Le senti? Le senti le luci del porto danzare sulla superficie scura delle onde? E il garrito del gabbiano Johnatan che riempie l’aria, lo senti?

Smettila di provare a baciarmi, ti sto parlando. Guarda lì. C’è un caleidoscopio di vicoli stretti, di case che contengono vite, a migliaia, sotto questo cielo notturno.

Ma a te importa solo di noi due, mi dici. È che mi sembra impossibile che non conti nulla per te questo odore di minestra calda. Buono. Mamma che buono… secondo me proviene da quella finestra accesa di luce lilla, quella di fronte al pianto del neonato, quella che affianca la calma dell’operaio, stremato, davanti alla televisione accesa.

Quindi vuoi baciarmi, ma non ti interessa quello che vedo, è così?

Eppure, in uno dei vicoli più stretti, i muri di mattoni si alzavano su entrambi i lati, tanto che sembrano sfiorarsi l’un l’altro sopra la testa di quel ragazzo. Riesco a scorgerne appena la sagoma, ma sono quasi certa che sia un turista anche lui, come noi.
Sotto i suoi piedi il suolo è accidentato, sembra scivoloso, guardalo, cammina calpestando la luna, o meglio, il suo riflesso. Che buffo, si muove come con le scarpe bagnate. Inzuppate, ecco sì, inzuppate nel tentativo di attraversare un ruscello. E poi imbocca la porta che spara luci al neon. Ma no, perché proprio quella?

Perché mi interessa tanto? Perché non ti bacio, chiedi.

Il fatto è che io non sarei mai entrata lì, e tu? No no, io avrei scelto quella piccola taverna di fronte, quella con l’insegna che pare disegnata da Henri de Toulouse-Lautrec. È lei che illumina l’angolo del vicolo di luce dorata, mentre accoglie un gruppo di uomini con vestiti da lavoro, che ci chiacchierano dentro sorseggiando birra.

Birra… oddio, ma quanto è bello, quanto, il venerdì sera in questa città di mare? Prendiamone una anche noi, vuoi? Beviamo una chiara fresca… ci abbinerei bruschette al sapore di pesce, e i tuoi racconti, sì, raccontami cosa è che vedi tu, cosa ci trovi tu in questa città. E non dire i miei occhi, non dire la luce che ci ride dentro. E non dire le mie labbra, non dire che sanno di mille e una notte, e di luoghi mai visti e di misteri mai svelati. E non dire i miei capelli, che è il primo complimento che mi hai fatto, oltre venti anni fa… e già mi amavi, dici, e ancora, e ancora e per sempre. Baciami va, la birra può aspettare.