Lui le ordinò, spogliati!
E lei, obbediente, iniziò a spogliarsi.
Fallo lentamente, impose lui.
Allora lei iniziò dalle mani, denudandole degli anelli e quindi passò ai polsi, liberandoli dai bracciali come da pesanti catene.
Poi le dita salirono verso il collo a slacciare il nastro che lo cingeva, ma lui le disse, quello no, è l’unica cosa che puoi tenere.
E le indicò uno specchio verso cui guardare.
Allora lei tolse le scarpe.
Un’accenno di danza.
Poi alzò la gonna, sul fianco destro, e nello specchio balenò un riflesso di seta.
Flettendo il busto, con una lenta carezza, sbucciò la gamba dal suo lucido velo.
Alzò la sottana sul fianco sinistro, per toglier la calza che ancora vestiva, ma lui la fermò.
Solleva la veste ed apri le gambe, disse sdraiandosi sotto di lei.
Docile lei acconsentì a quella visione inibita allo specchio.
Con dita esperte lui esplorò la gamba ancora vestita, nella zona di confine tra la pelle e la seta, con una lunga, suadente carezza, a lambire il suo delta.
E l’ombra umida sulle sue mutandine.
Il capriccio di un’onda che nasce da un intimo tumulto, e lascia traccia di spuma, laddove lambisce la riva.
Continua, le impose lui riprendendo il suo posto.
E lei denudò la gamba che, nella seta, la pelle bruciava.
Fu poi la volta della sottana che scivolò a terra, pallida e aperta, come labbra di vulva.
Nello specchio cercò i suoi occhi per sentirsi più bella.
Ed avere conferma di quella sua offerta.
Lui disse, vieni sopra di me.
E la fece sedere sopra il suo sesso.
Ora l’onda montava come mare in subbuglio e su quel duro scoglio non vide salvezza.
Che lasciarsi andare a seguirne il sussulto.
Tutto bruciava, e s’inumidiva, la pelle e la seta, arsura e tempesta.
Il corsetto, pesante come armatura, e la carne che invocava incondizionata la resa.
Ma lui disse, ritorna allo specchio.
E lei obbedì, ma con fretta eccessiva nell’aprire i gancetti, impigliò le dita nelle stringhe e nei nastri.
Così forte la voglia di spegnere il fuoco, di essere nuda come legna di bosco, che l’acqua irrora e reca ristoro.
Agognava alla lingua, alle dita ed al sesso, che muovevano l’ombra come fili nascosti.
Con mani febbrili sciolse l’ultimo nastro ed i seni eruppero come splendide lune.
Con rumore di foglia, staccata dal vento, scivolarono a terra le sue mutandine.
Per offrire all’uomo, che la sovrastava, il suo sesso ricciuto bagnato di miele.