Anselmo giace nel letto da molti anni ormai, la malattia degenerativa che lo ha colpito è in fase terminale, e lui può comunicare soltanto con lo sguardo.
Uno sguardo rassegnato, che fa dire a chi lo va a trovare:
“Poverino, quanto sta soffrendo, certo che, per vivere così, sarebbe meglio che il Signore lo prendesse con sè in Paradiso”.
Se avessero potuto leggere nella mente di Anselmo!
– Maledetti! Venite qui a vedere quanto soffro, a compatirmi, ma io lo so cosa pensate: Meno male che non è toccato a me! –
Quando vi vedo parlare, muovervi con agilità, gesticolare, ridere, io vi odio… sì vi odio e vi invidio, perché io sono solo una larva, e voi non potete immaginare la vergogna che provo nel dover essere lavato, vestito, imboccato. La disperazione di non poter dire nulla, neppure che mi fa prurito il naso. Ah! Come è facile essere buoni quando si è sani! Ma perché è toccato proprio a me, vorrei che provaste voi, anche un solo giorno a vivere così, vorrei vedere la vostra bontà dove andrebbe a finire>

Questi erano i pensieri che tormentavano la mente di Anselmo da molto tempo. Ora però, il tempo del dolore sta per finire, lo ha deciso lui. Mentre aspetta che il medico gli somministri la “dolce morte” si accorge di non odiare più nessuno, si sente in pace con se stesso, forse anche con Dio.
– Sono certo che lui capirà – pensa.
Ecco il dottore, pochi minuti e non c’è più dolore, né vergogna, né odio… solo pace.