«Dio, quanta gente!»
«Che cosa si aspettava?» rispose Garcia Fernandez, «Buenos Aires è piena di amanti della lirica.»
«O di persone che non possono mancare all’appuntamento clou della stagione» ribatté Leandro, fosco.
«La veda come vuole. Comunque ne vale la pena.»
«Anche se rischia di saltare per aria?»
Il politico scrollò le spalle.
«Non è detto, e comunque…» disse, battendo una mano sul braccio di Leandro e oltrepassando l’ingresso, «c’è lei a controllare, quindi non ho nulla di cui preoccuparmi.»
Leandro non rispose alla battuta e lo guardò mischiarsi agli altri invitati.
Non si può dire che sia una persona timorosa, pensò, guardando ancora una volta la grande sala che s’intravedeva attraverso il portone.
Diego e Anita lo raggiunsero. L’uomo portava in mano un programma e lo mostrò a Leandro.
All’inizio della serata erano previsti vari intrattenimenti, da un balletto del famoso corpo di ballo dell’imperatore di tutte le Russie, all’esibizione di celebri attori, fino alla ripetizione dell’esperimento che Leandro stesso aveva visto sul piazzale della stazione.

Era il sabato in cui si doveva tenere la Prima della famosa opera italiana e il teatro brulicava di persone.
I preparativi procedeva alacremente e nonostante Leandro avesse mobilitato tutti gli uomini di cui disponeva non era riuscito ad individuare niente di strano. Indubbiamente l’esplosivo doveva deflagrare nella sala e tra le prime file, ma sarebbe stato materialmente impossibile accendere una miccia lì vicino, e il crepitare della fiamma sarebbe stato sicuramente avvertito dalla miriade di poliziotti di guardia. Nascondere l’esplosivo non doveva aver presentato difficoltà: poteva essere stato sistemato in qualsiasi punto durante i lavori di ristrutturazione, quando nessuno sorvegliava il teatro, ma il punto debole era l’innesco.
Nei giorni precedenti Leandro e i suoi compagni avevano avanzato e scartato ogni ipotesi, dal lancio della bomba con una catapulta fino all’introduzione di un animale caricato di gelatina, per esempio un cavallo, ma niente garantiva di stabilire con precisione il momento dell’esplosione, e di sicuro nessuno degli attentatori sarebbe stato all’interno del teatro.
Tutti i punti da cui fosse stato possibile assistere alla deflagrazione senza rischio erano stati individuati e discretamente sorvegliati: di sicuro Miguel non avrebbe voluto perdersi lo spettacolo, il problema era fare in modo che lo spettacolo non ci fosse.

Ormai la sala era gremita. Garcia Fernandez sedeva in prima fila, poco distante dal Presidente della Federazione del Norte, e intorno a lui erano la maggior parte dei notabili della città. Nel mettere a punto il piano, lo stesso Garcia Fernandez aveva affermato che sarebbe bastato fare il conto dei maggiorenti assenti alla rappresentazione per individuare i complici di Miguel, ma Leandro non ci aveva trovato nulla di divertente. Inesorabilmente lo spettacolo ebbe inizio e le attrazioni d’apertura cominciarono a presentarsi sul palco e a raccogliere gli applausi. Dietro le quinte Leandro camminava febbrilmente nel tentativo di percepire qualcosa di strano. Ad un certo punto Luis scivolò fino a lui.
«Abbiamo individuato Miguel in una carrozza ferma ad un isolato di distanza dal Teatro» gli sussurrò all’orecchio.
Leandro sentì un brivido corrergli lungo la schiena: era la conferma dei suoi sospetti e che quella sera ci sarebbe stato l’attentato.
«Bene, tenetelo sotto controllo e non lasciatelo andare via, qualsiasi cosa succeda» ordinò.
«Non vuoi catturarlo?» chiese Luis stupito.
«Adesso non ho tempo, fatelo voi prima che lo spettacolo sia finito.»
Luis tornò da dove era venuto, stupito, e Leandro riprese a concentrarsi. Doveva cercare di capire, ragionare, ripercorrere tutto quello che aveva fatto per cercare il punto debole.
La carica potrebbe essere dappertutto, si disse, per trovarla bisognerebbe smontare l’intero teatro, quindi tanto vale rinunciarci a priori. L’innesco…
Si voltò verso il palco e vide che stavano montando la stessa macchina dell’esperimento a cui aveva assistito, solo con due sfere molto più grosse.
Evidentemente vogliono avere una scintilla più lunga, pensò.
L’innesco. Ci voleva una miccia, ma non poteva essere una miccia perché si sarebbe vista. Eppure per esplodere la gelatina doveva avere un detonatore, quindi una piccola esplosione, e per generare quella esplosione…
Guardò ancora la macchina con una strana sensazione, come se qualcosa gli stesse sfuggendo. Le sfere erano già state montate e un uomo con una folkloristica tuta da ciclista a righe orizzontali e grandi baffi a manubrio stava per salire sulla bicicletta che l’avrebbe azionata.
Adesso farà girare la ruota, che trasmetterà il moto alle pulegge della sfera grande, e appena si avvicinerà la sfera piccola…
Leandro si batté sulla fronte: appena la sfera piccola, collegata con un cavo al terreno, fosse stata abbastanza vicina, sarebbe scoccata una violenta scintilla, più che sufficiente ad innescare una piccola carica nascosta dentro la palla, e quella carica avrebbe potuto far detonare a sua volta la bomba nascosta da qualche parte nel teatro, magari proprio sotto i suoi piedi!
Spintonando gli addetti Leandro si fece largo per precipitarsi sul palco, ma già la ruota della bicicletta stava girando veloce e la piccola sfera si avvicinava sempre di più a quella grande, trascinata da un meccanismo inesorabile. Con uno sforzo disperato strappò dalle mani di un allibito pompiere la coperta di amianto per spegnere i focolai d’incendio e si lanciò verso la macchina, gettandola sulla sfera un attimo prima che la scintilla scoccasse e poi travolgendo tutto con il suo peso.
Gli spettatori, non capendo se quell’improvvisa irruzione fosse una gag comica che faceva parte della rappresentazione, erano indecisi se ridere o spaventarsi, e gli stessi poliziotti esitarono ad intervenire. Leandro si rialzò faticosamente, staccò la piccola sfera con delicatezza, ne svitò la chiusura ed estrasse un sacchetto con del materiale simile a stucco, mostrandolo a Garcia Fernandez che si era alzato in piedi.
Il politico si fece avanti tra gli spettatori allibiti, prese in mano il sacchetto e lo aprì con cautela. Annusò il contenuto e fece un cenno di assenso a Leandro.
«Esplosivo» confermò «ma non è certo sufficiente a fare grandi danni.»
«Quello è solo l’innesco» disse Leandro, riprendendo il sacchetto e passandolo ad un suo uomo perché lo portasse fuori, «adesso basta cercare la bomba vera e propria, ma non può essere lontana.»
Come si scoprì più tardi, oltre cento chili di gelatina esplosiva erano stati celati all’interno del frontespizio del palco, e sarebbero stati più che sufficienti a disintegrare l’intero palazzo.