Mi chiamo Melissa e sono la nipote di un nonno disabile. Ho dieci anni e ho avuto un nonno, che non ho conosciuto, che soffriva di una malattia grave e incurabile.
Queste notizie le ho da Mamma che mi ha raccontato spesso quanto soffrì il suo papà e da Nonna che adesso è rimasta sola.
Ieri era l’anniversario della morte del nonno, Mamma era triste e in vena di racconti dolorosi.
Quando è così (non succede quasi mai, per fortuna), fa soffrire anche me perché vorrei aiutarla ma mi sento impotente.
Era domenica e Mamma mi disse:
«Oggi pomeriggio prendiamo i fiori e li portiamo a Nonno».
Poi, visto che, a suo dire, non si sentiva di fare nulla in casa, prese un album di vecchie foto e iniziò a raccontare.
«Vedi, questo è Nonno, guarda com’era bello quando era giovane!»
Ero d’accordo con lei: ma rimasi alquanto sorpresa quando scoprii che assomigliava in modo impressionante a mio cugino che ha diciannove anni, la stessa età del nonno nella foto, sia di viso sia fisicamente.
«Mamma, sembra Alessandro», esclamai.
«Sì, sembrano due gocce d’acqua», disse Mamma con orgoglio mentre le luccicavano gli occhi e accarezzava con tenerezza la foto.
Poi mi raccontò che quando morì Nonno io avevo solo quattro mesi.
Disse che Nonno era paralizzato dalla testa ai piedi, si era aggravato un poco alla volta e, negli ultimi anni, dovette restare a letto o in sedia a rotelle, che respirava e si nutriva attaccato alle macchine e muoveva solo gli occhi.
«Quando ti vide la prima volta, ti guardò con tenerezza e stupore», aggiunse Mamma con gli occhi che le brillavano.
«Non ha mai potuto prenderti in braccio, così, quando tu dormivi, ti appoggiavo sul suo torace a faccia in giù, e lui chiudeva gli occhi beandosi del piacere di sentire il contatto della tua pelle di velluto e il tuo profumo di neonata».
«Quando morì all’improvviso, durante un giorno, che in apparenza sembrava tranquillo, mi presi un tale spavento che persi il latte e non potei più allattarti al seno».
«Non sai quanti problemi abbiamo incontrato, specialmente Nonna, poverina, con tutte quelle barriere architettoniche che c’erano a quei tempi … ».
La interruppi:
«Le barriere architettoniche sono quanto trovi degli ostacoli che impediscono il passaggio alle sedie a rotelle, vero? Ne hanno parlato a scuola le maestre quando è arrivata Anna».
«Sì, tesoro, proprio così. Oggi, le cose sono molto migliorate, ma una volta era proprio difficile uscire con un disabile».
Più tardi arrivò Nonno Alfredo, quello paterno, che viene quasi tutti I giorni a trovarci, con il giornale sotto il braccio e con il suo fare da finto burbero quando, invece, come dice sempre Papà, ha un cuore d’oro.
Ci guardò entrambe, comprese la situazione, scrollò il capo e, per sdrammatizzare, disse:
«Care Signore, posso avere un caffè?»
«Siete in sciopero o troppo impegnate in chiacchiere e devo andare al bar?»
Mamma ed io abbiamo sorriso e abbiamo preparato la bevanda insieme, come due vere amiche.
Adoro la mia famiglia, e penso che siamo fortunati ad amarci così.