IL TALENTO DI MISTER RIPLEY, DI PATRICIA HIGHSMITH Un mio amico, anni fa, diceva che il modo più sicuro per riconoscere un artista è il tempo. “Se rimane, vuol dire che ha valore”. Il Tempo non è l’Assoluto – quanti scrittori sono rimasti bruciati nel rogo della Biblioteca, ad Alessandria? – ma è un criterio molto preciso. Nel caso degli scrittori, mi permetto di perfezionarlo: un vero genio è quello che ci lascia dei personaggi. Se dopo decenni siamo qui a parlare di Stavrogin, di Josef K. o Madame Bovary, qualcosa vuol pur dire. Ed è per questo che tendo a dubitare della grandezza di alcuni mostri sacri, fra cui Nabokov e Thomas Mann. Non “sento” i loro personaggi. Ma può darsi che mi sbagli.

In questo senso, ho pochi dubbi su Patricia Highsmith. Il suo Mister Ripley è una figura indimenticabile; un’anima folle e tormentata, in cui riconosciamo molte delle nostre ossessioni. La sua storia è quella di un Signor Nessuno, che vorrebbe essere Qualcuno: ma chi? Lui stesso non lo sa. D’istinto è attratto dai soldi, dal potere, dalla bellezza, dal fascino di una vita vacua e scintillante, e dunque cerca di impadronirsene. Quando viene in contatto con un ricco imprenditore, che gli chiede di cercare suo figlio – sedicente “artista”, intento a godersi la vita nel Sud Italia – crede di aver vinto il jackpot. Trovare quell’uomo, conoscerlo, diventarne amico, copiarlo, imitarlo, fino a diventare lui, essere lui, è la strada che porta al successo. E per questo è disposto a uccidere.

 

Qui siamo molto al di sopra del giallo classico. Ci sono alcune convenzioni del genere, e a volte la scrittura non è curata; ma è dannatemente efficace. Impossibile mollare  Ripley, una volta che l’abbiamo incontrato. Può darsi che le sue altre storie non siano state all’altezza di questa, ma come si dice, “buona la prima”. Nel suo diario, la Highsmith si dichiarava grande ammiratrice di Dostoevskij. Non è riuscita a raggiungerlo (ma chi c’è riuscito, d’altronde? Forse solo Kafka), però la sua arte rivive qui in altre forme. Ripley è davvero un personaggio dostoevskiano, demoniaco, nel senso più profondo del termine. E’ acuto e intelligente, furbo e liquido, ma non ha alcun valore, se non quello che risiede nel proprio ego. E quando la sua anima si accorge di non avere alcun valore, di essere anzi rinnegata, in quanto omosessuale, la sua violenza esplode, in forme incontrollabili. Ripley sembra uscito da una pagina dei Demoni. E con lui la Highsmith ha lasciato un segno, indelebile. Il tempo non può distruggerlo. Almeno finchè non verrà fuori un altro Ripley, pronto a ucciderlo.