Tutte le notti mi vieni a cercare quando la voglia oscura t’assale, e tu l’ assecondi con l’istinto crudele di ringhio di denti e graffi di dita, e di un cenno imperioso che mi china la testa e m’intrappola il viso tra le tue gambe.
E’ questo il tuo amore, un liquido opaco che m’irrora la bocca e mi riempie la gola, nessuna carezza, seppur rozza o dimessa, contatto umano che lega o dimezza, ma che non ignora.
Ma abbiamo bisogno di questa distanza per essere veri, tu il lupo perverso che strappa e dilania, io l’osso e la polpa da scarnificare.
Ed eccomi qua prona ai tuoi piedi, la tua mano cattiva sulla mia testa, padrona assoluta che ordina e sferza, senza bisogno di cinghie o di fruste, perché l’obbedienza è la mia parte d’amore.
Son quella che sono nella mia interezza, un corpo di carne e nemmeno un nome.
O una voce, una veste, una traccia d’ odore.
Son quella che sono per farti godere.
Tutte le notti, quando arrivi e mi scegli, una tra tante, ma sempre la stessa, mi prendi e mi domi con capricciosa veemenza, mentre io recito il ruolo dell’obbedienza.
Chissà se mai ti sei chiesto il mio nome, o sotto la maschera il colore degli occhi, un indizio di bocca che non sappia di sesso, e che muta ripete ossessiva il tuo nome.
Ti ho battezzato e non lo sapevi, la prima volta che mi hai messo il collare, con quelle tue mani che sanno di tana, quando mi hai chiuso la bocca ed imposto il silenzio e sottomessa nuda ai tuoi piedi, perché mai m’illuda su un mio tuo possesso.
Tutte le notti ho sempre aspettato quelle tue mani crudeli e senza carezze, solo redini dure a cui obbedire, cinghie spietate a cui sottostare.
Tutte le notti, un piacere perverso perché tu mi scegliessi, una tra tante, ma sempre la stessa, un corpo di carne senza voce né nome, ma solo vivo di labbra e di pelle, perché null’altro abbisogna al padrone che impone.
Null’altro spetta alla cagna che serve.