Ricordo che nelle foto i miei occhi erano luminosi, e la pelle era velata di riflessi rossi.

“Tu cosa prendi? Hai fame?”, la mano ancora guantata che indicava un menù dai font eleganti, subito richiamo, nostalgico, degli anni di Toulouse-Lautrec.

Mi stava proprio bene quella passata di rosso: spegneva il grigio della pelle d’inverno. Il fatto è che il cuore era gonfio di gioia, e quando il cuore è così, difficile non venire splendidi anche in foto. I muscoli sembrano dimentichi della forza di gravità quando si ama a Parigi, a partire dal sorriso, certo.
Il rosso di un ombrellone di Montmartre, due chiare fresche, nessuna forza di gravità, gli occhi a sognare dentro le soffitte che hanno di certo ospitato le scorribande bohemien di un pittore squattrinato, in cerca di fortuna, tra una conquista e l’altra, si intende.

E i riccioli raccolti, un po’ scomposti, delle donne truccate sul serio, mica come te: donne generose, dai corpetti generosi che tu non ti sogneresti mai di indossare.

Come è che si chiamano quelle robe? Ah sì, guepiere. Non sei il tipo, no no, non hai mai pensato di indossare uno di quegli strumenti di tortura, almeno non prima di vedere dal vivo Le Mouline Rouge…

Ripieghi su quella bancarelle, ma prima tracci un cerchio sulla mappa con i punti di interesse disegnati a colori accesi che ti hanno regalato in albergo,  “Decidi, dopo il Louvre o le panthéon? Uh, carini gli orecchini!”, e lui che ti ama da poco e quindi troppo, si lancia e acquista tutta la parure abbinata, “Il Louvre domani”.

“Voglio mangiare le creme brule a merenda! Rompere la crosta come Amelie Poulain!”

Ancora ce l’hai quella parure da poco. Tra i tuoi beni più preziosi, pure se è un po’ scrostata: metallo da pochi soldi, ma linee mai viste prima, raffinate, sì, raffinate e calde come Parigi. Che più fa freddo e più scalda dentro, anche se è bella pure in primavera, specie i giri in battello sulla Senna, quant’è bello passeggiare lungo la Senna, e imbatterti per puro caso in una veccha copia di Introducción a la psicoanálisis, “Lo sto leggendo in italiano! Così faccio il confronto e imparo il francese”! E Notre Dame con le sue guglie, il rosone, e i gargoyle che facevano compagnia al gobbo. Ricordi con gioia persino le file sotto la Tour Eiffel, tu che odi le file.

Ancora la indossi quella parure scrostata. Ma no, non hai imparato il francese, “Ok, forse esiste un modo più semplice!”, aveva detto lui pagando la copia ingiallita. Poi aveva aggiunto, con una risata, “Prendiamolo, ma conoscendoti, non imparerai il francese!”. Un vero uccello del malaugurio, cavolo, eppure lo ami ancora dopo vent’anni quel tipo lì. Stasera riprendi i ricordi, e li accendi di nuovo, come il rosso di quell’ombrellone sulla pelle, adornata dai vostri sogni su Parigi.