Ogni volta che tornava lì, si faceva silenziosa mentre con lo sguardo accarezza le curve morbide di quelle colline, cercando tracce di vecchi sentieri, orme di passi cancellati dal tempo.
E il suo silenzio era attesa che il vento restituisse echi di voci, briciole di vita, spore disperse intorno.
Eppure era stato tutto vero un tempo, concretamente, innegabilmente vero.
E quell’aria aveva avviluppato quei corpi come un calco.
Ne sentiva ora il vuoto restato dalla loro assenza, quasi come un bisogno, un battito perso del cuore.
Dietro quel muro c’erano una volta il porticato e la pergola sotto cui ripararsi per due chiacchiere nel pomeriggio assolato.
Già, quelle lunghe indolenti giornate…
Tra poco sarebbe tornata zia Chiarina dai campi e, odorosa di tanta onesta fatica, avrebbe aperto il grembiule e tirato fuori alcuni frutti del proprio lavoro.
E la nonna le avrebbe offerto un pezzo di ‘tirannanze’ croccante appena sfornata mentre il nonno, quel gigante buono e di poche parole, le avrebbe sorriso pudicamente sotto ai baffi.
Si, li avrebbe abbracciati tutti quel giorno lontano e li avrebbe abbracciati tutti ancora oggi.
Respirandoli nell’aria.
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