Un’alta, provvidenziale e invalicabile catena montuosa divideva il regno di Piselliland da quello di Faseoliland, regno in cui, stavolta, l’alimentazione si basava esclusivamente sulla raccolta di tutte le varietà di Phaseolus vulgaris da cui appunto aveva preso il nome.

Con tale legume provvedevano ad ogni pasto: dal caffè di baccelli tostati fino al dolce di borlotti, da creme e purè fino ad insaccati vari, birre al bianco di Spagna…

Una siffatta alimentazione era di certo economica e sempre disponibile ma presentava taluni effetti collaterali. Infatti  soffiavano costanti e forti venti da ogni direzione, motivo per cui tutta la popolazione era costantemente spettinata. Con un eufemismo, tali movimenti aerei erano chiamati dagli abitanti ‘correnti di pensiero’.

La popolazione era caratterizzata da pance rotondette di cui, però, tutti erano molto orgogliosi.

Infatti chi aveva la pancia più gonfia veniva ammirato ed otteneva il rispetto degli altri in quanto essendo molto  pieno di ‘pensieri’ sicuramente era uomo capace di elevate meditazioni.

Erano i così detti ‘palloni gonfiati’ che in altre nazioni sarebbero stati denigrati, ma non certo lì ove se ne andavano svolazzando orgogliosi e lieti, tutti … pieni di sé.

A Faseoliland, quindi, un pallone gonfiato più lo era e più aveva potere, poteva pontificare, legiferare, giudicare, amministrare. L’unico problema che gli si presentava era quello di conservare il posto o, se preferite, la poltrona.

Infatti i venti già così forti, se convogliati in correnti dette ‘politiche’, portavano talvolta a dei cambiamenti improvvisi e radicali.

Ad esempio, un tempo ci fu la così detta rivoluzione del Cactus in cui una minoranza della zona desertica cioè alcuni Cactusiani fecero scoppiare i più potenti palloni gonfiati con la scusa di dar loro la mano. S’erano fidati quegli sciocchi presuntuosi!

Fu un evento storico cruento che però rese possibile l’auspicato rinnovamento con l’arrivo di palloni nuovi di zecca ma in fondo della stessa genetica pasta.

E intanto il vento soffiava, soffiava, soffiava e gli abitanti erano alla continua ricerca di un forte appiglio per conservare la stabilità.

In particolare le donne che, indossando come era uso le tradizionali gonne lunghe, avrebbero preso il volo come tante mongolfiere se non avessero imbottito l’orlo con grossi e pesantissimi piombi.

Questa cosa consentiva loro una deambulazione più sicura ma lenta e faticosa in quanto avevano da vincere il vento e pure trascinare la zavorra.

Le più abbienti ne risentivano ben poco perché si facevano accompagnare da damigelle che provvedevano a sostenere l’orlo durante l’incedere. Le più povere, invece, non avevano scampo; vivevano praticamente ancorate tra cucina, camera e lavanderia ove svolgevano ciò che comunemente era ritenuto dovesse essere il loro compito sociale.

Pantaloni e parità di genere erano ancora lontani a venire.

Quel paese era governato dal Pallone Massimo Sua Maestà Eccellentissima e Flautolentissima re Zeffiro e da Sua Olezzosità la regina Tramontana.

La loro unione era stata allietata da una ‘rosa’ di ventosi figli tutti bravi ragazzi, esperti nel solcare l’aere: parapendio, deltaplano, con tuta alare… e solitamente erano in volo di studio o di piacere all’estero dove potevano muoversi liberamente senza alcun disturbo ventoso mentre i figli dei sudditi invece crescevano a furia di bernoccoli, sbattendo di qua e di là nel tentativo di trovare la loro strada.

A Fagioliland era però rimasta l’unica figlia del re, Buriana, un tipetto con la puzza sotto al naso dal caratterino davvero bizzoso e imprevedibile. Le bastava un niente ed iniziava a strepitare e far capricci.

Ad esempio, non sopportava d’essere seguita dalle ancelle-reggi-gonna, sclerava spesso e volentieri lanciando, fracassando oggetti con piglio assai poco raffinato e principesco.

Nessuno sopportava più le sue intemperanze e, quando raggiunta la maggiore età pretese che le fossero tolti i pesi perché esigeva la sua libertà, furono tutti ben lieti di vederla volare via col vento dopo un’abbondante cena.

Per festeggiare la scomparsa all’orizzonte di Buriana, un anonimo autore compose una canzone che più o meno recitava così:

 

“ Di te cantando vo, o Buriana

martellante come una campana.

……

Di bizze tue il popolo era stanco

e te lo dico or in modo franco

che ogni cor fu assai contento

quando sparisti un dì via col vento.”

 

Foto reperita nel web.