone dell’appartamento, è una dolce vecchina esile e malaticcia, proprio stamattina l’hanno portata in una casa di cura”.
“Oh, una vecchina? Ma come mai una casa di cura? Non è autosufficiente?”
“Eh no, oltre ai vari malanni, negli ultimi tempi ha perso anche la vista, ha bisogno di assistenza continua”.
Saluto la pettegola e torno a casa col pianto in gola; ecco perché la donna non ha risposto al mio saluto, non poteva vedermi. Ripenso alle mie fantasie notturne attorno a quella figura della finestra di fronte, mai avrei immaginato una così triste realtà.