Avete mai bisticciato con il vento? Io sì!
Lavoro come dirigente federale in una federazione sportiva presso il Coni, mi occupo di pallavolo e spesso devo partecipare a manifestazioni varie come tornei, finali e altro.
Fa parte dei miei molteplici compiti.
Quella domenica ero appunto impegnata in una di queste manifestazioni e dovevo recarmi in una località, che dista una quarantina di chilometri da casa, per assistere alle finali territoriali di categoria maschili e femminili.
Nel primo pomeriggio, uscii da casa, salii in auto e partii.
Era una splendida giornata di sole, limpida ma ventosa, come capita spesso in Liguria.
Alla fine di maggio, spesso, il tempo è ancora instabile; giornate soleggiate e ventose sono la normalità, sono forse fastidiose per chi non è abituato.
Mi avviai al casello autostradale e mi apprestai ad affrontare il viaggio.
L’autostrada era quasi deserta e prevedevo un viaggio tranquillo, veloce e senza stress.
Cartelli luminosi, posti lungo il percorso, segnalavano:
«Attenzione, guidare con prudenza, raffiche di vento pericolose su tutto il percorso».
Non mi preoccupai più di tanto e, mentre viaggiavo, pensai:
«Siamo nella normalità, come sono tragici questi cartelli!».
Accesi la radio e ascoltai musica, rilassata ma attenta.
Osservavo il paesaggio che mi circondava quasi con stupore, anche se in questa terra ci sono nata e godo da sempre di queste meraviglie.
La bellezza che mi circondava mi donava un senso di beatitudine e osservavo con amore il paesaggio ricco di colline verdeggianti che si tuffavano nel mare azzurro.
Mare e colline si fondevano insieme lasciando intravedere graziosi e antichi paesini che sembravano appoggiati sui fianchi delle colline come affascinanti presepi.
I gabbiani popolavano il cielo e planavano lentamente sul mare che, spumeggiante e rumoroso, s’infrangeva sugli scogli sottostanti.
«Che spettacolo!»
«Amo questa terra e non la cambierei con nessun’altra al mondo!» commentai felice.
Il viaggio fu tranquillo, nonostante qualche raffica di vento che faceva sbandare leggermente l’auto.
Ero arrivata a destinazione e mi avvicinai all’uscita del casello, tirai fuori il portafogli dalla borsa, accostai l’auto alla macchinetta mangia soldi, come la definisco sempre, introdussi il biglietto e attesi.
Sul display comparve la scritta: cinque euro e dieci centesimi.
«Alla faccia», pensai, «sempre più cara quest’autostrada; se andiamo avanti così, per transitare sarà necessario fare un mutuo».
A parte il mio commento critico sul fatto che viaggiare oggigiorno sia costoso, che sia risaputo che questo tratto autostradale sia anche uno dei più cari d’Italia, estrassi dal portafogli una banconota da cinque euro e una moneta da dieci centesimi.
Mentre stavo introducendo il denaro nella fessura, arrivò un secco e improvviso colpo di vento che mi strappò letteralmente la banconota di mano.
Rimasi immobile, allibita!
«Se non è sfortuna questa!», esclamai mentre la osservavo svolazzare come una farfalla e dirigersi dalla parte opposta al senso di marcia per poi planare tra due colonnine.
«Accidenti! Adesso ci si mette pure il vento!» e aggiunsi rivolta alla banconota:
«Non ti muovere da lì, adesso ti vengo a prendere».
Non fu un’impresa facile perché c’era poco spazio per uscire, come costatai costernata.
Per fortuna non c’erano altre auto in arrivo e mi misi a riflettere su come risolvere il problema:
«Calma, non farti prendere dal panico», esclamai tenendo d’occhio la banconota che, a ogni colpo di vento, ondeggiava e sembrava volesse riprendere il volo.
«Una cosa è certa, non ho nessuna intenzione di lasciarti la banconota in omaggio», accusai il vento intanto da mantenere salda la fama di noi liguri.
Aprii la portiera, mi appiattii come una sogliola e, lentamente, mi accinsi a strisciare fuori dall’auto, come un serpente.
Mi avvicinai alla banconota instabile ma, un colpo di vento dispettoso mi scompigliò i capelli accecandomi e la fece di nuovo allontanare.
Riuscii infine ad agguantare la banconota, mentre la macchinetta maledetta continuava a blaterare perentoriamente:
«Non scendere dal veicolo, non scendere dal veicolo».
La ignorai.
La odiai.
La maledissi.
Mi appiattii di nuovo per rientrare nell’abitacolo e strisciai dentro l’auto sedendomi sul sedile con un sospiro rassegnato.
«Non voglio fare considerazioni sulle mie disavventure quotidiane, magari, quando avrò un po’ di tempo, potrei scriverci un libro», so di aver pensato esasperata.
«Ce l’ho fatta, alla faccia tua», dichiarai invece compiaciuta rivolgendo uno sguardo di sfida alla petulante macchinetta.
Mi guardai nello specchietto con occhio critico, mi ricomposi i capelli in disordine, tolsi una leggera sbavatura di trucco a un occhio, introdussi i soldi con successo e ripartii ma, al suono:
«Arrivederci e grazie, fate buon viaggio», non riuscii a trattenermi dall’esclamare, in modo seccato:
«Lo spero bene, a parte tu e il vento, contro chi o che cosa dovrò ancora lottare oggi?».
Se qualcuno osasse affermare che la sua vita è una noia mortale, vi prego di farmelo conoscere perché avrei voglia d’incontrarlo per chiarire alcune cosette.
A me non capita mai, sono costretta a lottare ogni giorno contro le cose più banali!
Credo di stare attraversando una situazione astrale particolarmente ostile e di avere tutti i pianeti contrari ma, se credessi a queste cose, avrei già consultato da tempo un astrologo.