Accidenti a questo  lavoro. Però mi dà da campare sennò come potrebbero vivere dignitosamente Mary ed il mio piccolo Leon? Certo, sarei potuto restare alla fattoria di mio nonno a mungere vacche e a parlare con le galline… c’erano abbondanza d’aria buona, silenzio, tranquillità ma pochi centesimi in tasca e niente prospettive per un giovane come me.

Vuoi invece mettere la soddisfazione che ho qua di poter incontrare un sacco di gente ed a volte attori, registi, donne bellissime, figli di puttana…? Non che il livello del dialogo sia certe volte tanto diverso, a dire il vero.

Mi stressano con le loro paranoie, con cumuli di problemi ed insoddisfazioni che, al primo whisky di troppo riversano sul mio bancone come l’alluvione del Mississippi o mi catturano con sguardi resi liquidi dall’alcool e sommergono di parole biascicate sparate come raffiche di vento. Mi si appiccicano, sembrano carte moschicide e non mi mollano finché non me l’hanno martellati e ridotti in poltiglia.

«Sammy, ehi Sammy» mi sta dicendo al terzo drink una faccia nota.

«Ma dai Marco, non fare il cretino, che idee stai tirando fuori?», interviene una bellezza sexy strabordante da vestiti di due taglie troppo piccoli che siede accanto a lui.

«Senti Sammy, tu che di donne ne capisci», insiste.

«Io ne capisco di donne? Sarei l’unico», esclamo sorridendo provando a chiuderla lì ma lui prosegue.

«Ma si, ne vedi tante… Dimmi, per esempio: la Thelma arrotonda le entrate in privato?».

«Ma no… come ti viene in testa!».

«Sai, quel culetto rotondo che sbatte di qua e di là, sembra proprio un invito, gnam!».

E sì, ha proprio fuso l’amico. A malapena si regge in piedi mentre la bonona lo sorregge e lo accompagna fuori.

Spariscono traballanti dalla mia vista e mi vien da pensare a come cacchio possa fare un uomo a ridursi così con tutta quella grazia di Dio a portata di mano. A me personalmente restano liberi solo gli occhi per guardare, incatenato come sono a questo bancone. Potessi… ma no, ma no. Mary non se lo merita però…però…

In vari anni trascorsi qua dentro ho affinato l’istinto e a volte mi pare quasi di sentire i loro pensieri tanto che quasi quasi mi dico che potrei fare l’analista e guadagnare un bel po’ di più.

Ecco arrivare Helga, la tedesca ghiaccio bollente che viene qua ogni venerdì. Sempre elegante, con i capelli biondi a caschetto, si siede da sola al tavolo vicino alle finestra con le tendine bistrot e guarda fuori. Accavalla le gambe che tiene ben coperte e fasciate mentre sorseggia il caffè ed osserva insistentemente il traffico che qui davanti non è mai particolarmente intenso. Non ha aria di voler rimorchiare, anzi, appare algida e distante anche se quelle cosce lunghe ed affusolate sembrano un’invitante strada per il paradiso.

È una presenza anomala la sua, in mezzo a questo parlottio e via vai di gente varia e spesso sgangherata. Sento della tristezza, quasi del dolore in lei che se ne resta lì in silenzio e poi puntualmente alle ventidue e trenta se ne va.

«Ehi Sammy, hai visto Marco?» mi fa quel cliente nuovo, quel regista di cui non ricordo il nome.

«Quentin, ma cosa hai studiato stavolta per lui?» gli chiede un tale sghignazzando.

«Ah ah ah, lo voglio inguaiare per bene. Pure lui ci deve cascare dentro un matrimonio, no? Gli do ad intendere che desidero che si trovi una donna ma in realtà è la vendetta degli uomini ammogliati che mi guida».

«E già, troppo comoda la vita da scapolo! Oggi te ne fai una, domani un’altra. Non manca certo l’occasione. Spizzicare al buffet è certamente più piacevole che mangiare sempre lo stesso piatto. Non ti cala mai l’appetito».

Quentin ride ed annuisce poi lo guarda con l’aria di averne architettata una che lo eccita tanto, come una marachella un bimbo.

Basta poco in fondo.

«Ho abbordato una tipa, modello Anita Ekberg, e mi sono spacciato per Marco. Le ho dato il suo numero di cellulare e poi l’ho invita a pranzo ».

Li lascio lì a ridacchiare compiaciuti perché ho un altro cliente.

Lo guardo e un campanello d’allarme squilla attivato dal mio istinto affinato dall’esperienza. E quello squillo significa: Attenzione! Allarme, pericolo di terzo grado. Cliente super palloso angosciante appiccicoso in arrivo. Sì ,è lui: il tipico marito cacciato di casa.

«Un doppio scotch con ghiaccio», dice a mezza bocca.

Arruffato, camicia sbottonata, capo chino, tamburella ansiosamente con le dita sul bancone.

Percepisco il suo smarrimento, sta pensando: e adesso che cazzo faccio?

Accidenti a questa mia empatia che mi produce un nodo qua all’imbocco dello stomaco.

No, non ce la faccio proprio a far finta di niente come invece vorrei. E mi tornano in mente certe scene di naturale crudezza a cui ho assistito durante l’infanzia, in campagna. Cuccioli morti sbranati, grandinate dannose che ti strappano dalla bocca il pane, la fatica onesta consumata sulle zolle mi hanno insegnato che la sofferenza c’è, sta lì ad un passo da te ed imprevedibilmente può essere tua. Così, oggi tocca a lui ma è tanto vicina a me che riesco a sentila.

«Guai?», butto là così.

Mi guarda un attimo da sotto in su senza alzare il capo e col naso quasi dentro al bicchiere.

«E già», risponde laconico e poi, come improvvisamente ridestato, mi fa:

«Un altro doppio».

Al terzo doppio inizia a sciogliersi e la sbronza che piano piano sta montando in testa si rivela quella del tipo che temevo: quello lacrimoso.

Piange come un vitello e la sua è la storia di sempre, scontata e vecchia come il mondo quella, cioè, di un tradimento scoperto dopo troppe strane riunioni di lavoro dopocena e viaggi aziendali nei weekend. Quella sera sua moglie gli aveva fatte trovare le valige fuori dalla porta con sopra la foto di lui che baciava Becky, la rossa fuoco dell’ufficio accanto. La foto recava l’intestazione dell’agenzia investigativa Jeff Ribetti che lo aveva colto in flagrante.

«Debbo trovarmi una pensione» dice come improvvisamente riemerso dalla palude d’alcool e tristezza in cui è sprofondato.

«Provi alla trattoria ‘Da Rossetti’ qua vicino. Mi sembra abbiano alcune camere di sopra e poi si mangia bene, all’italiana».

«Ma … mi scusi, qualcuno mi sta chiamando al cellulare. È strano».

«Mary, sì. Cooosa? Quaranta e due? Oddio ma hai chiamato il medico?».

«Quel cretino di dottore non risponde, ha proprio staccato il telefono perché è tardi. Gli ho dato un antipiretico ma non sta facendo effetto» mi fa lei con voce alterata che tradisce una grande angoscia.

«Portalo al Pronto Soccorso, no, anzi arrivo subito e ci andiamo insieme».

No , non lascio certo da sola la mia Mary ed il mio piccolo, penso , affanculo tutti i problemi di questi perditempo.

Ecco, improvvisamente tutta la mia empatia e tutta la mia sensibilità nei loro confronti se ne sono andate a far fottere.

Ora mi sono trasformato in un uomo di Cro-Magnon che deve correre a proteggere il suo cucciolo ed ogni altra istanza ha il valore meno che zero.

«Mark, ehi, Mark, mi devi sostituire perché debbo andare immediatamente a casa».

Annuisce. Infilo la giacca ed esco nel buio di una notte senza luna ferita solo da radi e deboli lampioni.

Accidenti però! Non ho l’auto perché io e Mark ci alterniamo e questa settimana la guida tocca a lui. Ma non importa, andrò a piedi.

Anzi, se taglio dritto per il parco arrivo subito, saranno si e no 10 minuti a passo veloce.

Certo, però, è tardi. Mezzanotte è passata da un bel po’ ed il parco è poco illuminato perché non se ne prevede certo una frequentazione notturna.

Ah , ecco il cancello secondario, è solo accostato. Meglio così sennò avrei dovuto scavalcare.

Chissà come sta Leon, penso ed accelero il passo.

Il silenzio intorno è totale, solo il vento fa stormire le fronde ed i lampioni proiettano sagome oscure e guizzanti per gli stretti sentieri.

Il mio pensiero è a casa, procedo con passo veloce, non guardo qua e là, tiro dritto.

Non ripenso a certe inquietanti notizie riportate dai giornali locali.

Il mio nome è Sammy, lavoro da Thelma, sono gentile e cortese con tutti, chi mai potrebbe volermi del male?

 

Foto reperita nel web.