“Eià stattene appoco!”
Gli fece quando inciampò, e capitombolò in terra, sul lungomare che percorreva fiera in shorts minimali e zatteroni.
Ecco, per una volta che si sentiva bella, e che tutti la guardavano. Tanto valeva cambiare luogo di villeggiatura dopo questa figura di m…
Ormai lo capiva bene il napoletano, quel tipo le aveva detto “E dai, resta ancora un po’ qui!”

Carola rise, per la battuta e perché quando era in imbarazzo lei rideva, aveva ormai gli occhiali da sole appannati, stava cercando poi di soppesare il danno alle sue ginocchia scorticate, quindi si accorse dopo un bel po’ della mano aperta di fronte al viso, che la invitava a sorreggersi per farne sostegno.
La prese ridendo ancora, e continuò a farlo davanti al sorriso abbronzato, o meglio arrossato, del ragazzo biondo con la chitarra in spalla.

“Dai non è nulla, un po’ d’acqua di mare e tutto passa. Stasera pizzeria, se non ci vieni disdico! Mi avrai sulla coscienza. Addio vita sociale.”

“Cioè tu mi staresti invitando ad uscire, proprio ora, dopo questa performance… e oltre a tutto vorresti portarmi a mangiare una pizza ad un rimpatriata di tuoi amici, il giorno del nostro primo appuntamento?!”

“E chi ha parlato di amici?”

“Ma hai detto disdico…”

“E certo, se non vieni! Che faccio mangio solo in pizzeria con mamma, nonna e zia??”

“Eh?”

“Tranquilla sto scherzando. Né parenti, né amici!”

“Ma hai detto…”

“Allo’? A buo’ sta pizz’ o nno? Comunque sei troppo forte, perché mi stai rispondendo seriamente. Come se fossi una persona normale! Facciamo 20.30? Qui, al Tortuga?”

“Devo essere folle, ma ok, ok! Ma come ti chiami?”

“Io sono Diego. E tu sei bellissima.”

Ci mise due ore per decidere come vestirsi.
Alla fine optò per un paio di jeans, per coprire lo scempio sulle sue ginocchia, e un bel top per mettere in risalto le sue forme armoniose e l’abbronzatura dorata dal profumo di sale.

Lui l’aspettava. Un grande sorriso, la maglia dei Pearl Jam, e un paio di Levi’s consunti e sdruciti. Un tipo grunge, proprio come piaceva a lei. La versione solare di Kurt Cobain. E molto probabilmente anche più affamata.
Mentre lei si sentiva felice e questo le aveva chiuso lo stomaco.

“Certo sei inappetente. Ti piace proprio la pizza, eh?”

“Gnam!”

“No ma, fai pure! Favorisci anche un pezzo della mia, per carità, non fare complimenti!”, era divertita e incredula davanti a tanta sfacciataggine e voracità. Si capiva proprio quanto Diego amasse assaporare la vita.

“Non male per essere una pizza calabrese!”

“Ma sei sicuro di aver avuto il tempo di sentirne il sapore?”

“Mmm, no! Però la consistenza sì! Ti comunico che sto per soffocare.”

“Appunto.”

Pagò il conto, lei provò a proporre di fare a metà, ma lui le disse “uè, non ti azzardare!”

“Ma dai…”

“Sono un tipo all’antica, io!”

“Ok. Grazie.”

“E poi, ho mangiato solo io!”

“Sì, mi spiace, è che ho un po’ lo stomaco in subbuglio…”

“Perché ti piaccio!”

“… eh? Un po’ troppo sicuro di sé il ragazzo!”

“Andiamo in spiaggia.”

E da sotto un’imbarcazione rovesciata sulla spiaggia fredda, mentre il mare nero si irradiava immobile di riflessi lunari, tirò fuori una vecchia chitarra, e per lei iniziò a suonare un repertorio di dolci canzoni d’amore. Lei lo ascoltò felice, ammaliata, incredula: chi l’avrebbe mai detto che quella storia delle farfalle nello stomaco fosse roba vera.
Era così bravo con quella chitarra che in breve, però, non furono più soli. La sua sola presenza e maestria erano bastate per dar luogo ad una festa in spiaggia, con tanto di falò.
E lui suonava, e gli altri cantavano. E lei lo guardava, incantata e orgogliosa, che lui era lì per lei, per lei sola. E qualcuno si baciava. E altri si sfioravano.

Poi, poi arrivò una sirena. Con i capelli da sirena, il profilo perfetto acceso dal fuoco di quel falò. E la voce, soprattutto la voce… sì, anche quella era quella di una sirena. E lui suonava, e la sirena cantava, e si guardavano occhi negli occhi. Mentre lei cantava, e lui suonava.
Mentre lui suonava, e lei cantava. E la sabbia, la sabbia bruciava.

Carola si alzò, colpita dall’onta del disincanto. Si allontanò nel buio, cercando quiete e consolazione accanto al bagnasciuga, mentre la festa continuava, e distante accendeva la notte di rimpianto.
Quello che restava della sua notte, di quello che avrebbe potuto essere e che già era sfumato, con l’arrivo di quell’essere ammaliatore. Glie lo aveva portato via. Ancora prima che succedesse qualcosa. Forse, in finale, avrebbe dovuto ringraziarla per questo. Forse. Ma chi le avrebbe spento, adesso, il triste desiderio inespresso che si portava addosso?

Iniziò ad immaginare
con lo sguardo perso tra le onde del mare
vide il riflesso della luna trasformarsi nel suo viso
poi i suoi occhi socchiusi e i capelli scompigliati
le labbra carnose da mordere piano
da gustare con la punta della lingua
appena un po’
prima di affondare, di affogarsi dentro
in un corpo a corpo che è pretendere
e concedersi
che è possesso
e tenerezza.
Due corpi plasmati dalla passione
la bramosia di fondersi e mutare
trasfigurati come demoni alieni
estranei al resto del mondo
vivi soltanto insieme.

Tutto questo sfumava, davanti al volto della Luna. Che guardava e compativa.

Mentre la sirena cantava, e la chitarra tradiva, artefice di quella lacrima che scorretta scorreva sulla guancia ancora calda, per via del sogno appena infranto.

Passò così un’altra ora.

Dov’era finita lei? Lui, Diego, si chiedeva.
Se n’era andata, possibile? Mentre suonava, mentre in quella notte disegnata per i sogni desiderava solo lei, di mostrarle il suo talento. Era solo per lei che la chitarra aveva suonato: le corde avevano vibrato per regalarle incanto. Era un invito: l’invito a stargli accanto.
E invece lei… invece lei non c’era.
Forse quella sirena? Forse è per questo che… Avrà pensato…? Ma non mi dire!
Senza chieder neanche una spiegazione.

E lui che già aveva immaginato di prenderla in un volo lento e planando portarla tra le stelle, esplorare il firmamento, agganciandone lo sguardo, saldi, dimenticando il mondo.
Godere insieme dell’aurora, svelarle il rosso del prossimo tramonto.
E quello dopo. E quello dopo ancora.

Iniziò così ad immaginare
con lo sguardo perso tra le onde del mare
vide il riflesso della Luna trasformarsi nel suo viso
poi i suoi occhi socchiusi e i capelli scompigliati
le labbra carnose da mordere piano
da gustare con la punta della lingua
appena un po’
prima di affondare, di affogarsi dentro
in un corpo a corpo che è pretendere
e concedersi
che è possesso
e tenerezza.
Due corpi plasmati dalla passione
la bramosia di fondersi e mutare
trasfigurati come demoni alieni
estranei al resto del mondo
vivi soltanto insieme.

Poi Diego si girò.
E grazie alla Luna, che non ne poteva più, vide una lacrima brillare.