Con la sua punto rossa si insinua nel traffico. Lo lascio passare che tanto ha l’espressione da “io sono un caterpillar”… prima o poi troverà pane per i suo denti – penso – sperando che accada chilometri di distanza da me. E invece tampona un secondo dopo un furgone bianco con stile di guida affine.
Rassegnazione o esasperazione? Quali dei due inutili atteggiamenti indossare davanti al fatto compiuto di trovarmi bloccata nel traffico a causa dei due “bip!” di cui sopra è il mio unico istinto. Quel “bip!” mi suggerisce la risposta. E invece no!
Un momento! C’è un sacco di spazio a sinistra, si passa…
I due scendono e il kamikazè della punto rossa lascia lo sportello aperto come una vela che deve prendere tutto il vento in poppa. In pratica va a litigare con l’altro (sua inconsapevole anima gemella) e blocca tutti.

Apro il finestrino… “sì, ma chiudi lo sportello…” dico a voce abbastanza alta perché possa sentirmi. Niente. Fa finta di niente.
Il piede sull’acceleratore inizia a tremare in modo compulsivo, guardo lo sportello davanti a me, imposto la più inquietante delle espressioni da Joker e…

… Così ha avuto inizio il mio giorno di ordinaria follia

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°incipit°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

Faccia da joker di Graziella Dimilito

“Ehi! Lo chiudi o no questo sportello!”  – ripeto, sicura che la mia faccia da Joker lo avrebbe impressionato. Lui si gira e mi guarda, è un tipo mingherlino, niente di che, ma i suoi occhi…
Hanno dentro tutta la cattiveria del mondo! Lentamente si incammina verso di me e la mia faccia da Joker si trasforma immediatamente in quella di Kitty, la dolce innocente gattina. Il frastuono dei clacson degli  automobilisti bloccati in  coda  mi rimbomba nelle orecchie.
“Cos’hai detto?” – dice lui fissandomi negli occhi.
“Ni… Niente, niente” – balbetto tremando.
Mi afferra la gola con una mano:
“Molto bene” – sibila digrignando i denti. Lascia la mia gola e torna alla sua Punto rossa e mentre l’autista del furgone ancora sbraita moccoli a tutto andare, il mingherlino apre anche lo sportello di dietro facendo uscire due tipacci armati di pistole e mitra. Uno di loro punta la pistola contro l’uomo del furgone che smette subito di gridare e alza le mani spaventato.  L’altro spara una raffica di mitra in aria. Tutti e tre sghignazzano senza ritegno.  Immediatamente smettono di suonare anche i clacson.

Ora ho una paura folle, vedo passarmi davanti agli occhi tutte le cose e le persone a me care, penso che potrei non vederli mai più, è una sensazione spaventosa. Non so perché in quel momento, terrorizzata e incredula, mi viene in mente Bill, il mio compagno di classe di tanti anni fa, il bullo della scuola. Mi punta una pistola in faccia e mi dice:
“Dammi la tua merenda!”
Io faccio no con la testa e lui mi spara… mi ritrovo con la faccia tutta bagnata dallo schizzo d’acqua della pistola giocattolo. E lui se ne va sghignazzando, felice di avermi fatto paura.

 

Intanto i tre delinquenti si avvicinano al furgone minacciosi.
Giro la testa di lato e incrocio lo sguardo dell’automobilista di fianco. Mi fa segno di abbassare il finestrino e di non parlare. Io eseguo. Mi indica col pollice i sedili di dietro della sua auto e mormora:
> Mia moglie sta chiamando la polizia, è lì dietro sdraiata”. <
Faccio sì con la testa e richiudo il finestrino.
Vedo l’autista del furgone aprire lo sportellone posteriore, gli scagnozzi del “mingherlino” scaricano alcuni pacchetti e li portano nella punto rossa. Droga? Soldi? Chissà! Sparano ancora raffiche di mitra in aria, il mingherlino si volta e mi guarda per alcuni interminabili istanti.
“Il terrore mi paralizza, avrà visto che guardavo il mio vicino di auto? Sento ancora le sue dita intorno al collo, mi sento soffocare al ricordo. Oh per fortuna si è girato verso i suoi compari.” Salgono tutti e tre in macchina e si fanno largo urtando le altre auto cercando di aprirsi un varco.
In quel momento il rumore  dell’elicottero della polizia fa tirare un sospiro di sollievo. Brava signora sconosciuta, ce l’hai fatta a chiamarli.
I tre banditi escono dall’auto e puntano i mitra contro l’elicottero ma vengono colpiti e abbattuti. Si accasciano a terra come fantocci. Mi volto felice verso il mio vicino ma vedo che è abbracciato stretto alla moglie, allora prendo il cellulare e chiamo mio marito Frank. Ho bisogno di sentire la sua voce:
<Sandy amore! Ero preoccupato da morire!>
<Frank!>  Scoppio a piangere, devo sfogare tutta la tensione accumulata.
<Amore come stai? Non sei ferita vero? Devo venire lì?>
<No, no sto bene – mi asciugo le lacrime –  scusami sono ancora agitata. Li hanno presi tutti, adesso la polizia ci farà strada, ti richiamo appena posso. Voglio tornare a casa, mi manchi tanto.>

Finalmente è tutto finito, sono a casa mia fra le braccia del mio Frank!
Ho saputo dopo, leggendo i giornali, che non li avevano uccisi i banditi,  solo addormentati con proiettili narcotici. Spero che marciscano in galera.

Sono tornata alla mia solita vita, tutto mi sembra più bello, importante, degno di essere vissuto. Devo dire che questa terribile esperienza mi ha fatto apprezzare le piccole gioie della vita. Una cosa ancora però desidero tanto fare… Incontrare il mio provvidenziale automobilista e la sua signora, che aveva chiamato la polizia. Ci eravamo solo stretti la mano e presentati velocemente una volta usciti da quell’ingorgo, la moglie era rimasta in macchina, era troppo sconvolta.

Ho deciso, ci vado stamattina, si ricorderà sicuramente di me, non lo dico a mio marito, gli farò una sorpresa presentandogli i miei nuovi amici. Ricordo il suo nome Fred Barty, ho trovato l’indirizzo, forse dovrei telefonare prima… ma no, adoro fare le sorprese.

Driiiin!

Mi apre proprio lui: <Fred!>
Mi guarda stupito: < Sono Sandy, ricordi?>
<Chi? Mi scusi, ci conosciamo?>
Resto basita, non è passato tanto tempo da allora, possibile che non mi riconosca?
<Chi è caro?>
Una donna si affaccia alla porta sorridendo, gli mette una mano sulla spalla.
<Buongiorno, sono Sandy, ero anch’io coinvolta nella rapina sull’autostrada…>
<Ah certo – risponde con enfasi – piacere di conoscerla, sono Linda. Che paura ho avuto quel giorno, ero così agitata, e pensare che dovevo andare con lui in macchina, all’ultimo momento ho rinunciato perché avevo mal di testa. Quindi lei era lì? Venga dentro, mi racconti tutto.>

Oh mio Dio, non era lei quella sdraiata nei sedili dietro? Hai capito Fred? Ecco perché la donna era sdraiata, ecco perché lui finge di non conoscermi, che stronzo! Lo guardo un attimo con la faccia da Joker, lui sta tremando, ha una paura folle che spifferi tutto.
<No grazie Lena – rispondo –  volevo solo salutarvi e vedere se state bene. Arrivederci.>
Me ne torno a casa incazzata nera, meno male che non ho detto niente a Frank, almeno non devo dare spiegazioni. Ma sì, in fondo chissenefrega.