Da quel momento le cose cominciarono ad accelerare: uomini provenienti dalla Boca presero a stazionare discretamente nei punti nevralgici della Recoleta, controllando tutti i movimenti in entrata e in uscita dal palazzo. Lo stesso Leandro Soria sorvegliava le operazioni e aveva stabilito il suo quartier generale nel retrobottega di un bar a Chacarita, vicino al grande cimitero. Miguel continuava a restare nascosto, ma Alberto riuscì a sentire la conversazione di due uomini che parlavano di lui, ed ebbe la conferma che era sempre lì dentro.
«Sei sicuro di quello che dici?» esclamò Leandro, sollevando gli occhi dalla mappa che aveva sul tavolo.
«¡Madre de Dios! Te lo giuro sulla tomba di mia madre!»
«Ma quando mai hai conosciuto tua madre, Alberto?» disse Diego ridendo.
«Aquela puta que me trouxe ao mundo também estará morta, com todos os acidentes que lhe enviei!» sbottò.
«Eh?» chiesero insieme Leandro e Diego.
«È portoghese» intervenne Anita «vuole dire che…»
«Lascia perdere, credo che abbiamo capito lo stesso. Dunque, Alberto?»
Il piccolo ladro raddrizzò le spalle.
«Stavo nascosto nel mio punto preferito di osservazione…» cominciò.
«Vuoi dire nel condotto di scarico della spazzatura?»
Alberto assentì con decisione.
«È il posto migliore per aspettare che gli appartamenti si liberino senza pericolo che nessuno ti veda. Basta indossare una tuta e…»
«¡Está bien! Abbiamo capito. E allora?»
«Come faccio a raccontare se mi interrompete continuamente?» protestò il ladro.
Diego si allungò sul tavolo per prenderlo per il collo.
«Io questo lo ammazzo!» disse, ma Leandro lo bloccò prima che potesse raggiungerlo.
«Buono Diego! E tu, Alberto, vedi di non abusare della nostra pazienza!»
Alberto fece una smorfia di offesa, ma riprese il racconto.
«Dicevo che stavo controllando il corridoio, quando due uomini si sono fermati sul ballatoio. Ho sentito lo sfregare di un fiammifero che veniva acceso, poi la puzza di un sigaro che ammorbava l’aria. Sembrava uno di quei maledetti zampironi che…»
«Alberto!» lo richiamò Leandro, esasperato.
«Ecco, uno ha cominciato a lamentarsi che non erano venuti in Argentina per vivere come in una prigione, e l’altro ha risposto di avere pazienza, che il capo stava preparando delle cose importanti, ma che presto sarebbe finita…»
«Fino a qui ne sappiamo quanto ne sapevamo prima» disse Diego.
«Sì, ma poi il primo ha detto che Miguel faceva sempre delle promesse, ma poi finiva che cambiava ogni volta i piani, come quando aveva deciso all’improvviso di assaltare la coche di quel politico: avevano rischiato la pelle per niente!»
Gli occhi di Leandro brillarono. «Sì, sono proprio loro! Bravo, Alberto!»
«Non è finita» continuò il ladro, «il secondo hombre allora ha provato a calmarlo dicendo che quella fase era superata, ma il primo ha ribattuto ancora che adesso stavano facendo un lavoro da operai, e lui non era venuto in Argentina per…»
«Un lavoro da operai?» lo interruppe Leandro.
«Così ha detto, ma poi non ho sentito altro perché hanno proseguito verso le scale.»
Anita, Diego e Leandro si guardarono, cercando di immaginare quale fosse il “lavoro da operai” che Miguel aveva ordinato di fare.

I giorni passavano in un crescendo di tensione: era chiaro che gli attentatori stavano organizzando qualcosa, ma nessuno riusciva a capire né il come né il quando.
Leandro aveva dato ordine di aprire e controllare anche la spazzatura che usciva dal palazzo, per verificare se vi fosse relazione con quanto entrava, e presto fu chiaro che c’era una quantità anomala di carta oleata che non corrispondeva a nessuno degli oggetti che erano stati visti entrare.
«Carta oleata?» chiese Anita all’uomo che aveva riferito la notizia.
«Forse hanno deciso di mettersi a vendere il tonno» suggerì Diego per scherzo.
«Vendere il tonno?»
«Qui a Buenos Aires c’è l’usanza di incartare i pezzi di tonno nella carta oleata» le spiegò Leandro, «per evitare che il sangue e il grasso del pesce sporchino le borse.»
«Che usanza disgustosa!»
«Perché, da te in Brasile come fanno?»
Anita arricciò il naso.
«Da noi i pezzi di tonno vengono usati come esca, o messi sott’olio e inviati in Albionia o in Alemania: lì mangiano di tutto!»
«Eppure ti assicuro che è ottimo!» ribatté Diego.
Leandro, spazientito, richiamò tutti all’ordine.
«Non credo proprio che si siano messi a commerciare il tonno» disse «dobbiamo scoprire quello che sta succedendo.»
«Possiamo provare a fare il percorso inverso, seguendo a ritroso gli uomini che escono a fare la spesa» suggerì Anita.
«Sì, ma non seguiamoli lungo tutto il percorso, rischiamo di farci scoprire se qualcuno controlla se sono pedinati.»
«Dici che stanno così attenti?»
«Nessuno meglio di te dovrebbe sapere che Miguel non lascia niente al caso.»
Anita masticò amaro. «Già» sibilò, «¡maldito!»
Leandro alzò le spalle. «Non tutto il male viene per nuocere: spesso chi prende tante precauzioni finisce per essere troppo sicuro di sé e commette errori che lo portano al disastro.»
«Cosa intendi dire?»
«Che noi metteremo degli uomini in punti nevralgici. Dalla nostra parte abbiamo la conoscenza della città e una fitta rete di amicizie: piazzeremo sul percorso di quei bastardi delle persone che fingeranno di lavorare per la strada o nei negozi, da un fruttivendolo, un calzolaio, in un cantiere. In questo modo sapremo sempre quello che succede e non daremo nell’occhio.»