TRUE, LA MIA STORIA, DI MIKE TYSON  All or nothing at all. Tutto o niente. Così cantava Frank Sinatra, aedo di una nazione in cerca del meraviglioso. Così era il leggendario Cus D’Amato, uomo duro e grande maestro di boxe. Da quando il suo pupillo – Floyd Patterson – era stato sconfitto da Sonny Liston nella match decisivo, quello per la corona dei massimi, non aveva mai smesso di cercare un campione, qualcuno che potesse riscattarlo, restituendogli la cintura. Un giorno gli avevano portato un ragazzino di dodici anni, Mike Tyson, sempre in bilico fra riformatorio e vita di strada. Era salito sul ring della palestra, per poi finire con un naso sanguinante, contro un uomo che aveva il doppio dei suoi anni. Cus aveva osservato in silenzio, senza battere ciglio. Ma in fondo lo sapeva: la sua ricerca era finita. Ora doveva soltanto forgiarlo, plasmarlo, incanalare la sua forza verso un obiettivo ben preciso – il titolo mondiale dei pesi massimi. All or nothing at all.

 

Mike non ha mai avuto un’infanzia. Come molti ragazzi del Bronx, è nato in una famiglia disastrata, con un padre che va e viene. Uno dei suoi ricordi più vivi è un litigio dei suoi, con il padre che colpisce la madre con un pugno. Poi si assopisce sul divano. Lei, con tutta calma, fa scaldare una pentola di acqua bollente, quindi gliela tira in faccia. Inutile dire che il resto è il solito crescendo di furti, risse, rapine e spaccio di droga, senza la minima istruzione. La sua unica compagnia sono i piccioni, che alleva in silenzio sul tetto di un palazzo. Il rischio di diventare un numero – uno dei tanti che vanno a ingrossare le solite statistiche, quelle dei carcerati, dei criminali, dei morti ammazzati – è altissimo. Ma il Destino ha in serbo qualcos’altro. La sua strada e quella di Cus sono destinate a incontrarsi. Il resto è storia della boxe, ma anche mito e costume.

 

Inutile dire che Tyson non è stato solo un pugile. Per qualche motivo, a noi sconosciuto, la sua vicenda è arrivata a farsi mito, come quella di Senna, Maradona, Jordan e Fausto Coppi. Forse ci sono stati atleti ancora più forti di loro, ma nessuno ha lasciato un segno così profondo, nel nostro immaginario. Certo, Sampras ha vinto mille volte più di Agassi: ma chi ricorda il primo e chi il secondo? E soprattutto, perché? Siamo nell’insondabile. Tyson era tanto amato quanto odiato, per la sua faccia da cattivo, per il suo passato criminale, per i suoi comportamenti fuori controllo. Coca, sesso, spese folli, amicizie discutibili come Don King e Donald Trump. Una sequenza da star di Hollywood, che però da lui non era accettata. Poi il caso di violenza sessuale, la condanna a tre anni per stupro.

 

Chiaramente il libro è di parte: è pur sempre la biografia autorizzata di Tyson. Pende dalla parte dell’innocenza. Personalmente ho grossi dubbi sulla sua condanna, ma non ho gli elementi per giudicare. Mi limito a registrare che una volta uscito, la giostra è ricominciata come prima. Ipocritamente, la società faceva finta di condannarlo, quando in realtà lo metteva in bella mostra, per succhiare decine, centinaia di milioni dal King Kong Tyson – il Cattivo, senza dubbio, eppure capace di riempire i conti correnti. Tutti, tranne il suo. E’ arrivato a guadagnare un patrimonio di trecento milioni, solo per finire sul lastrico.

 

Che dire di questo libro? Quando è uscito non ero affatto convinto di comprarlo. Temevo fosse una delle tante biografie uscite sull’onda di Open – la storia di Agassi, che tentavano in qualche modo di copiare quel gioiellino, così amato e venduto. Con risultati pessimi. Invece è un gran bel romanzo. Una storia americana, che incredibilmente non è ancora finita a Hollywood. Dentro c’è tutto: fatica e redenzione, odio e follia, stupidità e violenza, a volte gesti di una bontà rara, tutti condensati in un unico corpo – quello di Mike Tyson. L’atleta finisce, ma il Mito rimane. Ci saranno altri mille pugili, ma io mi ricorderò sempre di quella nottata, passata con gli amici – avevamo sui sedici, diciassette anni – a guardare un suo match a Las Vegas. Molti lo odiavano, tanti lo odiano ancora. A differenza di altre stelle che brillano di pura luce, come quella di Ali, la sua ha mille facce, molti crateri. Ma è questa la forza del Mito: per quanto si faccia, rinasce sempre, come un’araba fenice. E’ l’idolo che amiamo o odiamo, che sogniamo di esaltare o abbattere. Lui è tutti noi – una nostra parte almeno. Tyson la nostra parte cattiva, che adora la violenza. Insomma, abbiamo il diritto di condannarlo, non di giudicarlo. Spesso siamo stati peggiori di lui.