Risentiva ancora quelle parole pronunciate con asettica gentilezza: “ Purtroppo al momento abbiamo l’organico completo. Forse tra qualche tempo … ” Si strinse nel cappotto. “Cavolo che freddo fa qui sui binari ed il treno è pure in ritardo”.

Si guardò intorno; tutti uguali nelle loro giacche a vento scure, tutti curvi sullo smartphone ed il viso immerso nelle sciarpe, non uno sguardo. Aveva voglia di esplodere la sua rabbia, raccontare la sua ennesima delusione ma era sola.

In mezzo a tutta quella gente era sola. La luce dell’edicola la attrasse, meglio pensare ad altro, si disse.

In fretta acquistò il primo libro che vide, il treno stava arrivando.

La carrozza stipata, il suo vibrare, quell’odore di anonima umanità randagia acuivano il senso di provvisorietà e quel sentirsi estranea ad ogni contesto.

Guardò fuori dal finestrino quei fotogrammi fugaci di vita altrui che correvano impazziti; ma dov’era il suo? Così, quasi a voler sfuggire a quel senso di vertigine che la stava risucchiando, aprì a caso il libro ‘Un viaggio chiamato vita’ di Yoshimoto…’ ed iniziò a leggere:’ …Ogni giorno succedono piccole cose e tra esse si nascondono granelli di felicità appena percettibile, che l’anima respira e grazie alla quale vive…’ . Allora ripensò ai suoi granelli: il barista gentile, la signora che le aveva sorriso, la telefonata di Giò, quel timido raggio di sole che per un attimo l’aveva accarezzata…“Ma si, in fin dei conti e nonostante tutto ne ho una buona scorta”, pensò lievemente sorridendo.

 

Immagine dal Web