Tra i miei ricordi, tutti indimenticabili, ce n’è uno che ha cambiato la mia vita e, ovviamente, lo porto per sempre con me.
Tratto da: “La nuova versione di Pretty Woman”, di Matilde Falco, attori semi sconosciti.

Sto andando alla prova generale della recita parrocchiale, nel teatro del paese e ho sedici anni.
E’ un periodo difficile e complicato, come d’altronde lo è per tutti gli adolescenti come me.
A prescindere dal fatto che, reduce dalla mia prima delusione d’amore, mi senta uno straccio, che abbia bisticciato violentemente in casa perché non volevo partecipare a questa rappresentazione, oppressa da un sacco di altre cose negative che non mi va di raccontare adesso, mi rassegno alla volontà dei miei genitori, vado alla rappresentazione con un muso lungo da fare paura e con un umore cupo, simile al nero seppia.
Il mio gruppo rappresenta la storia del balletto dal Minuetto al Rock and Roll.
La mia parte è: una dama raffinata nel Minuetto con tanto di parrucca e neo finto; un tenebroso cavaliere nel Tango Argentino, ballerina scatenata nel ballo di gruppo in Tarantella e Rock and Roll, Twist compreso.
Truccate e vestite nei tradizionali costumi, io e le mie amiche, eseguiamo i nostri passi senza incidenti, il pubblico applaude, mi cambio in fretta e, finito lo spettacolo, torno a cercare la mia famiglia presente in sala.
In prima fila, tra il pubblico, c’è un bel ragazzo alto e bruno che mi applaude in maniera esagerata, attira la mia attenzione ma non più di tanto; non sono dell’umore giusto per apprezzare i miei ammiratori.
Mi segue dappertutto ed io, infastidita, lo evito accuratamente perché non sono interessata, sono nella fase di:
«Basta uomini, sono tutti uguali!», con la stessa aria vissuta che usa mia nipote adesso, che ha nove anni e che, quando fa commenti rivolti al fratello di diciassette, afferma sicura:
«I maschi non capiscono niente, noi donne siamo più forti; dobbiamo anche partorire», come se avesse già dato alla luce dieci figli e sapesse, per diretta esperienza, come vanno queste cose.
Torniamo a me.
Per qualche settimana, il mio ammiratore accanito, invadente e senza nome, non mi da tregua e spunta da tutte le parti: quando esco da scuola, quando vado a prendere l’autobus, ecc.
Devo fare dei giri pazzeschi per evitarlo e la cosa sta diventando pesante.
Una domenica pomeriggio, decido di andare al cinema, quello parrocchiale, a dieci minuti da casa, con un’amica.
Con disappunto, scopro, all’ultimo momento, che lei ha cambiato idea e non viene.
Siccome non ho niente di meglio da fare, vado da sola.
Mentre sto guardando la pellicola, mi sento toccare su una spalla, mi volto, e mi trovo a faccia a faccia con l’indesiderato ragazzo.
Mi prende un colpo, non ho voglia di socializzare, non voglio niente e nessuno:
«Ci manca solo lui», penso di malumore.
Questa volta non posso evitarlo.
Finisce che si siede affianco a me, fa lo spiritoso ma io non apprezzo e faccio la musona, lo considero appena, gli rispondo a monosillabi, faccio l’asociale di proposito e non vedo l’ora di andarmene.
Infatti, non lascio finire la pellicola, all’improvviso mi alzo e me ne vado seguita da lui che non molla.
«Mio Dio che cozza», penso annoiata e infastidita.
Siamo andati avanti così per due o tre mesi, poi, all’improvviso, lo stalking finisce di botto.
Voi dite:
«Che sollievo, finalmente sei libera!»
No, non fu così; quel suo modo di fare burlone e allegro, quelle battute che al momento mi sembravano idiote e non mi facevano ridere per niente, mi avevano coinvolta e all’improvviso mi mancano; mi aveva conquistato e manco mi ero accorta.
Lo cerco con gli occhi e con la mente ogni giorno ma, niente da fare.
L’ho perso e ci rimango pure male.
Alla fine lo ritrovo, non so se per caso o altro, e iniziamo a frequentarci, questa volta, io penso, seriamente. Con lui mi trovo a mio agio, mi sento benissimo e, oddio …, mi sto innamorando.
Ci vediamo regolarmente per un po’ e tutto sembra andare per il meglio. Sono felice!
Ma, come in ogni storia interessante, ci vuole un po’ di suspense, altrimenti diventa scontata e banale.
Senza un apparente motivo, mi da buca a un appuntamento e sparisce nel nulla.
Se adesso vi venisse in mente di fare qualche commento, tacete, non è il momento adatto. Vi tratterei malissimo!
Questa volta sono sicura:
«Basta uomini, mi ritiro in convento e abbiamo risolto il problema per sempre!» e queste sono le mie ultime considerazioni sull’argomento “Amore”.
Trascorro un’estate tra le più nere di ricordi infelici e vivo ogni giorno demoralizzata e depressa come uno zombi.
Comunque, cerco di farmene una ragione e di riflettere con aria matura:
«Ricomincia la scuola, non voglio fare cavolate per un uomo, mi metto a studiare con impegno» e mantengo il sano proposito, studiando come una studentessa modello.
Il tempo scorre lento, cerco di rimanere concentrata, esco pochissimo, studio, ma non riesco a dimenticarlo.
Sono abbastanza infelice e mi sento una sfigata in mezzo alle mie amiche che sono tutte felicemente impegnate.
«Pazienza, contro il destino non si può andare».
Appunto, contro il destino non si può andare …
È pomeriggio inoltrato, sto sopra i libri da parecchie ore, sono stanca e decido di uscire a fare due passi.
Cammino pensierosa lungo la strada deserta e, d’improvviso, vedo parcheggiata, in un piccolo rettilineo silenzioso, la sua inconfondibile e scassata cinquecento verde acqua.
Mi blocco (tenetevi forte), è lui! Il mio cuore ha perso un colpo!
Lui mi stava aspettando, ingrana la retromarcia, mi viene incontro a tutta birra, inchioda, esce dal mezzo con un enorme mazzo di rose rosse, me le porge, s’inchina e compunto mi spara:
«Sono per te, ti amo, adesso basta, facciamo sul serio!».
Musica da film, prego, le lacrime di commozione sono d’obbligo, perché è arrivato il mio Richard Gere.
È così che iniziò la mia storia d’amore con l’uomo che sposai!
Fine.