Albert Farrell non era superstizioso, non credeva ai fantasmi, non partecipava a sedute spiritiche, anzi, non perdeva occasione per farsi beffe di chi si affidava a maghi e fattucchiere.
Un giorno, trascinato a forza dagli amici, entrò nel piccolo teatro del paese dove il Mago Ethron si sarebbe esibito predicendo il futuro ai partecipanti.
All’entrata campeggiava un enorme cartello:
IL MAGO ETHRON VI ASPETTA PER RIVELARVI L’IMPOSSIBILE!
Farrell, scoppiò in una fragorosa risata, dicendo ad alta voce:
«Che buffonata! Stasera mi voglio divertire!»
Le luci si abbassarono e lui, il Mago Ethron, fece la sua entrata con passo lento e solenne, avvolto in un grande mantello di seta blu e un cappello a cilindro.
Era un uomo affascinante, alto ed elegante, due occhi neri e penetranti, ben truccati per l’occasione.
Lo spettacolo iniziò con numeri di routine, apparizioni e sparizioni di colombe, il coniglio nel cilindro, numeri con le carte ecc.
Farrell si rivolse agli amici con aria annoiata: «Beh? Tutto qui il grande spettacolo del…»
Le parole gli morirono in gola, il Mago Ethron lo stava guardando fisso con un’espressione truce, Farrell sentì una strana inquietudine salirgli fino al petto.
Sempre fissandolo negli occhi, il Mago iniziò a parlare:
«Miei cari spettatori, stasera ho da proporvi qualcosa di incredibile. Ora mi ritirerò dietro quel paravento, chi lo vorrà potrà seguirmi ed io gli rivelerò… il giorno della sua morte!!!»
Un brusio si levò tra il pubblico, chi si scandalizzava, chi tremava di paura, chi invece voleva sapere.
Farrell avrebbe voluto ridere in faccia al Mago e dargli del cialtrone ma quegli occhi fissi su di lui lo paralizzavano.
Un uomo e una donna si avvicinarono al paravento, prima entrò l’uomo che uscì poco dopo con lo sguardo vitreo e andò via senza dire una parola.
Poi entrò la donna, pochi istanti dopo si sentirono delle urla di terrore e la donna che fuggiva via disperata.
Nessuno osò intervenire, s’era creata un’atmosfera cupa e carica di tensione. Albert Farrell annunciò spavaldamente: «Ora vado io!»
Prima che gli amici se ne rendessero conto, era già dietro al paravento. Passarono diversi minuti prima che Farrell uscisse, tutti lo guardavano per sapere cosa gli avesse detto il Mago, lui, dopo un prolungato silenzio, scoppiò a ridere dicendo:
«Vivrò in eterno, ahahahah! Dai signori cari, sono solo pagliacciate!» In realtà il Mago gli diede un anno di vita.
La sera dopo disse agli amici che non aveva voglia di uscire, l’altra ancora disse che aveva altri impegni, e così via per settimane.
Gli amici piano piano smisero di cercarlo.
Farrell non aveva alcun impegno in realtà, passava le nottate e buona parte delle giornate a rigirarsi nel letto, sentendosi sempre più debole, rifiutando il cibo e scrutando sul viso i segni della malattia di cui sarebbe morto.
I mesi passavano e Farrell aveva ormai l’aspetto di un vecchio, seduto sulla poltrona a dondolo con una coperta sulle gambe e uno scialletto sulle spalle ossute.
La figlia era disperata, non sapeva come aiutarlo.
Arrivò il fatidico ultimo giorno di quell’anno, Farrell era ormai ridotto una larva, con un filo di voce chiese alla figlia di condurlo dal Mago Ethron, la poverina lo accontentò e un’ora dopo erano nel suo studio.
Quasi rantolando Farrell disse al Mago:
«Ethron, sto morendo, come tu avevi predetto, ormai la mezzanotte è vicina. Ti prego, fai che non accada… ho paura»
Il Mago lo guardò con commiserazione e rispose:
«Mio caro Farrell, ma davvero avete creduto che io avessi potere di vita e di morte? Ma non eravate voi a ridere di me e dei miei poteri? Suvvia! Ma come vi siete ridotto!»
Farrell sgranò gli occhi: «Allora non era vero, non devo morire a mezzanotte?»
«Ma no di certo, ahahahah! Morirete quando sarà la vostra ora!!!»
Improvvisamente Albert Farrell si levò dalla poltroncina e cominciò a ridere gridando: «Vivrò, vivrò ancora… ahahahahahahah! Ahahahahahah!»
Si precipitò in strada agitando le braccia come se volesse volare, sempre ridendo e gridando a squarciagola.
«La vita è bellaaa! Vivrò ancoraaaa! Ahahahah!»
Arrivò a casa seguito dalla figlia sempre più spaventata. Era quasi mezzanotte, Farrell si mise davanti al grande orologio con un sorriso gioioso, aspettando che battesse l’ora.
Ecco! I dodici rintocchi erano iniziati.
Farrell con una gioia irrefrenabile, guarito da ogni male, si mise a ballare, a ridere e a saltare, gridando frasi sconnesse, diventando paonazzo in viso.
Improvvisamente si arrestò, portò le mani al petto, diede un grido e stramazzò a terra.
In quell’istante risuonò il dodicesimo rintocco.
Sì, Albert Farrell era morto, non di malattia… ma di gioia!
Tratto da “Il giallo e il nero” di Graziella Dimilito