Viveva in un caleidoscopio.
Non proprio peró.

Perché era in disequilibrio e senza auspicabili, inopinabili simmetrie. Quelle che in un caleidoscopio sarebbero tornate, inevitabili, nonostante i giri di ruota.
Lì, invece, non sussisteva alcun punto fermo. Ora che ci penso, é anche difficile indovinare se si trattasse del mondo fuori di lei, o di quello che in lei avesse trovato albergo.
Impossibile districarsi in futuristiche previsioni, senza che, subito, le stesse, non assumessero i connotati della fantascienza.
Così tutto era mutevole: capitava che un giorno lei si adagiasse in un angolo verde smeraldo, dove cadere addormentata, e che poi, una volta ripreso il cammino, si trovasse ad evitare strani incontri all’altezza della lunga striscia arancione di mezzo, e infine, come niente fosse, si facesse frullare in mille peripezie di spirali magenta. Che, stenterete a credermi, venivano colte in flagrante, intente a masticare di tutto: dalle crude credenze lilla, alle purpuree ricrudescenze, e persino ogni traccia di ambrata evanescenza.
Altre volte invece, pur conservando le precedenti intenzioni e direzioni, si trovava a surfare d’improvviso sopra un mare di rombi turchesi, in planata, parallela, all’alternativo semicerchio, alternato, d’onde viola. E rosse. E viola…

Viveva in un caleidoscopio, dicevo.
Non proprio peró.