LIMONOV, DI EMMANUEL CARRERE  Ci sono uomini che possono essere mille altri – cambiarsi, sdoppiarsi, moltiplicarsi all’infinito, fino a vivere molte esistenze. E’ un dono rarissimo e pericoloso, concesso a pochi. Se da un lato si può vivere il “genio”, cioè quella facoltà unica di uscire da se stessi, per incarnarsi in nuove, cangianti coscienze, e così esplorare infiniti mondi, dall’altro tutto questo si accompagna, spessissimo, a una certa crudeltà, a un cinismo spinto fin oltre il limite, dove non esiste più il “giusto”, il “lecito”, ma solo il “possibile”. E’ una questione di resilienza. Un materiale che può essere piegato o cambiato, insinuato ovunque, resistentissimo agli urti, difficilmente può restare senza spigoli. Spesso finisce per tagliare qualcuno. Roman Polanski è stato un ragazzo in fuga dai lager, un ebreo cacciato, il creatore di alcuni film bellissimi, straordinari, e ancora, il marito di una povera donna massacrata, un apolide, ma anche lo stupratore di una ragazzina. Chi è quello vero? Tutti e nessuno. Mi viene in mente Georges Simenon, incredibile romanziere, padre di Maigret e degli splendidi “romans-durs”, viaggiatore instancabile, eppure vicino – forse troppo – a una certa destra, fascista e antisemita. L’elenco potrebbe continuare con il folle Klaus Kinski, con Fedor Dostoevskij – peccatore e giocatore, socialista e cospiratore, poi redento e cristiano, autore di opere indelebili, ma anche di certi sogni “cattivi”, creati contro suo padre, contro i diritti umani – con Steve Jobs ed Elon Musk. In loro si incarna il sogno nietzscheano del superuomo, cioè di colui in grado di poter essere-tutto, diventare chiunque, in qualsiasi istante. Moltissimi ovviamente non l’hanno capito – ancora oggi, parlando di Ubermensch, o di Oltreuomo, dicono cazzate, ma questa è un’altra storia. Siamo sempre dalle parti del genio. L’elenco è brevissimo, ma alla fine include anche un poeta russo – il sulfureo Eduard Limonov.

 

Chi è stato Limonov? Uno dei migliori romanzieri del mondo – Emmanuel Carrère – ha impiegato più di quattrocento pagine per raccontarcelo. E ancora non è abbastanza. Comunque, immaginate un ragazzino figlio di un cekista e una povera donna, nato alla periferia della Russia staliniana, in un contesto di assoluta povertà e miseria. Qual è il suo destino? Un futuro di tristezza e vodka lo attende. Eduard invece si tuffa nella Mosca brezneviana – città immobile, ormai congelata in un ossario – e qui inizia a scrivere poesie, a mandare samizdat, a raccogliere e accendere di passione quel mondo “punk”, che con l’Arte vuole resistere, a ogni costo. Poi la fuga, Parigi, un futuro da expat a New York, dove prima fa la fame, vive nei parchi, in puro stile Basquiat, quindi ottiene un lavoro da cameriere – e non in un posto qualsiasi, ma a casa di un ricco di Manhattan – e incontra gente del bel mondo, che lo vede come un animale strano. Arrivano l’omosessualità e l’alcolismo, donne da sfruttare, amori perduti, e ancora, la passione politica, il ritorno in Europa, l’idea di partecipare, da combattente, alla guerra nei Balcani (ovviamente dalla parte sbagliata – quella serba) e il gran finale nella Sua Patria, la Russia di Eltsin, ora attraversata dalla pura ebbrezza del Capitale. Potrebbe camparci, con la fama di dissidente, e invece no, non basta: è roba per letterati, alla Brodskij per intendersi, mentre lui è D’Annunzio – la sua versione russa – un uomo che ama il sesso e la lotta, il vortice della politica. Partecipa a un fallito colpo di Stato, poi fonda i famigerati “naz-bol”, nazisti-bolscevichi, teppisti rivoluzionari con una gran voglia di ribellarsi, di fare casino, di andare contro il Moloch di Putin. Un’altra impresa folle, destinata al fallimento. Eppure Limonov non si arrende. Sta già pensando a qualcos’altro. Di fondo è un animale a sangue caldo, un istintivo. Sente che il vecchio mondo sta crollando – anzi, è già crollato – che la Vecchia Europa è una realtà ormai stremata, per troppi infingimenti. Sopravvive ormai come illusione, in una serie di stanchi cerimoniali. Che fare? Adeguarsi al teatrino, magari arraffando qualcosa, o mettersi dalla parte della forza, dell’energia? La risposta è piuttosto semplice. Il vecchio è morto, va distrutto. Eppure ci rimangono ancora delle domande, a cui è difficile rispondere.

Cosa lo ha spinto nel vortice? Il puro narcisismo, la voglia di protagonismo, sempre e comunque? O un’ansia superiore, quella che distingue il superuomo dal mediocre? Quanto c’è di autentico e quanto di fasullo, in Limonov? Se c’è qualcuno che può saperlo, questo è Carrère. Non solo è un uomo smagato – a volte persino troppo – con buoni dosi di cinismo e furbizia, non solo lo ha frequentato, conosciuto di persona, insieme a mille protagonisti del tout-paris, ma è anche abbastanza profondo per liberarsi del politicamente corretto. Sa fottersene del “Vero”, imposto dalla Società, perché ama esplorare. La sua passione è immergersi nelle pieghe della psiche, quella insondabile, che sfugge a ogni classificazione. Come pochi sa apprezzare – e descrivere – ciò che è liquido, ambiguo. In questo senso, le sue pagine sui Balcani di quegli anni sono magistrali. Le sue osservazioni sulla Russia eltisiniana, e sullo strapotere degli Omon, degli oligarchi, capeggiati da Berezovskij, valgono un corso di laurea (per inciso: la democrazia in Russia non è stata, come qui, una corsa verso il paese dei balocchi. I russi, incredibilmente, sono diversi da noi. Vedono e pensano in modo diverso. Ma è sempre un’altra storia). Probabilmente su Limonov non c’è risposta. Non è nemmeno necessario chiederselo, farsi delle domande: come diceva Nietzsche, nel suo “Nascita della Tragedia” – libro considerato forse minore, e al cui confronto, oggi, impallidiscono i milioni di libri insipidi, stampati in fretta come alla catena di montaggio – il mondo non è altro che uno spettacolo, che trova la sua giustificazione, la sua ragione di essere non nella Morale, ma nell’Estetica. Il puro piacere di guardare, nientr’altro. E in questo senso, chi può darvi tanto come Limonov? Ora mi viene in mente solo Elon Musk. Ma la sua è un’altra storia. Intanto godetevi questa – è come stare sull’ottovolante, solo ancora più veloce e traballante. Sapete perché? Alla guida c’è pazzo, geniale e ubriaco. Sua Maestà Il Poeta – Eduard Limonov.