Con calma serafica ha pronunciato questa sola parola al tuo orecchio: Grazie.
La sua riconoscenza è infinita.
Il suo corpo, il suo cuore, quella stupida mente e quell’anima a tratti schifosamente debole applaudono la tua uscita di scena.
Ti è debitrice poiché non hai idea di quanto sia mastodontico il regalo di cui hai sbadatamente voluto omaggiarla. Distrattamente, si. Non te ne sei neppure accorto.
E’ stato per te così naturale, spontaneo, usuale e tipico della tua spropositata viltà.
Ti è riconoscente perché non riesce proprio a spiegarsi cosa le fosse preso.
Bizzarro è il fluttuare delle onde del cervello, a volte. Ingannevoli sono gli odori e traditrici le sensazioni. Beffardi, i bisogni che si hanno. Il più temibile? Il bisogno di amore. Ti rovina, se non sei tu a governarlo. Diventi il suo burattino e muove i fili della tua vita ridendo di te perché ad ogni passo sa che lamentosamente ruzzolerai e rialzandoti a fatica e con la ossa crinate ti asciugherai quella lacrima di kajal da clown fallito e ridarai fiducia senza badare al dolore, risistemando qua e là gli angoli del sorriso.
Eppure se la raccontava la sua verità -Mi chiedo quand’è che imparerai dalle tue cadute, Mio Dio. Ma quanti passi falsi ti ci vogliono ancora per comprendere la potenza di questo ancestrale bisogno di Amore? E’ una partita a scacchi che perderai per sempre.
Ma è mai possibile? Gli errori sono sempre gli stessi, il male aumenta di volta in volta. Cos’è che non comprendi esattamente di questo procedimento apodittico? Quanta arroganza nella tua insistenza. E intanto sprofondi lentamente. Le sabbie mobili sono la tua specialità.- Questo si diceva, con spaventosa puntualità.
Sei stato eccellente, però, nel travestimento. Questo carnevale di facce, per qualche istante, le è parso realtà e vai con le giravolte, vai con i balli, le larghe gonne, note notturne, le campane in festa, le speranze che rifanno capolino, gli insettini che si liberano dalle ragnatele, le chiavi che cadono dalle toppe, la migliore mercanzia, rasi al suolo tutti i labirinti, districhiamo i nodi, dimentichiamo il buio senza stelle, allontaniamo il marcio che fu, invochiamo l’odore di nuovo e accarezziamo con braccia tremanti di gioia la libertà ritrovata.
Ma si, tagliamo via questi stupidi fili. Zac!
Un respiro profondo, una bella rincorsa fiduciosa poi il salto nel vuoto e…
Ei tu? La vedi da lassù? Si è buttata senza quei maledetti fili ma guardala, è ancora viva! Non si è schiantata, sai!
Aveva nascosto un tappeto, quaggiù.
Non è mica pazza. Lei.