La sua prima reazione quando aveva scoperto che il marito la tradiva era stata di nausea. Una nausea improvvisa, violenta, che l’aveva fatta barcollare. Si era appoggiata allo stipite della porta, senza fiato, incredula, cercando di colmare il vuoto che le si era creato nello stomaco. Poi un conato improvviso, ed era corsa in bagno a vomitare.

Dentro alla tazza del gabinetto un sentore acre, di acidi gastrici e di vita che l’abbandonava, di un mondo che finiva, proprio come quando aveva immaginato che dovesse essere di fronte al dottore che dava l’annuncio di una grave malattia.

Ma qui non c’era il destino ad infierire, e neanche un qualcosa che cominciava e finiva con lei.

Era semplicemente suo marito, che si era rivelato una persona diversa da quello che lei aveva sempre creduto che fosse.

Era veramente finito tutto: la sicurezza, le sue ipotesi di vita, la famiglia.

Come succede, Laura era tornata indietro con il pensiero, cercando i primi segni di un cambiamento che non aveva avvertito, un suo errore, una mancanza. Non li riusciva a trovare. Ne trovava troppi. Non riusciva a comprendere.

Continuavano a fare la stessa vita di sempre, lavoro e famiglia, i gesti quotidiani diventati usuali per l’abitudine, il bacio prima di uscire di casa la mattina. Qualche serata fuori, i rapporti sessuali sempre più radi, ma lei aveva pensato che entrambi fossero stanchi, per il lavoro e la consuetudine, e non le era sembrata una rinuncia, ma quasi una liberazione.

La necessità di capire, prima ancora della gelosia, l’aveva portata ad indagare, a cercare di scoprire chi fosse la donna che le aveva sconvolto la vita. Così aveva finto di essere incredula, tranquilla, e la sua cara amica le aveva fornito le indicazioni necessarie a dimostrare che no, non le stava raccontando una storia.

Le aveva telefonato, fingendosi una operatrice di un call center, e aveva sentito una voce normale, annoiata. Banale.

Si era messa ad aspettare davanti alla casa di lei, seduta dalle sette di mattina al tavolino di un bar, a consumare una colazione infinita finché non l’aveva vista uscire.

Una donna piccola, non grassa né magra, che camminava svelta su dei tacchi a spillo, avvolta in un impermeabile chiaro. Era elegante, aveva dovuto ammetterlo con una punta di rabbia, in tiro. L’aveva seguita fino alla fermata dell’autobus, era salita con lei, aveva aspettato l’occasione e le aveva parlato, scoprendo una persona normalissima.

Non era neanche bella: più bassa, anche lei con qualche chilo di troppo, pelle grassa sotto il trucco. Cosa aveva potuto trovarci Giorgio? E cosa aveva trovato lei in lui?

Misteri, ma in fondo conosceva la risposta: la novità, la rottura della routine.

Laura si sentiva sospesa. Da una parte la voglia di prendere in mano la situazione, ribellarsi, mettere suo marito di fronte alla sua colpa, dall’altra la paura di ritrovarsi sola, dopo tanti anni. Non c’era stata una scena violenta, la scoperta dei due amanti nel letto, un qualcosa che fosse impossibile ignorare.

Poteva far finta che non fosse successo niente, poteva continuare a vivere la vita di prima: in fondo, non sarebbe stato proprio così senza l’interessamento non richiesto della sua cara amica?

Così aveva lasciato passare il tempo, mentre una rabbia sorda continuava a crescerle dentro come un corpo estraneo. Aveva imparato a riconoscerla, a convivere con questa presenza maligna che interveniva nelle poche occasioni in cui avrebbe potuto rilassarsi, essere almeno serena.

Un giorno si decise: conosceva gli orari di lei, sapeva che era sposata e che suo marito faceva i turni. Sapeva dove abitavano, sapeva che non avevano figli. Sapeva tutto.

Si era vestita in maniera semplice ma curata. Un filo di trucco, tacchi abbastanza alti, capelli sciolti, gonna e camicetta con una profonda scollatura. Si era guardata allo specchio e si era trovata bella, aggressiva. Per un attimo aveva sorriso: da quanto tempo non si vedeva così?

Era entrata nel portone quando un condomino era uscito, aveva salito la rampa di scale che separava l’atrio del palazzo dal primo piano, dove era l’appartamento verso cui era diretta. Era davanti alla porta. Si era domandata a lungo se avrebbe esitato a quel punto. Non lo fece.

L’uomo che venne ad aprire la porta aveva un aspetto sorprendentemente giovanile, anche se non era bello. La guardava stupito, aspettando che dicesse il motivo di quella visita. Certo, lui non poteva saperlo.

«Buon giorno, è il signor Marco G.? Posso entrare?», e fece un passo avanti.

«No, guardi, non mi serve niente…», ma lei era già dentro.

Sarebbe stato normale che lui si arrabbiasse, che le domandasse come si permetteva, ma a quell’accenno di intrusione rispose facendosi istintivamente da parte. La guardò entrare e fermarsi nel mezzo della sala. Chiuse la porta.

«Mi scusi, signora, ma non ho capito …»

Lei si liberò del foulard che le aveva protetto i capelli dal vento gelato:

«Ha ragione, mi perdoni. Mi chiamo Laura S. e sono sposata con l’amante di sua moglie».

Lui la guardò con occhi sbarrati, senza comprendere. Lei gli si avvicinò a venti centimetri dagli occhi e lo fissò. Con i tacchi era alta almeno quanto lui. Passò al ‘tu’:

«Si, tua moglie scopa con mio marito. Sono venuta a pareggiare i conti».

E detto questo si tolse la camicetta con naturalezza e la posò su di una seggiola. Indossava un reggiseno nero, traforato, molto sexy, che aveva comprato per l’occasione.

«Dobbiamo restare qui?» chiese.

Lui continuava a restare senza parole, mentre lei lo spingeva verso il corridoio con la sua presenza.

Lo stupore e il senso di irrealtà per la situazione era tale che l’uomo non riusciva a capire cosa gli stesse succedendo, mentre quella donna gli aveva posato le mani sulle spalle e già sentiva la sponda del letto dietro le sue ginocchia.

Laura aveva immaginato la situazione e la reazione che lui avrebbe potuto avere, così cominciò a spogliarlo lentamente, con malizia, finché si rese conto che stava reagendo.

Fu un modo strano di fare l’amore, con lui che rimase passivo a lungo, anche se era evidentemente eccitato, finché, quando ormai cominciava a temere che sarebbe stato inutile, l’uomo cominciò a muoversi con rabbia, diventando quasi violento.

Sentendo quella spinta improvvisa dentro di lei, Laura riuscì finalmente ad abbandonarsi, lasciandosi  sbattere contro il copriletto chiaro che copriva le lenzuola. Non ebbe un orgasmo, no, ma sentì la tensione dentro di lei svuotarsi e i muscoli tanto a lungo contratti che finalmente si rilassavano.

Lui metteva nel rapporto tutta la sua rabbia per  aver visto sconvolgere in quel modo la sua vita e le si aggrappava nel tentativo disperato di non fermarsi a pensare.

Laura si rese conto che se non fosse stato bloccato in quella posizione avrebbe potuto sfogare la sua frustrazione su di lei e farle del male senza neanche accorgersene.

Alla fine lui le venne dentro. Lei sentì i suoi spasmi accelerare e poi rallentare. Lo lasciò un attimo prendere fiato e con una leggera spinta e una torsione del busto gli scivolò via di sotto. Non fu difficile, era grosso e pesante più o meno quanto lei.

Non lo guardò mentre, disteso, respirava pesantemente. Non voleva dire altre parole. Si rialzò, si rivestì con calma. Mentre finiva di abbottonare la camicetta posò lo sguardo su di lui. Era rimasto immobile e la guardava.

Chissà cosa pensava. Non le interessava come si sentisse né come interpretasse quel suo gesto. Non le interessava quel che avrebbe detto a sua moglie o cosa avrebbe fatto.

Coprendo con il corpo il suo gesto, si avvicinò al comodino di quella donna e fece scivolare sotto il suo beauty case la sua fede matrimoniale, si voltò e senza sorridere disse soltanto:

«Addio»

E uscì.