I cinque uomini che avevano fatto parte del gruppo aspettavano insieme ad Anita e a Guillermo che Leandro fosse pronto.
«Ma quanto ci mette?» sbottò Alberto, rivolto ad Anita.
«E cosa ne so?» rispose la donna.
«Credevo che tu e lui…» disse il ladro schiacciando l’occhio e facendo un gesto inequivocabile.
Ci fu un momento di tensione, ma Guillermo intervenne a fermare la mano di Anita che era già salita dietro la schiena.
«Calma, señora» disse, accarezzando il coltello che già lei stringeva in mano.
Alberto era sbiancato in volto. Il piccolo ladro guardava come ipnotizzato la sottile lama che la donna stava nuovamente facendo scivolare nella fondina che portava sotto la camicetta, sul dorso.
«Io… io non volevo offenderla, señorita… ¡madre de Dios!»
Proprio in quel momento la porta si spalancò e Leandro fece la sua copmparsa stringendo tra le mani una mappa spiegazzata.

L’argentino si fermò un istante ad osservare la scena, poi scosse la testa.
«¡Alberto, nunca aprenderás a respetar a las mujeres!» disse, trattenendo a stento una risata.
«¡Cabron!» sibilò Anita, ancora offesa
«Questa» disse Leandro, mettendo fine alla lite, «è la carta di Buenos Aires e qui siamo noi.»
Tutti si avvicinarono a guardare.
«Dove l’hai presa?» chiese Guillermo.
«La vendono al Palacio de la Cencia. Hanno una macchina enorme che le mantiene aggiornate e le stampa quando volete. Ma non solo.»
Leandro mostrò una serie di punti.
«Questi indicano dove si sono verificati fatti di sangue o rapine nell’ultimo anno. Questi quadratini, invece, rappresentano le manifestazioni e queste linee, infine» disse, indicando una serie di tracciati di diversi colori «sono i percorsi delle pattuglie di policia
«Stupefacente!» esclamò Alberto, interessato «e come si fa ad averne una?»
«Basta andare là e pagare. Ed avere il lasciapassare di Garcia Fernandez, ovviamente» sorrise Leandro.
«Ah, volevo ben dire!» esclamò il ladro, deluso.
«Hanno una macchina che fa un rumore infernale. Mi hanno spiegato che è stata costruita secondo i disegni di due albionici, Babbage e Lovelace, e che ha un incredibile numero di congegni meccanici che riescono ad eseguire non solo calcoli, ma anche azioni preordinate.»
«Davvero fantastico!» esclamò Anita.
«Meraviglie della tecnica» rispose Leandro, mettendo l’indice su di un punto, «ma a noi quello che interessa è questa zona, la meno battuta della città.»
Diego diede una rapida occhiata: l’argentino stava indicando il barrio Palermo.
«Cosa significa?»
«Significa che qui abita Garcia Fernadez» fece un cerchio sul barrio Belgrano, «e questa è la zona più tranquilla della città, il barrio Palermo. Se tu dovessi nascondere dieci hijos de puta per settimane, dove li metteresti?»
«Alla Boca?» azzardò Luis.
«Alla Boca potresti nascondere tua sorella se non dovesse uscire per battere tutte le notti!» lo prese in giro Alberto, «qui non passa inosservato neanche un topo.»
«Di sicuro tu ti cacceresti nelle fogne» replicò stizzito Luis.
«Calma, ragazzi. Sappiamo che Miguel ha più di dieci uomini da nascondere, e possiamo immaginare che abbia l’appoggio di alcuni notabili della città, se ho capito le sue intenzioni. Quindi il posto giusto è una villa o, ancora meglio, un tranquillo palazzo borghese di proprietà di qualche finanziaria.»
Guillermo lo guardò. «Tu cosa credi che voglia fare?»
«Un attentato, e probabilmente rovesciare il governo.»
«Addirittura?»
Leandro alzò le spalle. «Altrimenti non mi spiegherei perché si dà tanto da fare.»
Anita studiò la carta. «Anche se tu avessi ragione, questo non ci aiuta a trovarlo.»
«Invece ci aiuta, e molto. Dall’agguato sono passate ormai due settimane, e la policia sta allentando le ricerche, visto che non hanno avuto alcun risultato.»
«E questo come lo sai?» lo interruppe Diego.
«Lo so. Da domani le sospenderà del tutto e a questo punto Miguel dovrà cominciare a guardarsi in giro per pianificare le prossime mosse.»
«Sai anche quali saranno?»
«Quien sabe. Escluderei un attacco come quello dell’altra volta, a questo punto è troppo prevedibile e Garcia Fernandez gira ormai con un veicolo blindato con lamiere d’acciaio spesse un dito. Credo che sia più probabile una bomba o un incendio, qualcosa di cui si possa incolpare qualcun altro.»
«E chi?»
«I soliti: rivoluzionari, anarchici…»
«E noi cosa dovremmo fare?»
Chi aveva parlato era ancora Diego, che stava prendendo le redini del gruppo.
«Vigilare. Dovrete mettervi in caccia a Palermo, a Belgrano e anche a la Recoleta. Passare la parola a tutti gli hombres che conoscete e vedrete che se non sarà domani ben presto qualcuno comincerà ad uscire allo scoperto.»
«E poi?»
«Bella domanda!» rispose Leandro, alzandosi e chiudendo la riunione, «al poi ci penseremo quando sarà il momento.»